Nuove regole e salde istituzioni per un maggiore controllo nel mercato finanziario in preda a una delle peggiori crisi mondiali. Una regolamentazione da concordare ed effettuare con l’aiuto dello Stato perché, facendo il verso alla teoria reaganiana, «il governo non è né il problema né la soluzione, ma è un partner vitale per il settore privato e per la stabilità economica del Paese». È questa la strada della “riforma” indicata da Mordecai Kurz, professore di Economia alla Stanford University, già consigliere economico presso la Banca Mondiale e la Commissione presidenziale per le politiche pensionistiche di Washington, che lo scorso 7 maggio, su invito dell’Altis, ha tenuto una lezione sul tema: The Role of Accountability in the Crisis: Lessons for Reform. Un incontro nel corso del quale ha individuato e analizzato le cause principali che dal suo punto di vista hanno portato alla crisi, con l’obiettivo di capire quali insegnamenti si possono trarre dal fallimento della banca d’investimenti Lehman Brothers o dalla nazionalizzazione del colosso assicurativo Aig per evitare di ricadere negli stessi errori. Il seminario del docente di Stanford rientra in un ciclo di conferenze dedicato al tema della crisi finanziaria dal titolo Beyond the Crisis: Sustainable Globalization, partito lo scorso 4 maggio e promosso dall’Alta Scuola Impresa e Società (Altis) dell’Università Cattolica di Milano. Insieme a Kurz hanno partecipato all’evento Mario Molteni, direttore di Altis e docente di Economia aziendale e Corporate strategy, Maurizio Motolese, docente di Politica economica, e Massimo Mucchetti, cronista economico del Corriere della sera (nella foto sotto).

Quali sono stati i fattori all’origine della crisi globale? Secondo l’economista statunitense una delle maggiori cause è stato il livello elevato di debito da finanziare. In particolare, vi è stata un’eccessiva erogazione di debito legato alle aspettative di guadagno sulla cessione di credito per l’acquisto di servizi, come la casa. Aspettative del settore investment banking che col tempo si sono rivelate del tutto errate. Intanto, la crescita dei salari era più lenta di quella del debito. È bastato poi che crollassero i prezzi delle case - che in alcuni stati ha toccato la soglia del 50% - per determinare il fallimento di un sistema economico esclusivamente basato sull’indebitamento delle famiglie. Tuttavia non si è trattato di uno shock di tipo esogeno, ha osservato l’economista statunitense. Piuttosto, gli elementi scatenanti vanno ricercati nei comportamenti individuali dei singoli operatori.


Ecco allora che bisogna chiedersi quale ruolo abbia giocato nella recessione economica l’accountability, la responsabilità manageriale nei confronti degli stakeholder. Ma soprattutto, ha continuato Kurz, bisogna ammettere che un mercato privo di regolamentazione non sempre funziona e non sempre può essere la soluzione migliore per creare sviluppo economico. Del resto, l’inadeguata classificazione del rischio fornita dalle agenzie di rating riflette bene i bassi standard di supervisione promossi dal tradizionale modello economico. Un’assenza di regole di cui hanno beneficiato soprattutto gli executive manager. Dal 1980 in poi le compensazioni del top management hanno subito un notevole incremento rispetto a quelle degli anni precedenti mettendo in moto una serie di instabilità all’interno del sistema economico. Squilibri che hanno avuto come effetto una limitata responsabilità dei manager nei confronti degli stakeholder. La conseguenza è stata una massimizzazione del profitto che non ha tenuto conto dell’interesse generale.


Di fronte a questo scenario, ha osservato l’economista, qualcuno ha parlato della fine della teoria del free market, del libero mercato. Si è innescato un dibattito sulla necessità o meno dell’intervento dello Stato per risanare le insolvenze della finanza, un intervento considerato per molti utile vista l’emergenza della situazione. Ma anche sull’urgenza di dare vita a una più solida regolamentazione del mercato, basata su sane istituzioni e nuove regole. Così Kurz ha delineato quelli che potrebbero essere gli aspetti su cui varrebbe la pena concentrarsi per dare il via a una riforma del sistema. Intanto, fare in modo che i broker abbiano una licenza, una sorta di patentino per effettuare la loro attività. Che vi sia, poi, una maggiore supervisione nella concessione di prestiti, un’estensione delle regole a tutte le tipologie di derivati, compresi i Cds (Credit default swap), e un’eliminazione degli individualismi. Più di ogni altra cosa, ha suggerito Kurz, occorre una maggiore trasparenza nei rapporti tra manager e stakeholders. Anzi, che siano gli stessi stakeholder a ratificare e mettere al voto lo stipendio del top management.