Se in Italia c’è crisi, non diamo la colpa all’euro. È questa l’analisi ferma e lucida del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi che ha presieduto il terzo seminario del ciclo Colloqui sull’Europa, iniziativa promossa dall’Istituto di Economia e Finanza di largo Gemelli per fare il punto sulle nuove sfide che, in tempi di vacche magre, l’Unione a 27 è chiamata ad affrontare.

Se si volesse indagare sull’origine degli squilibri economici che interessano l’area della moneta unica, che piaccia o no, per Draghi non solo «la costruzione monetaria europea funziona» ma anche «l’euro non è in discussione». Sul banco d’accusa, piuttosto, «ci sono problemi legati alla finanza pubblica o alle banche». Vale a dire, la macroeconomia.

Da quando è in circolo, nel 2002, l’euro ha favorito la crescita economica dei Paesi (in totale 17) che l’hanno adottato. Nella zona euro, infatti, «tra il 1998 e il 2010, il valore complessivo delle esportazioni e delle importazioni di beni è passato dal 27% al 32% del Pil». Il commercio interno, però, non ha nemmeno rallentato quello con il resto del mondo, ricorda Draghi, che, al contrario, è aumentato dell’8%.

Non finiscono qui i benefici portati dalla nuova moneta. « Nei dodici anni di euro l’inflazione nell’area – spiega il governatore della Banca d’Italia – è stata, in media, appena sotto il 2% l’anno, pienamente in linea con la definizione di stabilità dei prezzi adottata dalla Banca centrale europea». E, in barba a tutti quelli che credono che la valuta comunitaria sia la causa della depressione italiana, nel nostro Paese «la crescita media annua dei prezzi al consumo si è ridotta di cinque punti rispetto al ventennio antecedente l’euro». In questo modo, «stabilità dei prezzi e bassi premi al rischio – osserva Draghi – ha portato a tassi di interesse, nominali e reali, abbastanza contenuti».

Ma ecco il punto che potrebbe inchiodare gli euroscettici dello Stivale. Grazie all’euro «la spesa media annua per pagamenti di interessi sul nostro debito pubblico è stata pari al 5,3% del Pil, contro l’11,5% della prima metà degli anni ’90 e il 7,5% degli anni ’80. Ancora oggi, nonostante le forti tensioni sui mercati dei titoli di Stato di alcuni paesi dell’area, i rendimenti sui titoli decennali italiani sono in linea con quelli medi registrati nell’ultimo decennio». Se questo è il quadro, allora è proprio vero che «senza l’Unione il semplice coordinamento di decisioni nazionali non avrebbe prodotto risultati altrettanto rapidi ed efficaci. Alcuni paesi, incluso il nostro, potevano essere travolti dalla crisi, insieme ad altri, poteva essere travolto dalla crisi».

Alla base della particolare situazione economica italiana, c’è ben altro. «Il problema – rileva Draghi - è la difficoltà strutturale a crescere». Chi deve intervenire? Per Draghi, il governo nazionale, «mettendo in campo interventi che sostengano strutturalmente la crescita, riducendo al tempo stesso l’incidenza del debito pubblico». Di qui la necessità, per non compromettere l’obiettivo di crescita, di non aumentare le aliquote fiscali, sottoponendo i contribuenti onesti a una insopportabile vessazione. «Le aliquote – precisa Draghi – andrebbero piuttosto diminuite, man mano che si recuperino evasione ed elusione». A questo punto, avverte il governatore, è necessario «un controllo selettivo della spesa» e - misura non meno stringente - «una valutazione capillare degli effetti macroeconomici delle voci di spesa».

Per risalire la china, l’impegno delle sovranità nazionali è fuori discussione. Anzi, «aumentare il potenziale di crescita dell’economia, consolidare il bilancio pubblico: queste sono innanzitutto priorità nazionali», per Draghi. Il nuovo Patto per l’euro, che prevede un’intensificazione del monitoraggio dei bilanci e tempestive sanzioni monetarie in caso di inadempimento, non può che essere d’aiuto. Insomma, le regole europee, seppure perfettibili, sono state e sono tuttora un nobile toccasana, da cui non è più possibile prescindere.

L’euro era ed è «un progetto politico coraggioso e lungimirante». La sua eccezionalità, conclude Draghi, lungi dal risolversi sul piano economico, risiede nella capacità di garantire rapporti di pace tra Stati che per millenni si sono fatti la guerra. Perché, rispondendo alle domande degli studenti della Cattolica, «non c’è altra strada, se non la cooperazione internazionale» per superare i grandi traumi.

Testo integrale dell'intervento del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (PDF) ( KB)