Competenze linguistiche e desiderio di mettersi in gioco: sono le caratteristiche essenziali per chi lavora nelle imprese coinvolte nel processo di apertura ai mercati esteri. Lo scorso 6 maggio, al convegno "L’internazionalizzazione delle imprese bresciane: il valore delle competen­ze linguistiche, coordinato da Alessandra Lombardi, docente di Linguistica della lingua tedesca in Cattolica, è intervenuta Federica Scarpa, docente alla Scuola superiore per traduttori e interpreti di Trieste, testimone della rapida evoluzione dei diversi profili professionali richiesti dall’industria dei servizi linguistici. La figura tradizionale del traduttore si deve arricchire di un vasto corollario di capacità tecniche e comunicative, per offrire soluzioni linguistiche globali. Per questo, secondo la Scarpa, è necessaria una maggiore integrazione tra i contenuti della didattica e i requisiti del mercato.

La richiesta di personale qualificato interessa in particolar modo la provincia di Brescia, che è la terza in Italia per valore dell’import-export e conta 400 unità produttive all'estero con quasi 35 mila ad­detti. Il punto di vista delle imprese bresciane è stato portato da Gianfranco Tosini, responsabile del Centro studi dell’Associazione industriale bresciana (Aib), che si è soffermato sulle motivazioni del processo di internazionalizzazione: «precedere i concorrenti e seguire i clienti nei mercati internazionali; godere di minore pressione fiscale; accedere a nuove tecnologie e risorse a costi inferiori». Tosini ha indicato anche gli ostacoli da affrontare: problemi culturali, religiosi, comportamentali; inaffidabilità dei partner locali; vincoli normativi e burocratici del Paese ospitante; difficoltà della formazione della manodopera locale.

Durante il convegno sono intervenute due ex studentesse della Cattolica di Brescia, entrambe laureate alla facoltà di Scienze Linguistiche, responsabili degli uffici commerciali di aziende che hanno contatti con l’estero. L’impegno verso i mercati esteri, infatti, non si riduce alla sola presenza delle imprese su territorio straniero, ma inizia proprio dall’Italia. Silvia Moletta lavora come responsabile dell’ufficio export di un’azienda bresciana che opera in Germania e in Svizzera. Secondo Silvia l’azienda, utilizza le competenze comunicative e culturali dell’esperto linguistico, per adattare il proprio stile comunicativo a situazioni sempre differenti e personalizzare l’offerta in funzione dei bisogni espressi e latenti di quel mercato estero specifico, aumentando il valore percepito dall’interlocutore.

Anna Baydatska, grazie all’esperienza nell’ufficio commerciale estero di un’azienda mantovana nel settore tessile, attiva sui mercati di Russia, Ucraina, Kazakistan, spiega come non si possa mai scindere una lingua dalla cultura, dalla mentalità, dagli usi e le abitudini di chi la usa, con ovvie ripercussioni sull’operatività dell’impresa. La parola d’ordine sono curiosità e versatilità, doti necessarie per adattarsi alla cultura dei destinatari, senza dimenticare la propria.