Si è conclusa nell'aula magna "Tovini" della sede di Brescia dell'Università Cattolica l'ottava edizione di Letteratura&Letterature, il ciclo di conferenze dedicate al teatro. Partendo dall'epoca di Molière, il percorso di quest'anno ha traversato diverse secoli, toccando le opere di autori più o meno conosciuti al giorno d'oggi, ma avendo sempre come tema di fondo ciò che, secondo Goethe, è caratteristico della "letteratura del mondo": l'universalmente umano.

L'edizione 2013 si è chiusa il 12 dicembre con il drammaturgo americano Arthur Miller e la sua opera Erano tutti miei figli del 1947, che sarà rappresentata il prossimo marzo al Ctb, lo stabile bresciano. A spiegare il dramma è stato Franco Lonati, ricercatore di Letteratura inglese, insieme all'attore bresciano Daniele Squassina, che ne ha interpretato alcuni estratti.

L'autore Arthur Miller, noto anche per il suo breve matrimonio con Marilyn Monroe, nacque nel 1915 a New York da una ricca famiglia ebrea di origine polacca. A causa della crisi economica mondiale del 1929 i Miller persero i loro averi e Arthur, il secondogenito, dovette completamente cambiare stile di vita: dopo aver finito la scuola, iniziò infatti a lavorare come operaio. In questo periodo scoprì la sua predisposizione alla scrittura tanto da vincere un concorso letterario con l'opera No Villain. Dopo alcuni insuccessi, Erano tutti miei figli nacque come ultimo tentativo del giovane autore, nel frattempo laureato in Anglistica, di guadagnare dei soldi con il suo lavoro: non solo questo avvenne, ma Miller divenne anche improvvisamente famoso. L'opera, considerata il lavoro più importante preliminare al maggior successo di Miller, Morte di un commesso viaggiatore, vinse il prestigioso premio del Circolo dei critici di New York e due Tony award e fu celebrata sia dalla critica sia a Broadway.
 
La trama di Erano tutti miei figli ha per protagonista una famiglia ordinaria che vive nella campagna americana alla fine degli anni ‘40. Il padre, Joe Keller, è molto fiero della posizione sociale che si è costruito e dell'alto tenore di vita che può garantire alla sua famiglia. L'unica preoccupazione è l'incertezza sul destino del figlio più grande, Larry, disperso dalla fine della guerra. Seguendo i dialoghi, lo spettatore scopre pian piano che tutta quella perfezione di facciata non è immacolata come sembrava. Qualche anno prima, Joe era stato accusato di aver fornito componenti difettose all'aeronautica militare, causando così la morte di ventun giovani piloti. Il fabbricante è riuscito a liberarsi di queste accuse, ma il suo collega è stato arrestato e da allora sconta la sua pena in prigione.

L'equilibrio instabile di tutta la famiglia è distrutto quando il secondogenito Chris invita a casa Ann, l'ex ragazza dello scomparso Larry, che ora è la sua fidanzata. Oltre a essere emotivamente legata alla tragica storia di Larry, un fatto terrificante sopratutto per la madre Kate, Ann è pure la figlia del collega di Joe che si trova in carcere. Quando Chris ed Ann dichiarano ai coniugi Keller di volersi sposare, essi si oppongono strenuamente, alla stregua di George, il fratello di Ann, che afferma di aver trovato prove per l'innocenza del loro padre.

George accusa Joe di essere l'unico responsabile della morte dei piloti, consapevole dei difetti di fabbrica delle componente meccaniche. Incredulo, anche Chris comincia a porre domande al padre e alla fine scopre che tutte le accuse di George sono vere. Joe infatti ha costruito la sua ricchezza a caro prezzo: il sangue di ventuno giovani e, ancora peggio, anche il sangue del figlio Larry, che, come il pubblico apprende solo adesso, ha fatto precipitare intenzionalmente il suo aereo dopo aver saputo della colpa di Joe. Condannato da tutta la famiglia che non vuole ascoltare le sue giustificazioni, si chiude in casa e mette fine alla sua vita.

Nella sua costruzione, ma anche nel suo contenuto - che è peraltro tratto da un fatto reale - l'opera assomiglia alle antiche tragedie greche, sopratutto a quelle di Sofocle. «Le pièces dell'antichità greca sono state dall'inizio i modelli preferiti di Miller, insieme ai drammi del naturalista Ibsen», ha spiegato Franco Lonati. «Anche Erano tutti miei figli ha qualche cosa in comune con il "classico dramma greco": per esempio le unità aristoteliche, il problematico rapporto tra figlio e padre e il grande tema di una colpa passata che torna a tormentare un'intera famiglia». E come tanti drammi greci, la tragedia di Miller vuole portare in scena un tema universale e presente in tutte le culture: la responsabilità dell'uno per l'altro, dell'uomo per l'uomo.

Con questa richiesta morale, l'opera cerca di mostrarci la pericolosità di segreti tenuti nascosti in privato che possono evolvere in una minaccia generale per la società. Così l'autore ci fa vedere la valenza dell'individuo e delle sue azioni per la comunità, che può funzionare solo quando tutti si comportano in modo rispettoso e responsabile. Sulla scia del pensiero di Miller, Franco Lonati ha voluto concludere l'ultimo incontro di Letteratura&Letterature di quest'anno citando le celebri parole di John Donne: «Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto... La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te».