Quanto l’identità religiosa cristiana ha influito sulla formazione delle coscienze occidentali, non solo dei religiosi e del clero, ma anche dei laici? La domanda è stata al centro del confronto tra storici di tutta Europa nel primo appuntamento di studio della nuova serie delle Settimane della Mendola. Il tema dell’identità è oggi dibattuto non solo dalla psicologia e dalla sociologia, ma anche dalla storia e dalla storia delle religioni. Essa non è qualcosa di dato, che ciascuno deve scoprire dentro di sé, ma è un processo che si costruisce momento per momento, in modo flessibile e articolato, in un costante interscambio con la realtà che ci circonda, come hanno convenuto tutti i relatori.

In primo luogo questo processo presume una immediata distinzione fra l’uno e i molti: non si può essere se stessi se non distinguendosi dagli altri. Tale distinzione implica sempre il confronto: in cosa divergo, come mi distinguo, dove mi separo e sino a che punto può valere la separazione? D’altra parte, il messaggio religioso cristiano tende a unificare, a ridurre all’unità: come è possibile essere cristiani e diversificarsi dai fratelli? Il medioevo ha conosciuto una prima distinzione tra i cristiani, pur nell’unità: quella evangelica dell’impegno di Marta e di Maria, tra vita contemplativa e vita attiva nel mondo e nel sociale verso chi ha bisogno. Dualismo di impegno tra diversi, tra chi contempla e chi opera.

Un esempio importante di questa dinamica di costruzione dell’identità è dato dagli ordini religiosi medievali: gli ordines non costituirono il terreno di monoculture identitarie statiche, ma al contrario furono lo spazio aperto per continue sperimentazioni di sovrapposizione e di distinzione, di composizione e di scomposizione di identità multiple ed eterogenee, con un costante trasferimento di funzioni, sistemi simbolici e patrimoni di valori dall’uno all’altro ordo.

Ma non poteva bastare. Con lo sviluppo dei commerci nacque una terza esigenza sollecitata da una civiltà fondata sulla circolazione della moneta: quella di ricercare la povertà vissuta non come una sciagura, ma come un valore. E non solo la povertà personale, ma anche quella del gruppo, collettiva, che era intesa come la somma delle comuni decisioni individuali. Una simile posizione, connessa a una identità di volontario rifiuto del denaro e del guadagno, pose ardui problemi morali alle tecniche finanziarie e ai sistemi di commercio del denaro e degli oggetti. Ci si chiese se un mercante potesse vendere a un prezzo maggiorato ciò che aveva comperato a un prezzo inferiore. E se fosse moralmente accettabile esigere interesse dal denaro prestato.

Inoltre nel campo sociale le questioni non erano meno gravi: i chierici, che agivano nel campo del sacro, si posero il problema del come distinguersi dai laici. E si domandarono se la distinzione dovesse essere realizzata con l’abito. Ma quest’ultimo era solo un segno esteriore, e pertanto emerse la questione del rapporto tra il segno esterno e la situazione interiore del chierico. In altre parole se al segno dell’abito corrispondesse una vera realtà sacrale. Cristo aveva detto che dalle opere erano riconoscibili i veri profeti; per questo chierici e laici potevano identificarsi nell’impegno concreto delle opere di misericordia verso il prossimo, nella povertà, nella preghiera, nell’impegno di studio, ma anche nel duro e pericoloso lavoro di difesa dell’occidente. Va inoltre sottolineato che l’identità dei cristiani si trova in modo peculiare nella vita sacramentale, ove oggi esiste la netta distinzione tra chi ha ricevuto il sacramento dell’ordine e chi ha acquisito quello del matrimonio.

La civiltà medievale attinse proprio alla religiosità, alle sue pratiche, ai suoi linguaggi e alle sue risorse simboliche per definire e rappresentare se stessa, dando origine a una sintesi assolutamente originale. Questo messaggio e questi sforzi di adeguazione del proprio ideale religioso alla realtà concreta della vita quotidiana gli uomini del Medioevo hanno lasciato agli eredi dell’età moderna e contemporanea e per questo non è giusto oggi escluderli dalle radici dell’Europa.