(Is 55,6-9; Sal.144; Fil 1,20-27; Mt 20,1-16)

Attraverso il profeta Isaia, nella prima lettura, Dio ci ricorda un aspetto fondamentale del rapporto con Lui. Per quanto noi possiamo cercarlo con la ragione o con la fede, con la scienza o l’esperienza, con la filosofia o la teologia, dobbiamo sempre conservare la consapevolezza della sua irriducibile trascendenza.  «Perché - dice il Signore - i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri». Potrebbe risuonare come una presa di distanza di Dio nei confronti delle sue creature o un voler marcare la differenza. In realtà, Dio vuole aiutarci a comprendere come relazionarsi correttamente con Lui.

Molti filosofi e teologi hanno trovato in questa distanza la via maestra per avvicinarsi al mistero di Dio. Basta pensare a Pico della Mirandola, ispiratore del rinascimento, che seguendo le intuizioni dello Pseudo-Dionigi, guardava a Dio come al “totalmente altro”, non perché irraggiungibile ma perché sempre oltre ogni nostra possibilità di comprensione e di definizione. Riflessione ripresa nel 1970 da Max Horkheimer - della scuola di Francoforte – nel volume La nostalgia del totalmente altro. In realtà chi ha meglio spiegato il senso dell’espressione biblica è Sant’Agostino quando fa diventare preghiera la continua ricerca di Dio: «Dammi tu la forza di cercare, tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti ancora con una conoscenza sempre più perfetta» (De Trinitate, 15,51).

In effetti Dio si è fatto conoscere in molti modi: prima attraverso la creazione, poi nell’antica alleanza e, infine, in forma ancor più manifesta e sorprendente, con la nuova ed eterna alleanza stabilita in Gesù Cristo, Dio fatto uomo, Verbo eterno fatto carne. Non poteva stabilirsi vicinanza maggiore e più concreta. In forza dell’incarnazione, che si prolunga nel mistero della Chiesa suo corpo e, in particolare nel segno sacramentale dell’Eucaristia, siamo talmente uniti al Signore che San Paolo nella seconda lettura di oggi, scrivendo ai Filippesi, può affermare: «Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno». Così il totalmente altro si è manifestato concretamente nella parola e nella vita del Signore Gesù come l’Altro divino totalmente donato a noi per amore.

In Cristo “via, verità, e vita” diventa quindi possibile accostarsi sia al pensiero di Dio sia camminare sulle sue vie. Per i credenti rappresenta la missione da realizzare ogni giorno e richiede un continuo esercizio di discernimento che impegna il cuore, la mente e le mani, come ricorda spesso Papa Francesco. Tra i luoghi dove questo lavorio di formazione intellettuale, di crescita spirituale e di qualificazione professionale si realizza, con particolare assiduità e impegno, c’è l’Università Cattolica del Sacro Cuore per la quale oggi celebriamo la 96a Giornata nazionale.

L’Ateneo dei cattolici italiani, fondato cento anni fa da P. Agostino Gemelli e dalla venerabile Armida Barelli, assieme ad altri intrepidi collaboratori, è cresciuto progressivamente e in modo straordinario, dando così attuazione all’ammonimento augurale rivolto da Benedetto XV a P. Gemelli e Mons. Olgiati quando presentarono il progetto: «Fate una cosa grandiosa degna della Chiesa». L’Università Cattolica costituisce uno spazio di autentica libertà educativa dove ragione e fede, innovazione tecnologica e umanesimo, i diversi saperi e la teologia, tessono ogni giorno un intenso dialogo inter e trans disciplinare al fine di offrire una formazione integrale e altamente qualificata alle nuove generazioni. Sfide epocali in ambito ambientale, economico, migratorio e, da ultimo, in campo sanitario con l’inaspettata pandemia, interpellano l’umanità e trovano nei giovani la principale risorsa per essere affrontate.

Dobbiamo sentirci tutti protagonisti di una grande alleanza per il futuro, come recita il tema di questa Giornata, consapevoli che c’è un di più che possiamo e dobbiamo realizzare assieme in ambito educativo e in tutti i settori della vita sociale. Ce lo indica l’insegnamento evangelico odierno che ci conduce al cuore di quella che oggi definiamo come Dottrina Sociale della Chiesa. La giustizia divina supera sempre quella umana perché ha di mira il bene più grande per ciascuno e per tutti, ad ogni ora del giorno e nel continuo rovesciamento delle posizioni, perché davanti a Lui i primi saranno sempre ultimi e gli ultimi i primi. La misura adottata da Dio supera ogni logica retributiva o distributiva perché è sempre segnata dalla sovrabbondanza della grazia. Solo in questa luce divengono più chiari i pensieri di Dio e solo imboccando questa strada potremo camminare sulle sue vie ed edificare così la casa comune, casa di pace e di giustizia per tutti. Alla domanda del Signore: «forse tu sei invidioso perché io sono buono?» proviamo a rispondere allora con un’umile invocazione: “donaci Signore di non invidiare la tua bontà, quanto piuttosto di imitarla!”.
Amen.