di monsignor Claudio Giuliodori *

La celebrazione della Solennità del Sacro Cuore assume quest’anno una valenza particolare e siamo grati al Signore per la possibilità che ci è data di riprendere a celebrare l’Eucaristia assieme. Lo abbiamo fatto anche nella sede principale di Milano martedì scorso sottolineando quanto sia significativo che il primo atto istituzionale in presenza nella sede principale sia avvenuto per celebrare il nostro patrono. Nell’omelia ho ricordato alcuni momenti della storia del nostro Ateneo che hanno trovato nella fiducia incrollabile verso il Sacro Cuore la fondamentale risorsa per affrontare i passaggi più critici. Padre Gemelli e soprattutto Armida Barelli, di fronte alle difficoltà, che a volte sembravano insuperabili, erano soliti dire “Sacro Cuore mi fido di te”. 

Lo ripetiamo anche noi oggi in questa Chiesa, in cui tutto parla del Sacro Cuore nella certezza che in questo delicato periodo ci è stato particolarmente vicino e che non mancherà di guidarci e sostenerci anche nelle sfide, certamente non piccole, che ci attendono sia come sede universitaria sia come policlinico. Sono pertanto molte le ragioni che rendono speciale questa Eucaristia e non meno numerose le riflessioni che potremmo fare, anche alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato. Tra le tante cose che mi piacerebbe condividere con voi in questo momento, ne scelgo tre che mi sembrano emblematiche del tempo che stiamo vivendo. Sono riflessioni che spero possano aiutarci a leggere quanto accaduto e ad affrontare il futuro con la luce e la forza della fede. 

Ammirevoli espressioni di carità

Una prima riflessione vorrei svilupparla a partire dalla seconda lettura, dove troviamo un appassionato invito a riconoscere e vivere l’amore di Dio. Ci viene ricordato come il Padre ci abbia amati per primo e con una straordinaria intensità. Lo ha fatto soprattutto dandoci il Figlio Gesù che ha preso su di sé i nostri peccati e ha dato la sua vita per salvarci. È Lui il modello da seguire e l’esempio da imitare. Arriviamo quindi al centro del messaggio giovanneo: «Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi». L’esplodere della pandemia con il conseguente progressivo affollarsi dei presìdi sanitari e la sospensione di gran parte delle attività sociali ed economiche, ha spaventato tutti e determinato molte problematiche con cui il Paese dovrà misurarsi nei prossimi mesi e forse per anni.

Ma proprio in questo periodo di timore per il contagio, di chiusura in casa e di limitazioni negli spostamenti, di sospensione delle attività e di distanziamento sociale, abbiamo potuto toccare con mano una grande solidarietà e abbiamo visto ammirevoli espressioni di carità, soprattutto nel personale del nostro Policlinico, teatro di una radicale trasformazione per far fronte all’emergenza sanitaria. In questi mesi, stando a Roma, ho assistito spesso ai lavori dell’unità di crisi che si riuniva quotidianamente per far fronte alle urgenze e organizzare al meglio gli interventi di cura. Ho visto e tutti abbiamo visto la straordinaria collaborazione e l’instancabile dedizione del personale medico, la disponibilità incondizionata e l’impegno generoso del personale infermieristico, la tempestività e determinazione del personale tecnico amministrativo. 

La totale trasformazione della Columbus in Centro Covid 2 per Roma e il Lazio, così come la quasi completa riorganizzazione del Policlinico Gemelli fatta in brevissimo tempo e con il concorso di tutti, hanno messo in luce la professionalità e la qualità dell’istituzione nel suo insieme e delle sue singole componenti. Credo di poter dire sinceramente che in questa occasione abbiamo potuto toccare con mano come l’anima profonda di questa istituzione accademica e sanitaria sia davvero plasmata dal Sacro Cuore e sappia dare concreta testimonianza di quell’amore di cui ci ha parlato la seconda lettura. Ci auguriamo che quest’amore sincero e operoso, sperimentato in modo così palpabile in questa circostanza, possa continuare ad abitare in mezzo a noi e farci crescere in quella perfezione a cui come discepoli del Signore siamo tutti chiamati.

Offrire “cure appropriate”

Una seconda considerazione la vorrei fare sul versante delle competenze e dall’alta qualità scientifica messe in campo per affrontare la pandemia e dare risposte concrete a chi è stato colpito dal Coronavirus. Anche questa situazione possiamo leggerla alla luce di quanto afferma Gesù nel Vangelo: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». La parola greca che noi traduciamo con ristoro è () che indica piuttosto sollievo e cure appropriate, oggi diremmo “personalizzate”. Offrire “cure appropriate” per la vita fisica e spirituale è quanto ci promette Gesù ed è, quindi, anche ciò che sono chiamati a fare coloro che ne seguono le orme, soprattutto in ambito sanitario. Mi sembra che in questo periodo i nostri medici e tutto il personale sanitario si siano fatti carico di offrire davvero le cure più appropriate e scientificamente più avanzate.

Molti dei nostri professori sono stati e sono in prima linea anche nel comitato nazionale tecnico scientifico, altri, in modo non meno importante e significativo, hanno investito le migliori competenze e le più avanzate tecnologie per organizzare i reparti dei degenti Covid, strapparli alla morte e alleviarne le sofferenze. L’alto numero delle persone curate - oltre 1300 - e il relativamente basso numero dei decessi, sono l’espressione inequivocabile dell’alta specializzazione e dell’efficace organizzazione che l’Ateneo e il Policlinico hanno saputo sviluppare anche in questo delicato frangente.

