Una decisione scandalosa. Così la Milano “bene” di inizio ‘900 giudicò la decisione di farsi frate di Edoardo Gemelli. I giornali del tempo parlarono addirittura del suicidio di un’intelligenza, come ha ricordato il convegno organizzato all’Università Cattolica lo scorso 12 maggio, a chiusura delle iniziative dedicate al fondatore, nel cinquantenario dalla morte.

Nato a Milano nel 1878 da una famiglia di commercianti borghesi, Edoardo Gemelli grazie agli sforzi economici dei genitori riesce ad avere una formazione culturale molto elevata a stretto contatto con gli ambienti meneghini. Negli anni dell’adolescenza infatti studia al liceo classico Parini, un lusso che solo pochi potevano permettersi e dopo il diploma è studente all’Università di Pavia nella facoltà Medicina dove nelle aule accademiche consolida le idee positiviste e anticlericali. Dopo la laurea intraprende i primi, apprezzatissimi, studi d’avanguardia sulla psicologia umana, diventando uno dei primi studiosi in Italia. Ma è nel periodo del servizio militare svolto presso l’ospedale di Sant’Ambrogio a prendere la decisione che cambia la sua vita. L’incontro nelle corsie con Ludovico Necchi e con padre Arcangelo Mazzotti ha un grande influsso: prima si converte e poi nel 1903 decide di entrare nel convento dei francescani a Rezzato (Bs) dove viene ordinato sacerdote col nome di Agostino cinque anni più tardi. Come racconta Daniele Bardelli, docente di Storia dell’Italia contemporanea «quando Gemelli annuncia la sua conversione e poi la sua decisione di entrare in convento, porta lo scandalo negli ambienti accademici, politici e in ambito familiare». Gemelli nei primi anni del ‘900 era già uno stimato scienziato ma la sua conversione strideva con la concezione dello studioso orientato alla sola verità scientifica. «Negli ambienti culturali ci si chiedeva come potesse un uomo di scienza entrare in convento e rinunciare così al traguardo del progresso. La risposta è stata la fondazione dell’Università Cattolica, dimostrazione che non c’è contraddizione fra lo scienziato e il cattolico».

È tutta la Milano di quegli anni, che racchiude diverse anime, economica, laica, metropolita, a interrogarsi sulle scelte di uno dei personaggi più illustri. «La città in quel periodo – afferma Massimiliano Finazzer Flory (nella foto) assessore alla cultura del comune di Milano – non aveva capito la scelta: Gemelli era passato da scienziato apprezzato a uomo incompreso per la sua scelta». Il cambiamento infatti è stato colto solo quando, con la fondazione di un’istituzione cattolica, ha dimostrato che i principi della scienza non potevano essere fini a sé stessi ma potevano dialogare con la fede. Non stupisce però che la città abbia in principio compreso poco questa mossa. «La Milano dell’epoca - continua Stefano Baia Curoni, docente di Arte e cultura presso l’Università Bocconi – è quella che nel 1898 vede il generale Beccaris sparare sulla folla di manifestanti. È questa la città in cui vive Gemelli, un luogo dove è difficile trovare delle risposte adeguate». Ma Gemelli, fondando l’Università Cattolica, è stato un generatore di speranza nel mondo accademico – ha concluso Bardelli – e ha aperto la strada a una ricerca scientifica che potesse essere condivisa anche dal cattolicesimo moderno.