Libri in prestitoQuando si dice rete, oggi si intende la possibilità di trovare immediatamente le informazioni che servono. Ma domani? Il problema non tocca più di tanto gli utenti attuali dei servizi che il web offre: sul pc di casa, dalla banda larga alla web tv; sul videofonino, dai servizi di informazione ai sistemi Gps, moderna bussola per orientarsi sempre e dovunque; su qualsivoglia supporto connesso alla grande rete, per consultare l’oracolo di Wikipedia o per comunicare ai propri contatti le emozioni dell’ultimo minuto attraverso uno dei tanti social network frequentati dai Vip e dai Nip (Not important persons).

Tutti usi che danno la sensazione che il sapere, alto o basso che sia, sia sempre immediatamente a disposizione, come se il web fosse la borsa delle meraviglie di Mary Poppins. Ma le cose non stanno così, soprattutto nel campo scientifico, come sa bene chi di mestiere deve pensare a come rendere disponibile la conoscenza che produciamo oggi anche alle generazioni di domani: i bibliotecari. Persone che sono cresciute alla scuola di chi ha permesso di conservare il sapere contenuto nei diversi supporti su cui l’umanità ha impresso la scrittura, da circa 6.000 anni a questa parte: dalle tavolette sumeriche alle pergamene, dai manoscritti ai libri a stampa.

Screen-shot dal sito della BibliotecaFinora la biblioteca ha svolto bene questa missione, perché nel tempo si sono sviluppate una cultura e una scienza della conservazione. Ma adesso deve misurarsi con un problema epocale, forse una grande svolta: come garantire la durata nel tempo di un patrimonio di conoscenza che in larga parte non viaggia più attraverso i libri, ma sempre più in documenti e meta-dati “web based”? Come archiviare pubblicazioni scientifiche e non, per le quali l’edizione elettronica diventa quella di riferimento anche per il futuro o è addirittura l’unico formato in cui viene prodotta?

Lockss

Tra le risposte più quotate a livello mondiale, due vedono l’Università Cattolica in prima linea con la sua biblioteca. Il primo passaggio è stato ideato poco più di dieci anni fa, ma è diventato attivo solo nel 2004. L’ateneo del Sacro Cuore l’ha adottato nel 2006, grazie ai legami di lunga data con la Stanford University, vera anima del progetto. Il suo nome è Lockss, un acronimo che sta per Lots of Copies Keep Stuff Safe. In sostanza, come spiega Ellis Sada, direttrice della Biblioteca della sede milanese, si tratta di una comunità internazionale di biblioteche che, autorizzate dagli editori, sono in grado di archiviare localmente e preservare proprie copie dei contenuti digitali pubblicati sul web, partendo dall’assunto che nessuna biblioteca può farsi carico da sola di garantire l’accessibilità alle generazioni future dei contenuti digitali. Gli archivi della community si parlano tra loro in modo da confrontare l’integrità delle copie archiviate, ripristinandole quando sono danneggiate o cancellate. «Per far questo occorre dotarsi di un Lockss box – afferma la direttrice -, installando su un proprio server un software open source fornito da Stanford. Il box raccoglie i contenuti digitali, archiviandoli nel formato e nel contesto in cui si trovano sul sito web dell’editore con cui è stato stipulato un accordo». Gli utenti avranno accesso, a seconda dei casi, al contenuto presente sul sito dell’editore o alla copia preservata in locale nel caso in cui, ad esempio, il content provider sia fallito o non sia temporaneamente accessibile per problemi tecnici, oppure quando la biblioteca non abbia rinnovato la sottoscrizione ma mantiene il diritto di accedere alle annate per cui ha pagato (il cosiddetto accesso “post termination”). La leggibilità è garantita nel tempo attraverso migrazioni dei formati.

ClockssA questo approccio cooperativo tra le biblioteche, se ne aggiunge ora uno che coinvolge più direttamente anche gli editori. Il progetto è un’evoluzione, sempre open source, del precedente e serve a rendere disponibile il materiale archiviato in occasione di particolari situazioni  di emergenza, che nel gergo specialistico vengono chiamati “trigger events”, “eventi scatenanti” in italiano: l’uscita dal mercato di un editore, l’indisponibilità di un titolo o di numeri arretrati non più forniti, ma anche eventi catastrofici, di origine tecnologica o naturale, che producono danni irreversibili. Clockss (Controlled Lockss) si configura come un “dark archive”, un archivio nascosto perché non accessibile al pubblico, costituito da 12 nodi geografici distribuiti nelle principali biblioteche di ricerca. L’Università Cattolica è il primo di questi punti nell’Europa continentale, il secondo dell’intero continente dopo quello di Edimburgo. «Un obiettivo notevole per il nostro ateneo – afferma Ellis Sada -, che ci ha visti riconosciuti anni di professionalità. Siamo entrati in un network internazionale che è all’avanguardia nella gestione dei materiali web based. Anche questa è una delle sfide vinte nel processo di internazionalizzazione della Cattolica».

Il nuovo banco di distribuzione della biblioteca di MilanoI vantaggi sono duplici: per le biblioteche perché riescono a svolgere la loro funzione di conservare il sapere per le future generazioni di ricercatori, anche per i nuovi contenuti elettronici di tutto il mondo; per gli editori, perché possono collocare i loro titoli in un archivio nascosto sicuro, senza dover sostenere i costi proibitivi di un sistema di conservazione in proprio. Solo l’anno scorso si sono verificate tre situazioni di emergenza e Clockss è intervenuto rendendo possibile l’accesso a contenuti che altrimenti si sarebbe rischiato di perdere irreversibilmente. «Il politico – diceva De Gasperi – pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni». Una massima che potremmo applicare anche al bibliotecario, che non deflette dalla missione di conservare e tramandare il sapere a chi verrà domani.