Orientarsi nello spazio anche al buio, andare alla ricerca di un oggetto su un tavolo anche a occhi chiusi, percepirne consistenza, forma, posizione e dimensioni senza doverlo guardare: arriva ed è stata sperimentata in Italia la prima mano bionica in grado di dare in tempo reale queste sensazioni ai pazienti (ovvero in termini tecnici dotata di un feedback contemporaneamente sia sulla posizione delle dita nello spazi sia tattile) – in modo comparabile a una mano naturale perché lo fa attraverso i nervi residui del moncherino. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science Robotics.
 


A questi risultati si è giunti in dieci anni di ricerca che conferma l’Italia pioniera nello studio e nell’applicazione clinica per restituire piena autonomia alle persone che hanno subito l’amputazione di una mano o di un braccio.Una storia di successi scientifici che ha conosciuto importanti riconoscimenti da parte della comunità internazionale come testimoniano i due studi scientifici pubblicati oggi sulla prestigiosa rivista Science Robotics, condotti dai ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, del Centro Protesi INAIL, della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa con l’Istituto di BioRobotica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - Università Cattolica e presentati oggi presso l'Accademia dei Lincei a Roma, alla presenza del Ministro della Salute Giulia Grillo che ha dichiarato: "Sono orgogliosa dei risultati presentati oggi sulla mano bionica. Questo conferma il ruolo centrale dell'Italia in campo scientifico. La nuova mano bionica è una delle più grandi conquiste della nostra scienza. E non solo perché c'è stata una collaborazione tra Università e Centri di Ricerca, ma anche perché i pazienti sono parte integrante della squadra".

Lo studio sviluppato dalla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e dall'Università Cattolica, è stato coordinato dal professor Silvestro Micera, docente di Bioingegneria presso l'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna e presso l'Ecole Polytechnique Federale di Losanna e dal professor Paolo Maria Rossini (a destra nela foto, con il Ministro della Salute Giulia Grillo e Pier Paolo Petruzziello, il primo paziente). Ordinario di Neurologia all'Università Cattolica e direttore dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica. È stato fondamentale il contributo di altri prestigiosi centri di ricerca europei come le Università di Cagliari, Montpellier e Friburgo (Germania) ed i successivi finanziamenti della Commissione europea, del Centro di Competenza svizzero in Robotica (NCCR Robotics), della Fondazione Bertarelli oltre che di una ricerca finalizzata del Ministero della Salute.

Le attuali protesi mioelettriche consentono agli amputati di recuperare il controllo motorio volontario del loro arto artificiale, sfruttando la funzione muscolare residua nell'avambraccio. Tuttavia, l’eccessiva dipendenza dalla vista dovuta all’assenza di un feedback sensoriale è un problema che contribuisce alla difficoltà di sentire la mano bionica come parte integrante del proprio corpo e quindi alla mancanza di naturalezza nell’utilizzarla.

Recentemente, diversi gruppi di ricercatori sono riusciti a fornire un feedback tattile (ovvero la sensazione del tatto, ad esempio quando sfiori o afferri un oggetto) ai pazienti amputati utilizzando diversi approcci, migliorando nei pazienti sia l’utilizzo sia la sensazione di ‘appartenenza’ delle protesi al proprio corpo. Tuttavia, le informazioni fornite al paziente da tali protesi rimanevano limitate: la “propriocezione”, cioè la capacità del nostro cervello di conoscere istante per istante e con esattezza la posizione nello spazio della mano e delle dita sia da fermi che durante il loro impiego (anche al buio o a occhi chiusi), è prevalentemente assente nelle protesi sviluppate finora.