«La cronaca di una partita comincia sempre dal verde del prato e dall’azzurro del cielo». Darwin Pastorin, una delle firme più prestigiose del giornalismo sportivo italiano, non ha dimenticato la lezione di uno dei suoi maestri, Vladimiro Caminiti, e in occasione della cerimonia conclusiva della Winter School in Ideazione e produzione di programmi televisivi sullo sport ha voluto ricordarla ai giovani che con entusiasmo si affacciano alla professione.

Momento clou dell’atto finale del corso è stato il dibattito “Il racconto dello sport tra tradizione e innovazione” a cui hanno preso parte alcuni giornalisti-docenti. Oltre a Pastorin hanno partecipato all’evento anche Massimo Corcione, direttore di Sky Sport 24, Gigi Garanzini, conduttore della trasmissione ‘A tempo di sport’ su Radio24 e Giorgio Simonelli, direttore scientifico della Winter School.

«Questo incontro - ha sottolineato Simonelli – avviene perché per la prima volta ci siamo imbattuti in studenti che pur seguendo con passione l’attività pratica hanno preferito le lezioni teoriche tanto da richiederne un supplemento che abbiamo deciso di soddisfare durante la cerimonia conclusiva della Winter School».

«Per quel che riguarda il racconto dell’evento sportivo – ha proseguito Simonelli – devo confessare che provo una certa nostalgia per i tempi andati, per il calcio di Nereo Rocco e dei primi brasiliani, altri tempi, decisamente più affascinanti. Confesso però – ha concluso – che il dramma sportivo andato in scena all’Olimpico in occasione della sconfitta della Roma contro la Sampdoria mi ha colpito: le lacrime di Mexes, l’abbraccio fra Totti e Cassano. E’ stato toccante».

Gigi Garanzini ha invece analizzato i principali elementi del giornalismo sportivo che si può suddividere in due campi: la cronaca dell’evento e il racconto del personaggio. «Per quanto riguarda l’evento è fondamentale considerare il mezzo attraverso il quale stiamo comunicando. Televisione, radio e carta stampata presuppongono un approccio alla partita completamente diverso. Nel primo caso occorre privilegiare le immagini anche se non dobbiamo esserne schiavi. Se invece stiamo facendo la radiocronaca di una partita di calcio non dobbiamo cadere nell’errore di voler raccontare il match azione per azione. E’ un modello che funzionava in passato perché si giocava un calcio decisamente più lento. Farlo oggi è impossibile. Se invece si tratta di scrivere un articolo per un giornale dobbiamo dare per scontato che il lettore sappia già tutto della partita. E' questo il momento in cui dare libero sfogo alla creatività, allo stile, cercando di trasmettere al lettore non solo un'analisi della partiita che vada oltre la mera cronaca ma anche emozioni e stati d'animo».

«Nel racconto dell'evento sportivo le partite non sono più due eventi singoli che fanno storia a sé – ha sottolineato Massimo Corcione - ma due parti del medesimo racconto. A tal proposito vorrei ricordare un episodio significativo. Tempo fa avevamo realizzato un'intervista all'attaccante dell'Inter Diego Milito. Un lavoro ben fatto che abbia continuato a riproporre sui nostri canali. Ebbene, non chiedetemi perché ma il picco d'ascolto di quel servizio è stato raggiunto al trentesimo passaggio a tre mesi di distanza dalla prima messa in onda. Tutto questo non può non far riflettere».

Darwin Pastorin, grande appassionato del lato romantico del calcio, ha poi ricordato che ci sono tanti modi diversi per descrivere il mondo dello sport. Un esempio? Raccontare discipline poco conosciute, quasi folkloristiche. Come la pallapugno: «Lavoravo a una trasmissione che si chiamava Sky racconta e ci venne in mente questa idea un po' assurda e rischiosa. Raccontammo questo sport, che si pratica principalmente nelle Langhe e in Liguria, coinvolgendo il compianto Nico Orengo in un viaggio in treno per queste terre. Le parole per il documentario invece le prendemmo in prestito dai grandi della letteratura che scrissero di questo sport: Arpino, Fenoglio, Pavese...».

Il dibattito si è poi concluso con una riflessione sul futuro dei giornali sportivi che con l’avvento delle tv hanno dovuto rimettere completamente in discussione i loro obiettivi. Una delle strade possibili, peraltro percorsa con ottimi risultati in Inghilterra, è quella del racconto approfondito, della curiosità, con un approccio anche storico-letterario al mondo dello sport. «E’ un’ipotesi affascinante - ammette Pastorin - ma per farlo ci vuole un pubblico che apprezzi un simile tentativo e non credo che quello italiano sia pronto».