Seguendo i lavori dell’unità di crisi ho notato anche la meticolosa analisi dei dati e la puntuale valutazione di tutti gli aspetti squisitamente scientifici, come si addice ad un centro di eccellenza Irccs. La rigorosa archiviazione dei dati e la loro elaborazione, la valutazione delle prassi adottate e il sistematico confronto con le esperienze di altri centri, il riferimento alla letteratura scientifica più aggiornata, costituiscono la testimonianza di come faccia parte della vocazione di questa istituzione declinare sempre la carità verso i malati con le risposte più efficaci dal punto di vista tecnico-scientifico. È anche questa un’espressione eloquente della premura evangelica con cui sono stati curati coloro che a causa del Covid-19 si sono ritrovati “stanchi e oppressi”.

L’essere stati, anche questa volta, sul fronte più avanzato dell’emergenza, è anche la migliore garanzia che sapremo dare ai nostri studenti la formazione più aggiornata e qualificata. Non è certamente un caso se anche quest’anno, nonostante la pandemia e le relative restrizioni, ben 7.800 studenti si cimenteranno a fine luglio in presenza alla fiera di Roma per guadagnarsi uno dei 270 posti disponibili per entrare a Medicina e chirurgia in Università Cattolica.

La vita secondo lo Spirito

Una terza dimensione che in questo periodo ci ha fatto sperimentare la presenza e il sostegno del Sacro Cuore è la possibilità che abbiamo avuto di vivere esperienze davvero singolari anche dal punto di vista spirituale. In questo senso abbiamo potuto sperimentare ciò che Mosè insegna al suo popolo, ossia la sua particolare benevolenza di Dio. Le stesse parole, ascoltate nella prima lettura, le possiamo sentire come rivolte a noi oggi: «Riconosci dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l’alleanza e la bontà per mille generazioni, con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti». Questa fedeltà di Dio l’abbiamo sperimentata in tante forme e in tanti momenti: nella possibilità di condividere ogni mattina la Celebrazione eucaristica dalla Cappella Giuseppe Moscati con tante persone che ci hanno seguito da casa grazie a TV2000; con la recita del Rosario nella nostra sede in uno degli appuntamenti promossi dalla Conferenza Episcopale Italiana. Un dono speciale anche per la data: il 2 aprile, ricorrenza dei 100 anni della nascita di San Giovanni Paolo II, a cui sempre in collegamento con TV2000 abbiamo rivolto dal Piazzale del Policlinico una accorata supplica.

Grazie a una profonda sintonia umana e spirituale abbiamo accompagnato con la preghiera il quotidiano lavoro dell’unità di crisi e di tutti gli operatori sanitari. Ogni incontro si è aperto con una breve preghiera che ci ha consentito di fare tutto nella consapevolezza di essere umili strumenti nelle mani di Dio a servizio del bene comune e dei più bisognosi. Abbiamo così per primi imparato a essere come Gesù “mite e umile di cuore” per affrontare con lui una prova inaspettata e complessa. Abbiamo sperimentato in modo reale e concreto che cosa significano, proprio a fronte di una prova così grande, le parole di Gesù: “il mio giogo è dolce e il mio peso leggero”. Il giogo è leggero se lo si porta con il Signore e in comunione fraterna.

Ci sono anche molti altri aspetti forse più nascosti e meno appariscenti che meriterebbero di essere ricordati. Penso allo spirito di sacrificio che ha contrassegnato tutti, ma in modo particolare gli operatori delle terapie intensive, agli sforzi fatti per non lasciare soli i malati anche quando dovevano stare in isolamento per il pericolo di contagio, offrendo loro la possibilità di comunicare con i familiari attraverso cellulari e tablet. Non ultima l’assistenza spirituale che è stata garantita ai malati anche in condizioni difficili e nonostante le limitazioni imposte dalle norme di precauzione.

La consapevolezza di avere una vocazione a cui rispondere e una missione da compiere è emersa in modo evidente nel corso di questi duri mesi di pandemia. Lo spirito di comunità e il senso di appartenenza a una istituzione - che è sì amministrata da uomini ma non appartiene a essi perché è innanzi tutto dono e opera di Dio -, ci hanno consentito di dare anche una bella testimonianza di competenza ed efficienza di fronte alla comunità sociale ed ecclesiale. Speriamo ovviamente che tutto questo, oltre ad essere eloquente manifestazione del valore di questa istituzione, venga adeguatamente riconosciuto e valutato anche dagli interlocutori istituzionali della Regione e del Governo.

Ricordando e pregando per tutti coloro che sono passati alla pienezza della vita in Dio ed esprimendo ancora vicinanza a tutti i malati e ai loro familiari, in questo momento vogliamo rivolgere un grazie sentito e riconoscente a tutti coloro che si sono spesi senza risparmiarsi in nulla in modo particolare all’interno dei nostri presìdi sanitari Columbus e Policlinico Gemelli. Come da tradizione ricordiamo con gratitudine in questa circostanza tutti coloro che hanno raggiunto i 20 anni di servizio presso le nostre istituzioni.

Concludo invitando tutti, anche alla luce di questo frangente così difficile e travagliato, a rinnovare l’affidamento caro ai nostri fondatori “Sacro Cuore mi fido di te” e a esprimere i sentimenti suggeriti dal salmo responsoriale: «Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici». Amen.

* vescovo, assistente ecclesiastico generale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore