L'idea romantica di andare all'estero e l'iscrizione al Master Of Science in History of Art all'Università di Edimburgo per approfondire l'argomento della tesi specialistica. Poi la notizia che i corsi scelti erano stati cancellati e la decisione di studiare l'arte scozzese. Quasi per caso, selezionando materie che non le interessavano poi molto. Inizia così l'avventura di Camilla, 28 anni, iseana, laureata in Arti, Spettacolo e Produzione multimediale nella sede di Brescia.
Un'esperienza straordinaria e stimolante, che non avrebbe mai immaginato: «Le lezioni erano un susseguirsi di seminari, visite, conversazioni con artisti e galleristi basate interamente sullo scambio di opinioni. Ogni giorno qualcosa di nuovo, gente da vedere, conferenze, incontri e feste, ovviamente, dove c'era sempre qualcosa di tradizionale scozzese da celebrare».
La vita universitaria e l'azione sul campo, la rara fortuna di studiare il soggetto dal vivo nelle gallerie e nei musei della città, gli stage previsti dal percorso di studi e la curatela di ben due progetti espositivi. Infine, la chiamata da parte di una delle maggiori case d'asta scozzesi. Tra le varie application inviate durante «l'infinito periodo del cercare un lavoro post-laurea», Camilla manda una lettera a Lyon & Turnbull, l'International auction house specializzata tra le altre cose in arte scozzese. Riceve immediatamente una telefonata perché, pare, interessati alla sua estesa conoscenza della materia. Così, nel giro di poche settimane, si trova ad appendere quadri, posizionare sculture, catalogare prime edizioni autografate di Yeats e Machiavelli, spostare mobili appartenuti a Frank Lloyd Wright e sistemare delicatissime porcellane cinesi nelle vetrine. «Come tutti i lavori anche questo ha momenti lenti e noiosi, ma in generale non passa giorno in cui succeda qualcosa di interessante o si vedano passare gli oggetti più disparati. E la cosa ancora più bella è che si possono e si devono toccare».
Da Lyon & Turnbull, prima con uno stage poi con un lavoro "vero", comincia a dedicarsi al dipartimento di Paintings, occupandosi di catalogazione, stima dei quadri, stesura di articoli per il catalogo e valutazione di dipinti del ‘700-‘800. «Portavamo le opere in una stanza buia e le esaminavamo ai raggi ultravioletti per cercare macchie, strappi, restauri e tracce di aggiunte successive». In casa d'aste ora si occupa di arte contemporanea e moderna, ma anche di design.
Questo lo deve all'istruzione in Italia: «La Cattolica - racconta Camilla - mi ha dato una conoscenza multidisciplinare, una visione d'insieme che difficilmente si trova nelle università anglosassoni molto più focalizzate su un unico tema. Grazie alla mia preparazione "italiana", che qui a Edimburgo manca, ho fatto molto meno fatica ad addentrarmi in temi del tutto nuovi come l'arte scozzese o a spaziare da un periodo all'altro, da una disciplina all'altra».
Non è che tutto sia stato facile, chiarisce Camilla. «Per noi laureati in materie umanistiche la ricerca del lavoro è difficile anche qua, per i ruoli di responsabilità non basta avere un MSc, l'equivalente della nostra laurea magistrale. Serve anche esperienza». Gli universitari scozzesi sono più fortunati, hanno le estati completamente libere senza nessun esame. «I più furbi iniziano a svolgere internship in aziende serie già dal primo anno, così una volta laureati, a 22 anni, hanno già alle spalle l'esperienza giusta per puntare a lavori di un certo livello».
Anche il sistema dell'arte è completamente diverso da quello italiano. «L'amministrazione è in gran parte privata, così anche i fondi che la sostengono non subiscono variazioni drammatiche con il passare del tempo e degli interessi politici. I Trusts e Charities che si preoccupano di restaurare, conservare e aprire al pubblico luoghi di interesse storico necessitano di personale professionista. I musei organizzano attività collaterali per promuovere le proprie collezioni e raccogliere fondi creando spazio per nuovi posti di lavoro».
Il Bel Paese dovrebbe essere un modello in questo settore. Ma le cose non stanno sempre così. Camilla in Italia pensa di ritornarci, «magari tra qualche anno», perché dopo tutta la fatica e l'investimento fatto sarebbe sprecato non farli fruttare. «In Scozia è più probabile che lo stage venga pagato e se passi i vari stadi dell'application e vieni assunto, di solito è con un contratto serio dalla durata indeterminata». Un consiglio ai coetanei italiani? «Per noi neolaureati è difficile trovare lavoro sia qui che in Italia. Ci vogliono impegno e pazienza. Starsene con le mani in mano ad aspettare che il lavoro arrivi solo perché si ha una laurea non porta a niente. Se sei bravo, hai un buon CV e ti dai da fare, le opportunità da cogliere arrivano».