Le cosiddette primavere arabe, con il loro sostanziale fallimento, hanno suscitato nel mondo occidentale una delusione che ha portato molti a concludere che il rapporto tra islam e democrazia sia impossibile. Il libro Islamismo e democrazia (collana Le nuove bussole) di Riccardo Redaelli, professore ordinario di Geopolitica e di Storia e istituzioni dell’Asia presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, affronta finalmente il problema nella prospettiva corretta, mettendo in luce i meccanismi attraverso i quali culture e storie politiche diverse finiscono per fraintendersi. 

Islamismo e democraziaLa prima cosa da capire – ci dice Redaelli – è che la religione islamica non è una realtà monolitica, bensì storicamente diversificata secondo le etnie, le culture e le regioni di quel mondo. Il secondo punto è che i concetti di democrazia e di Stato nazionale, affermatisi nei nostri sistemi occidentali e basati sul concetto di libertà individuale, risultano difficilmente applicabili nelle società islamiche perché estranei alle loro tradizioni. 

È invece la rivelazione coranica il fondamento dei loro sistemi politici e statuali, pur se in declinazioni molto diverse. Ma le esperienze di (teo)democrazia islamica sono state finora deludenti, come mostra l'autore analizzando le più significative, e spesso hanno addirittura finito per dividere e polarizzare quelle società.

A complicare la situazione, le visioni radicali e militanti hanno rinverdito il mito del califfato islamico da riportare in vita sulle ceneri degli Stati nazionali moderni, favorendo l'affermazione di movimenti inclini all’uso di una violenza brutale, come nel caso dei gruppi che predicano il jihad armato su scala globale. Un affresco nient’affatto semplice da decifrare, la cui corretta comprensione, tuttavia, è un’urgenza drammatica per l’Occidente.