Il 15% di giovani lavoratori fa uso di almeno una droga illecita, e il 3.9% è polidipendente. È questo il dato allarmante emerso da una recente indagine condotta su un campione di lavoratori al di sotto dei 35 anni della Regione Abruzzo, realizzata dal dott. Nicola Magnavita, ricercatore dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università Cattolica di Roma. «La ricerca – spiega Magnavita – ha documentato che il 17.3% dei giovani lavoratori abruzzesi è dipendente dall’alcol. Il 13.5% di essi fa uso di cannabis, il 4.5% di cocaina, circa l’1% di oppiacei, l’1.2% di ecstasy o amfetamine, il 4.7% di benzodiazepine. I lavoratori non qualificati edili e agricoli, gli artigiani e gli addetti al commercio hanno i più alti tassi di abuso. Questi dati, riferiti a una regione come l’Abruzzo, non particolarmente interessata da fenomeni di criminalità organizzata, fanno ritenere che la situazione nazionale sia altrettanto grave e non dissimile da quella di altri Paesi europei o degli Stati Uniti, dove si stima che tre quarti dei cocainomani si droghino sul lavoro, e si stima che i costi indotti dai vari tipi di abuso sul lavoro oltrepassino gli 80 milioni di dollari all’anno».

«Poco rassicuranti sono anche i dati che provengono da altri Paesi europei – sottolinea Magnavita -, come la  Francia  dove risulta che l’8.5% dei camionisti è positivo ai cannabinoidi, il 4% agli oppiacei, il 5% all’alcol. Tutti i Paesi a più elevato sviluppo hanno affrontato da tempo i problemi relativi alle dipendenze in ambito lavorativo». Negli Stati Uniti, il Paese che per primo si è occupato del problema della dipendenza dei lavoratori da droga e che oggi è considerato un modello di riferimento per tutti, due terzi delle aziende con oltre 100 dipendenti dispongono di specifici Programmi di assistenza dei lavoratori (PAL). «I PAL aziendali - aggiunge Magnavita - sono presenti in numerosi Paesi europei. La funzione dei PAL è in primo luogo quella di fornire gratuitamente ai lavoratori assistenza e counseling a breve termine. Quando necessario, i PAL avviano i lavoratori ai servizi terapeutici. L’accesso ai PAL è per lo più volontario da parte degli stessi lavoratori, ma può essere anche stimolato da segnalazione del datore di lavoro». Negli USA i PAL hanno gradualmente esteso la loro azione dall’alcolismo, che è stato il primo problema a essere affrontato, a tutte le dipendenze, e infine a tutti i problemi sanitari che determinano ‘impairment’ (malattie fisiche e psichiche che compromettono le capacità di giudizio). A fianco dei PAL aziendali, per gli operatori della sanità, la cui attività è di particolare delicatezza per la salute pubblica, sono stati istituiti in tutti gli Stati Uniti, servizi di assistenza a carattere nazionale, finanziati parzialmente dalle organizzazioni sanitarie. L’accesso a questi programmi in numerosi Stati consente la sospensione dei provvedimenti disciplinari a carico dei lavoratori della sanità che hanno manifestato comportamenti di abuso.

«In Italia invece – prosegue Magnavita – non esistono organizzazioni specifiche. Il gruppo La.R.A (Lavoratori Rischiosi per gli Altri), è una associazione scientifica che si propone la tutela dei lavoratori malati e quella dei terzi, senza pregiudizio dei diritti civili dei lavoratori, che ha proposto che l’identificazione dei lavoratori con problemi e il loro counseling siano affidati al “medico competente”, figura presente in tutte le aziende sanitarie private e pubbliche, che si occupa della salute del lavoratore nel quadro di una policy aziendale di controllo del rischio. È necessario tenere presente che l’approccio al problema del contrasto delle dipendenze è profondamente diverso negli USA e in Italia. Negli USA inizialmente è prevalsa la linea della “tolleranza zero”. I controlli sui lavoratori sono previsti e permessi nell’interesse pubblico. Ogni azienda è libera di definire il proprio modello di intervento. Il lavoratore trovato positivo ai controlli può essere licenziato, anche se non sempre questa è la decisione dell’azienda. Sono offerti programmi di recupero. In Italia la linea prevalente è la "riduzione del danno"». I controlli nei luoghi di lavoro devono essere effettuati nei casi previsti dalla legge e le stesse procedure operative non sono affidate alla perizia dei medici, ma sono definite per legge. Le norme a tutela del posto di lavoro rendono molto difficile il licenziamento del lavoratore con contratto a tempo indeterminato. Infatti la legge prevede che il lavoratore affetto da “patologia cronica”, sia che si tratti di farmaco dipendente, o alcolista, abbia diritto alla conservazione del lavoro almeno per 3 anni. L’assistenza sanitaria è a carico del servizio sanitario nazionale, ma tutti gli oneri dei controlli e di quanto da essi consegue sono a carico delle aziende. Le differenze del quadro normativo e delle opinioni socialmente condivise è di particolare rilievo per affrontare e risolvere il dilemma etico che scaturisce dal confronto di interessi legittimi. «Occorre considerare almeno tre parti portatrici di tali interessi legittimi – aggiunge il medico del lavoro della Cattolica - : i lavoratori, i datori di lavoro e la società nel suo insieme. I lavoratori hanno diritti personali, come il diritto alla riservatezza e all’integrità della persona, che implica tra l’altro il diritto a non sottoporsi a controlli sanitari. Hanno inoltre diritti civili, tra i quali quello alla conservazione del posto di lavoro. Il datore di lavoro ha un legittimo interesse alla sicurezza del lavoro, e alla eliminazione del rischio di responsabilità civile e penale che può derivare da comportamenti di abuso dei lavoratori».

La società nel suo insieme ha un legittimo interesse alla salute pubblica, e alla riduzione dei costi (economici e umani) che derivano dalla politica scelta per controllare il problema. «La complessità dell’argomento – conclude Magnavita -  ci conferma nell’opinione che la verifica dell’assenza di dipendenza o di abuso tra i lavoratori non è un atto isolato del medico competente, ma fa parte della gestione del rischio per la salute e sicurezza da parte del datore di lavoro. L’esecuzione dei test è pertanto un atto da inserire in una policy aziendale di contrasto delle dipendenze».