«I giovani hanno bisogno di vedere la legalità testimoniata da persone in carne ed ossa». Il professor Luciano Caimi ha usato queste parole per presentare lo scorso 2 dicembre don Luigi Ciotti, ospite del ciclo di incontri sull’Educazione alla Legalità, promossi dall’omonimo centro della sede bresciana. L’aula polifunzionale di via Trieste faticava a contenere il grande pubblico. Molti giovani non hanno esitato a sedersi per terra, curiosi e desiderosi di ascoltare le parole del sacerdote. Don Ciotti è da anni impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, dal 1995 è fondatore di Libera, una rete che unisce 1.600 associazioni in tutta Italia che cercano di contrastare la mafia. È arrivato con la sua scorta che da anni lo accompagna per proteggerlo dalle minacce di morte pronunciate dai mafiosi.

A coordinare l’incontro “Legalità: la parola ai giovani” è stato don Fabio Corazzina, che ha aperto il dialogo soffermandosi sulla legalità nella città di Brescia. La mafia non è più un cancro del Sud, ormai colpisce tutto il nostro paese. Solo a Brescia negli ultimi anni sono stati confiscati e sequestrati alla mafia decine di beni. La schiavitù e la schiavizzazione delle persone non sembrano arrestarsi. In città la prostituzione è in continua crescita e, accanto a essa, anche i finti contratti di lavoro e il commercio di armi. C’è bisogno di uomini, politici che facciano buone leggi. Le leggi sono fatte per gli uomini, non viceversa. Dobbiamo quindi domandarci che uomini vogliamo costruire.

Dopo la breve introduzione, don Corazzina ha rivolto a don Ciotti alcune domande prendendo spunto da un’intervista che il grande giornalista Enzo Biagi gli aveva fatto anni prima. Al quesito, “Perché Luigi hai così tanti nemici?”, don Ciotti ha iniziato a raccontarsi al suo pubblico. È tornato indietro al 1993 quando Cosa Nostra ha iniziato ad attaccare la Chiesa, prima sacra e intoccabile. Il motivo era chiaro: l’istituzione aveva iniziato a interferire con il lavoro dei mafiosi. Questi ultimi le ordinarono di smettere la sua battaglia. Venticinque giorni dopo questa minaccia, don Puglisi fu ucciso, pochi mesi dopo toccò a don Peppino Diana. I mafiosi misero anche delle bombe a San Giovanni Laterano. Don Ciotti ha raccontato calmo ma con fermezza queste vicende e ha alzato la voce quando ha ribadito più volte il ruolo della chiesa contro la mafia: «Dove viene tolta la dignità delle persone noi dobbiamo intervenire». Ha ricordato poi Papa Giovanni Paolo II e il suo impegno contro la criminalità organizzata.

«Sono qui perché c’è un “noi”, non un “io” - ha continuato don Ciotti -; rappresento 1.600 associazioni d’Italia, tante piccole, grandi realtà». Per difendere la giustizia e sconfiggere il crimine, è fondamentale camminare insieme, «bisogna togliersi le etichette e lavorare insieme, non servono navigatori solitari, c’è bisogno di mettere insieme idee e forze». Don Fabio Corazzina ha poi chiesto di spiegare ai giovani perché la mafia ha paura di una cooperativa come Libera Terra in cui i giovani coltivano i terreni confiscati alla mafia. Don Luigi ha spiegato che per la mafia vedere sottratto un loro bene significa perdere potere e denaro e quindi costituisce una minaccia alla sua forza. Questa è la strada giusta, ha ribadito il sacerdote, non dimenticando di unire sempre le forze, con umiltà ma fiducia e determinazione perché la speranza oggi è la possibilità di offrire opportunità, lavoro.