NEGLI ULTIMI ANNI, il tema dell’identità italiana è stata al centro di molte discussioni: basta pensare ai 50 volumi dedicati dal Muli - no a questo tema. Eppure, a questo dibattito manca ancora qualcosa. È fondato e persino divertente sostenere che la pizza, la mamma, le Alpi e la Sicilia, la Fiat e Maria Montessori - per citare solo alcuni titoli di questa collana - sono elementi dell’identità italiana. Ma non basta per capire che cosa ha fuso e continua a fondere tra di loro tali elementi. Renan ha scritto che ogni nazione è “il plebiscito di ogni giorno” scaturisce, cioè, e resta in vita perché una volontà collettiva l’alimenta quotidianamente.
Non facile definire i modi e le forme in cui tale identità si manifesta. Ma nel clima che - inaspettatamente - abbiamo respirato il 17 marzo nelle città italiane ci ha mostrato che l’Italia è (ancora) viva, a dispetto di tanti annunci prematuri della sua fine. C’ è qualcosa, cioè, che continua a tenere insieme la pizza e la mamma, le Alpi e la Sicilia, la Fiat e Maria Montessori e tante altre cose ancora più importanti. È per questo che converrebbe rivisitare senza retorica ma con maggiore attenzione il Risorgimento italiano. Nel periodo tra il 1815 e il 1861, infatti, qualcuno ha fuso i diversi elementi dell’ identità italiana - anche se mancavano ancora la Fiat e Maria Montessori - plasmando un nuovo sentimento collettivo, il sentimento patriottico.
Non è stata una fiammata emotiva destinata a spegnersi rapidamente, ma una costruzione culturale, artistica, poetica capace di ispirare un nuovo corso politico, di mobilitare tanti giovani fino al sacrificio di se stessi, di creare un nuovo Stato. È il cosiddetto discorso risorgimentale, una di quelle creazioni culturali che secondo qualcuno non servono a niente e, soprattutto, non danno da mangiare. Chi lo sostiene, però, non ha capito nulla della civiltà italiana - e forse anche delle altre civiltà - perché proprio questa costruzione culturale ha prodotto, a valanga, conseguenze che durano fino ad oggi. Possono non piacere, naturalmente, tanti aspetti del Risorgimento. Ma coloro che oggi lo criticano, sarebbero capaci di fare qualcosa di storicamente altrettanto rilevante?