In questo momento di difficoltà e di incertezza, tra lezioni sospese, sessioni di laurea rimandate e l’attesa di disposizioni da parte delle autorità, il nostro pensiero va prima di tutto agli studenti, l’anima del nostro Ateneo. In particolare a quelli che vivono nelle cosiddette zone rosse, che stanno attraversando ore di isolamento.

Da Codogno ci arriva la testimonianza di una studentessa della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali: «Abito proprio nel centro della zona rossa, la situazione è pesante, ma i concittadini reagiscono bene. Si può uscire di casa, passeggiare, fare la spesa. Molti sembrano non essere spaventati, altri si mettono in "auto-quarantena" per paura. È un po' triste guardare fuori dalla finestra e vedere tutte le serrande abbassate, penso ai nostri commercianti e artigiani. Anche le nostre aziende più grandi sono chiuse e tutti i lavoratori a casa. Per me, studentessa, non cambia molto rispetto alla sessione, mi alzo al mattino e studio senza uscire, ma la percezione è totalmente diversa. Tv sempre accesa sui canali di informazione. Anche il telefono suona sempre: amici e parenti che sono al di fuori della zona preoccupati per noi, speriamo sempre di non ricevere brutte notizie di qualcuno che conosci a cui vuoi bene. I social media sono incandescenti, li controllo sempre. Ci sono post, commenti e immagini positive, di reazione a questa situazione, ma quello che fa male è leggere di connazionali, sia del Nord che del Sud, che trattano "quelli di Codogno", "quelli della zona rossa" come se fossero degli untori, si leggono commenti raccapriccianti quali "ecco adesso vedete cosa si prova ad essere discriminati", quando ci si dovrebbe aiutare e non disprezzare. Che amarezza. Un pensiero è sempre rivolto a tutti i medici, infermieri e personale che lavorano in ospedale senza sosta, i veri eroi di tutta questa situazione».

Dalla zona rossa arriva anche la testimonianza di un altro studente della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali della sede piacentina dell'Università Cattolica

«Tutto è iniziato il 21 febbraio, stavo arrivando in università e sono cominciate a circolare le prime notizie inerenti al primo infetto di Covid-19 a Codogno.
 
Nonostante le preoccupazioni e anche un po’ di paura nella mia famiglia c’era molta fiducia: le condizioni dei miei parenti erano buone in quanto nessuno stava soffrendo di crisi respiratorie. Per quanto riguarda me e la mia famiglia - intesa come padre, madre e mio fratello - nelle ultime settimane non avevamo avuto nessun contatto con i miei familiari positivi quindi non ci sarebbe stato sottoposto nessun tampone. Un paio di giorni dopo i NAS si sono recati da mia nonna, con la quale la mia famiglia ha contatti tutti i giorni per farle il tampone che è risultato positivo. Per fortuna fino ad oggi non ha ancora avuto sintomi.
 
Siamo stati quindi contattati dall’Unità di crisi di Milano, che ci ha comunicato di iniziare una quarantena di 14 giorni dall’ultimo contatto avuto con il paziente positivo tuttavia ci hanno detto che ci avrebbero fatto il tampone solo se avessimo riscontrato dei sintomi.
 
Tutte queste vicende hanno creato un po’ di confusione all’interno della mia famiglia, ma in questo momento c’è molta tranquillità per il semplice motivo che stiamo tutti molto bene.
 
È un po’ frustrante restare chiusi in casa tutto il giorno, vorrei uscire a farmi una passeggiata o semplicemente praticare un po’ di sport, ma allo stesso tempo ho riscontrato anche dei lati positivi: mi sto dedicando a hobby a cui non mi dedicavo da molto tempo come cucinare, disegnare e leggere. Un altro lato positivo è il tempo che stiamo passando in famiglia (mia madre che lavora a Milano in questi giorni lavora in smart working, mio padre non sta lavorando perché la sua azienda è chiusa e mio fratello è a casa da scuola), cosa che durante la normale routine è sempre più difficile a causa dei vari impegni.
 
Nonostante questi lati positivi ci sono anche molti punti interrogativi legati alla durata della zona rossa: iniziano a girare voci che potrebbe durare fino a fine del mese di marzo e questo potrebbe creare quindi molti disagi.
 
Il mio umile pensiero e la mia unica preoccupazione riguardo questa faccenda sono relativi al fatto che i casi sono in continuo aumento nonostante non tutti coloro che hanno avuto contatti con pazienti positivi vengano sottoposti al tampone, con la conseguenza di non avere informazioni sui possibili pazienti positivi asintomatici».