Pubblichiamo il testo dell'appello lanciato della nostra studentessa Francesca Benedetta Penna, ripreso dal mensile Tempi

di Francesca Benedetta Penna

In questi giorni stiamo vivendo una condizione radicalmente nuova, che ci impone nuovi stili di vita e nuove responsabilità al fine di contenere e gestire al meglio l’emergenza coronavirus. Ognuno è chiamato a prendere delle decisioni per proteggere sé stesso e gli altri. Ma, leggendo il decreto del presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) dell’8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera i, e il decreto del 9 marzo, articolo 1, comma 1, non posso non pormi delle domande. Di fronte alla morte non basta liquidare l’argomento con la benedizione della salma e della tomba, sospendendo i funerali. 

La perdita di una persona cara è un’esperienza drammatica, che necessita di spazi adeguati per vivere il lutto nella sua dimensione personale e sociale, oltre che religiosa. Il funerale permette, nella nostra cultura, di vivere il cordoglio e iniziare una corretta elaborazione.

Non celebrare funerali pubblici oggi è comprensibile, risponde ad un’esigenza straordinaria di salute pubblica, ma non celebrare i funerali affatto, neanche in forma privata alla presenza dei parenti stretti, rispettando le distanze di sicurezza, introduce a mio parere un elemento di disumanità e crudeltà intollerabile, lede i diritti umani. 

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