Circa 12 milioni di euro investiti nel 2008 per la tutela dell’ambiente e oltre 42 milioni in ambito salute e sicurezza. Sempre nel 2008 il 40% dei rifiuti è stato indirizzato al recupero, il 60 per cento a smaltimento, mentre il consumo in sostanze pericolose ha registrato una diminuzione pari al 20%. Sono questi alcuni numeri che quantificano una serie di azioni sostenibili messe a punto da Finmeccanica. I dati sono raccolti nel Rapporto di sostenibilità 2008 che il gruppo industriale italiano, tra i primi dieci player mondiali nell’aerospazio, difesa e sicurezza, ha presentato lo scorso 25 novembre in Università Cattolica. «Questa presentazione si colloca nell’ambito delle nostre attività formative e rappresenta un’occasione per capire come le grandi imprese italiane si muovono nell’ambito della sostenibilità», ha detto Mario Molteni, direttore dell’Alta Scuola Impresa e Società (Altis). L’incontro è stato organizzato da Altis, che per la seconda volta ha ospitato la presentazione di un documento di questo tipo (nel 2008 era stata la volta di Generali), e dal dipartimento di Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale. Al dibattito, introdotto dal professor Lorenzo Caprio e moderato da Alessandro Plateroti, vicedirettore de Il Sole 24 ore, sono intervenuti Umberto Malusà, direttore Comunicazione Finmeccanica, Davide Dal Maso, segretario Generale-Forum Finanza Sostenibile, e Alessandro Beda, consigliere d’indirizzo-Fondazione Sodalitas.

 

«Oggi le aziende sono chiamate a impegnarsi sempre più su questo fronte visto che devono fare i conti con i propri stakeholder», ha spiegato il professor Molteni. Certo non mancano le critiche di chi vede nell’adozione da parte delle aziende di pratiche responsabili e nella stesura di documenti sulla sostenibilità una sorta di “greenwashing”, un escamotage per distogliere l’attenzione da azioni che possono avere un impatto negativo sul territorio. «Eppure sono critiche destinate a essere superate - ha sottolineato il direttore dell’Altis -: l’aver scelto la strada della comunicazione obbliga le aziende a rendersi conto di quali sono le aree scoperte e quali, dunque, le nuove politiche da introdurre». Ne è convinto anche Umberto Malusà. «Per il nostro gruppo il rapporto di sostenibilità - ha affermato - rappresenta uno strumento di dialogo e un modo per far conoscere alla comunità, attraverso opportuni indicatori, le performance economiche, sociali e ambientali realizzate da Finmeccanica nel 2008. La grande sfida è trasformarlo in uno strumento di gestione aziendale vero e proprio».

Un segnale evidente che ormai gli asset intangibili sono tanto importanti quanto quelli tangibili. Le ragioni? «La risposta - ha dichiarato Davide Dal Maso - è nei comportamenti quotidiani di ciascuno di noi e nel fatto che l’opinione pubblica esprime istanze nuove che inevitabilmente spingono a miglioramenti. Questo perché gli stakeholder hanno preso coscienza del loro ruolo e hanno imparato a reclamare i propri diritti. Diritti che le imprese hanno il dovere di riconoscere. Ecco allora l’importanza che assumono documenti come i rapporti o i bilanci di sostenibilità poiché sono il rendiconto e in un certo senso la promessa che alcuni elementi sono stati rispettati».

Secondo Alessandro Beda nei prossimi anni la sostenibilità, che di recente ha subito una forte evoluzione in diversi settori, sarà soprattutto ambientale e di mercato. «Siamo alla vigilia dell’entrata di 2 miliardi di consumatori in un panorama che ne conta già 6 miliardi. Ciò comporterà non solo una rivoluzione, ma indica che la vera sfida per le imprese di domani sarà nel fare proprio il principio “do more with less”, ovvero nella capacità di saper conciliare la crescita del numero dei consumatori con la diminuzione delle materie prime».