È un'insolita lezione quella che vede le prime file dei banchi occupate da volti noti accomunati dall'essere poeti: Franco Loi, Davide Rondoni, Donatella Bisutti, Giancarlo Consonni, Maurizio Cucchi, Cesare Greppi, Vivian Lamarque, Piero Marelli, Stefano Marino, Graziella Tonon ed Edoardo Zuccato. Scolari inconsueti in realtà chiamati a raccolta per un reading di poesia dedicato al Natale che si è svolto lo scorso 12 dicembre nel corso della lezione di Editoria libraria e multimediale del prof. Roberto Cicala, in occasione dell'uscita del volume L'ombra della stella. Il natale dei poeti d'oggi.
Il reading è stato presentato dal curatore del volume Giovanni Tesio e introdotto da Giovanni Santambrogio, il primo giornalista a scrivere della collana "Nativitas" nel lontano 1993. Un parallelo con il quadro di Pontormo, L'adorazione dei Magi, è quello che delinea il giornalista con questo libro: «è una natività che ha in sé una straordinaria contemporaneità perché nella folla che segue il corteo dei Magi riconosciamo volti che manifestano diversi sentimenti: paura, curiosità, fede, alcuni accorrono con convinzione, altri sono solo curiosi di passaggio. Una calca che sembra riflettere la situazione contemporanea con il sacro e rappresenta la domanda corale di questo volume su cosa sia il Natale».
Contini diceva che la poesia va eseguita perché dalla voce e dall'ascolto della melodia se ne percepisce il senso, possiamo dunque solo tentare di ricreare la corale espressione dei poeti, di cui ogni poesia è bilancio interiore, citandone qualche verso.
Da quelli più drammatici e segmentati di Rondoni, che tiene lontana la retorica dal Natale: «l'abbiamo lasciato /sul ciglio / tra i fanali, è solo / un piccolino, dove vai a quest'ora / indietro nei nostri baci nel nostro / brusio, / no, non / senta, spostagli / i capelli agli occhi / non vedi che è un bimbo, non vedi / che è dio?»; al dialetto melodicamente milanese del decano dei poeti italiani, Franco Loi, che, invitato a scrivere per questa antologia, ha sentito l'esigenza di evocare il respiro di Dio, bambino o meno, come ognuno lo vuol sentire: «El fià de Diu ghe l'ù sura el cuppin. / L'è cald el fia e frecc el mè pensà»; all'ironica e fulminea Tonon: «La mia cometa è una scintilla / nel buio lontano di una sera / accese di mistero la vigilia / c'è un contatto disse mio padre».
A chiudere l'incontro è però una filastrocca di Rodari che con la sua straordinaria e profonda leggerezza scriveva: «Il pellerossa con le piume in testa / [...] come è finito tra le statuine / del presepe, pastori e pecorine / Non è il tuo posto, via, Toro seduto: / torna presto di dove sei venuto. / Ma l'indiano non sente. O fa l'indiano. / Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso? / O darà noia agli angeli di gesso? / Forse è venuto fin qua, / ha fatto tanto viaggio,/ perchè ha sentito il messaggio: / pace agli uomini di buona volontà».