Era il 1912 quando padre Agostino Gemelli, preoccupato per la salute fisica e spirituale delle giovani donne che arrivavano a Milano alla ricerca di un impiego, iniziò a radunarne in piccoli gruppi per Giornate di ritiro e poi per corsi di Esercizi Spirituali. Nacque così l’Opera Impiegate, la fondazione che, a cento anni dalla sua creazione, accoglie ancora oggi le donne che arrivano nel capoluogo lombardo per lavorare. A guidare, da vent’anni in qualità di presidente, questa singolare e unica nel suo genere struttura, che si trova a Milano in via San Vincenzo 7, c’è Maria Dutto che sintetizza in una sola battuta lo spirito e la missione che ha sempre guidato l’Opera Impiegate: «Mettere al centro la persona con le sue esigenze, le sue capacità, le sue difficoltà, i suoi sogni. Nell’accoglienza di ogni ospite sottolineiamo sempre il valore della nostra “comunità” e la non casualità di esservi approdate».
Con quattro università presenti sul territorio milanese, ormai esistono solo collegi per studenti e la casa di via San Vincenzo è pertanto l’unica struttura dedicata esclusivamente alle lavoratrici «Può ospitare fino a 40 persone, ma i posti letto non sono mai sufficienti. Arrivano telefonate ogni giorno e piange il cuore dover dire tanti “no” a chi chiama da tutte le regioni d’Italia – spiega la presidente che inoltre puntualizza come - cento anni fa le ragazze venivano a svolgere i lavori più umili, ora tante sono laureate ma trovano lavoro magari in un call center. Ma quello che stupisce rispetto a un tempo è la brevità del rapporto di lavoro: contratti a termine, anche solo di un mese, sostituzioni..Solo qualche “vecchia” ospite lavora in banca o in un ufficio pubblico, ma le altre vivono nell’ansia e nel dubbio di un rinnovo del contratto».
Nel corso dei suoi cento anni di attività l’Opera Impiegate si è ampliata – come nel periodo in cui offriva anche la possibilità di soggiorni estivi in un albergo di proprietà di montagna – e ha fatto fronte a problemi e a numerose difficoltà, come in tempo di guerra quando alle proprie ospiti era garantito un clima sereno, che le aiutasse a metabolizzare e superare eventuali disagi familiari.
Rilevando come la presenza maschile, di padre Gemelli e di qualche francescano è durata poco, perché l’intera gestione è passata alle donne, da Maria Cucchiani a tante altre socie e amiche che hanno creato una vera e propria “solidarietà femminile”, Maria Dutto - che per anni ha lavorato all’Ufficio Pubbliche relazioni dell’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica - rivendica con orgoglio il fatto che «Non dipendiamo da nessuno, né dalle strutture ecclesiastiche né da quelle civili e, nel nostro piccolo, siamo state delle imprenditrici: in tanti anni abbiamo acquistato, venduto, ristrutturato». Negli ultimi 20 anni la Dutto ha dovuto infatti «rifare tutto perché non c’era più nulla in regola», altrimenti la casa rischiava di chiudere. Nel 2010 affrontando mille problemi e difficoltà è riuscita a ristrutturare innalzando un piano e installando un ascensore. E se l’Opera Impiegate riesce a mantenere prezzi contenuti è perché, oltre al personale costituito da tre persone, può ancora contare sulla presenza di volontarie molto brave e affezionate alla fondazione. Una fondazione che più che un pensionato, si presenta e si caratterizza per essere una casa vera e propria «dove quando le ragazze rientrano tardi possono sempre trovare un piatto pronto per cena. Io tengo molto alla responsabilità del singolo e al rispetto reciproco tra le ospiti, ma tengo molto anche alla libertà che offre la casa» spiega Maria Dutto che ha un grande senso di accoglienza che trapela da ogni sua parola, soprattutto quando racconta delle serate culturali o degli incontri spirituali organizzati nelle sale della fondazione, oppure delle feste e dell’annuale “merenda” di giugno durante la quale si ritrovano tante ospiti che hanno alloggiato, in periodi diversi, presso l’Opera Impiegate.
Iniziative che testimoniano quel clima di solidarietà e di amicizia che da sempre caratterizza la fondazione e che come piace ricordare alla presidente Dutto: «Fa sì che la casa di Via San Vincenzo sia sempre aperta alle tante richieste che arrivano da tutta Italia, in modo da essere fedele all’idea del fondatore padre Gemelli, vale a dire offrire un “approdo”, un posto in cui tornare e ritrovarsi che, seppur temporaneo, possa essere incidente nella vita delle lavoratrici».
Naturalmente il progetto di accoglienza e ospitalità dell’Opera Impiegate, nel corso dei suoi cento anni, si è declinato secondo il variare dei tempi e delle modalità del mondo del lavoro, ma in particolare secondo le esigenze delle lavoratrici perché come spiega Maria Dutto: «Adeguarsi alla storia è importante, in quanto indica i nuovi cammini e orientamenti della vita».