Il Gemelli francescano e il francescanesimo di padre Gemelli. Sono le coordinate attorno a cui si è dipanato il convegno che ha aperto le iniziative dell’Università Cattolica per ricordare i cinquant’anni dalla morte del suo fondatore. Al tavolo dei relatori, coordinati dal cappellano della Cattolica padre Luigi Cavagna, altri quattro suoi confratelli francescani: padre Francesco Bravi, vicario generale che ha letto il messaggio del ministro generale dell’Ordine, il ministro della provincia lombarda padre Roberto Ferrari, gli studiosi di Gemelli, padre Cesare Vaiani e padre Massimo Fusarelli, e l’ex preside della facoltà di Lettere e filosofia della Cattolica, padre Francesco Mattesini (nella foto a lato un'immagine di padre Gemelli. Sotto il tavolo dei relatori. In basso foto di gruppo per i frati minori presenti in aula Pio XI).

francescanesimo_tavolo«Francescani si nasce»: sono le parole di padre Gemelli che, come ha ricordato padre Vaiani, dimostrano l’adesione quasi viscerale ed esistenziale del padre all’ordine di san Francesco. Un uomo divenuto francescano fin nel midollo delle ossa, come ha richiamato padre Fusarelli, citando Ezio Franceschini. Una persona che nei tre elementi chiave della sua vita, la conversione, la vocazione e la missione, seppe lasciarsi incantare da Francesco, sia nella integrazione profonda tra fede e vita, sia nella parola franca e schietta. Fu poi lo stesso Gemelli, divenuto seguace del Poverello di Assisi, a coniare, in un suo libro del 1932, il termine “francescanesimo”, per indicare una specie di weltangschaung, una visione del mondo e la sua declinazione nel tempo moderno. Secondo padre Vaiani le due idee forza di questa visione furono il cristocentrismo mutuato da due grandi pensatori francescani come san Bonaventura e Giovanni Duns Scoto, e la regalità di Cristo nell’universo, come passaggio immediatamente conseguente. Una prospettiva che in Gemelli si traduce in un altro tema a lui molto caro e molto francescano, quello dell’azione. Nel «lavorare sino a crepare» del fondatore della Cattolica si manifestava una visione della teologia come scientia practica più che speculativa, una sapientia che si rendeva visibile nella sursum actio di san Bonaventura, cioè nell’azione elevante che conduce verso l’alto. «Ogni cristiano operoso – diceva Gemelli – sursum agit». È l’idea di un’azione che è essa stessa preghiera.

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 Padre Mattesini ebbe modo di vedere sul corpo anziano del fondatore della Cattolica i segni di questa azione instancabile. Lo incontrò, giovani studente dell’ateneo, nel 1953, quando «era già un rudere, avanti negli anni, percosso dalla fatica e dal dolore»: piegato dalle conseguenze del terribile incidente del 1940, non girava più negli ambulacri dell’Università con quel suo «pellegrinaggio d’amore verso i suoi alunni di questo opus magnus». «Studia e prega», disse a Mattesini e agli altri frati minori allievi dell’ateneo riuniti nel convento di Sant’Antonio in via Durini a Milano per il Natale del 1953. «E ricordate che studere è sinonimo di amare», aggiunse. «Non lo rividi più se non da lontano», ha concluso Mattesini che si laureò nel febbraio del 1958, poco più di un anno prima della morte del “Magnifico terrore” . «Lo incontrai solo agli “incontri del padre”, appuntamenti per i sacerdoti iscritti o docenti all’Università, dove cercava di comunicarci la sua visione del mondo». Anche lì, come sempre, emerse la sua originale sintesi francescana: l’adesione a una tradizione teologica antica che doveva incontrare le novità di un mondo moderno. Sempre nel nome di Cristo re dell’universo e signore della storia.