“Esperienza unica!” E’ stato questo il malinconico ritornello che affollava i 29 posti del bus che dall’aereoporto di Orio al Serio ha riportato a Brescia lo scorso 3 giugno giovani studenti e non, della sede bresciana dell’Università Cattolica. Il leitmotiv di una ricerca che, oltre ai numerosi gadget, spezie e pashmine acquistate nel Suk di Gerusalemme, ha portato alla luce soprattutto quell’io troppe volte perso nella realtà per lasciar spazio a una frettolosa razionalità quotidiana. Una tappa, quella della Terra Santa, per certi versi attesa da tutti, dove le aspettative che documentari, foto e i mille racconti di sempre hanno lasciato presto spazio ad una realtà tanto difficile quanto affascinante.
È così che studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo dell’università ma semplici cittadini, genitori di qualche studente, si sono ritrovati il 27 maggio a Tel Aviv. I controlli passaporto hanno reso più facile e netta la consapevolezza che ormai siamo lontani da casa. A farci sentire in un posto nuovo ci ha pensato ben presto anche il “Kamsin”, vento caldo che rende il paesaggio molto poco visibile e assai giallastro. Forse le distanze geografiche sono meno forti rispetto a quelle di natura culturale. E climatica! Ma è subito all’uscita dall’aeroporto che l’enorme cortesia e la puntuale gentilezza ci fanno incontrare l’amico Hussein, autista inseparabile per tutti gli spostamenti in Israele. Grazie a lui è facile capire come anche la questione urbanistica e il sistema stradale in toto rientrino molto bene in quel discorso di cultura un po’ diversa. La Brevivet, organizzatrice del viaggio coadiuvata dal Centro Pastorale dell’Università Cattolica nella persona dell’assistente spirituale padre Michele Pischedda, è impeccabile nella programmazione del nostro viaggio.
L’itinerario racchiude tutti i luoghi che nell’immaginario collettivo ci riportano senza troppa difficoltà ai tempi dell’oratorio e ai primi corsi di religione. Ora tutti questi posti, che tante volte abbiamo disegnato nei cartelloni scolastici per le festività solenni, diventano visibili. E visitabili. Ed è proprio con quel sano entusiasmo da bambini, che ogni mattina, seppur con sveglie molto poco occidentali (anche questo rientra nel discorso della cultura!), prende il via l’adventure. Dopo le abbondanti colazioni composte da pietanze in stile orientale-speziato ma anche frutta freschissima con sapori ed odori da noi ormai completamente dimenticati, è tempo di munirsi di scarpe super comode, bottiglie d’acqua e tanta emozione.
Il programma viene suddiviso per questioni logistiche in due parti: la prima con stanziamento a Nazareth e la seconda con sistemazione a Gerusalemme. E’ proprio con la spettacolare visita di Cesarea Marittima, l’emozionante Monte delle Beatitudini, la visita di Sefforis capitale della Galilea, il suggestivo monte Tabor, la traversata dello stupendo Lago di Galilea e la visita di Cafarnao che si conclude la nostra prima tranche dei tre giorni nel territorio della Galilea. Scendendo la valle del Giordano con la visita di Gerico, più vecchia città del mondo, prende il via la seconda parte del nostro viaggio. Dopo aver visitato Betlemme, ed averne ammirato l’attesa basilica della Natività il nostro viaggio comincia ad essere vissuto ancor più “intensamente”. Nel passaggio tra Palestina e Israele, dati anche i fatti di cronaca a Gaza che proprio in quei giorni riempivano i giornali di tutto il mondo, si nota infatti un certo inasprimento dei controlli e molte delle botteghe che riempiono i tradizionali vicoli di Gerusalemme rimangono chiuse.
L’itinerario però è reso agevole e sicuro grazie alla presenza del biblista don Flavio Dalla Vecchia, professore di Letteratura ebraica alla sede di Milano e docente al Seminario diocesano di Brescia. Il viaggio ha così i contorni di un intensivo corso universitario sul campo, nel quale don Flavio riesce a chiarirci, in alcuni casi “sfatarci” ma soprattutto rafforzarci, con suggestioni quotidiane di enorme profilo teologico e culturale. Ed è così che il gruppo si ritrova tra studenti muniti di taccuino per riuscire a “ricordarsi ogni momento del viaggio”, chi dopo aver esaurito la memory card di riserva gioca al ribasso sui prezzi dei venditori del posto che si rendono ben lieti e disponibili a “contrattare”, chi rincorre qualsiasi bottega per riuscire ad avere un ricordo di tutti i luoghi visitati, chi ancora in ogni luogo cerca una casella postale perché genitori, amici e parenti da casa hanno espressamente richiesto di essere partecipanti attivi seppur non fisicamente.
Un gruppo tanto eterogeneo (anche anagraficamente) ma tanto affiatato che ha risposto in maniera esemplare, riuscendo a coniugare benissimo la spiritualità di un pellegrinaggio (che ai molti può sembrar qualcosa di ormai vecchio!) al divertimento e curiosità delle prime gite liceali. È unanime la visione, però, di un posto dove il tempo sembra essere davvero cristallizzato, il mondo intero con le sue contraddizioni viene riflesso e la Terra si nutre dei pezzi strappati alle “anime” di chi vi passa. Dopo otto giorni si ritorna a casa. I luoghi hanno segnato, plasmato, e donato a ciascuno una nuova consapevolezza: ora si può iniziare a parlare e immaginare con una certa “responsabilità”. Un viaggio per meglio comprendere il termine “libertà”, le contraddizioni di un popolo e la parola religione troppo spesso inserita nello sbagliatissimo binomio con la parola guerra …un tuffo nel passato per “barattare” la propria identità con i custodi della sacralità...tout court Terra Santa.