aula magna sede bresciaLa passione è il segreto per riuscire in ciò che si fa. E l’amore per la matematica e la fisica è il filo conduttore delle lezioni-testimonianze proposte nell’aula magna della sede bresciana in occasione del quarantesimo compleanno della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. Correva l’anno 1971, quando nella giovanissima sede, partivano le prime lezioni di Matematica. Per ricordare questo lungo percorso, lo spazio della rievocazione è stato affidato a una rimpatriata di tutti gli “ex”, i laureati oggi inseriti nel mondo del lavoro, di cui abbiamo ascoltato le testimonianze in alcune video-interviste. Ma, nella giornata del Dies Academicus del 3 marzo scorso, a tre esperti è stato affidato il compito di raccontare il fascino di queste discipline.

Il primo a parlare in aula magna, dopo il discorso del rettore Lorenzo Ornaghi, è stato l’attuale preside della facoltà Alfredo Marzocchi, che ha cercato di far spiegare l’importante ruolo che la matematica riveste nella nostra vita. Un discorso divertente e divulgativo, in cui Marzocchi ha affrontato lo stereotipo del matematico mostrando una foto trovata su un sito di psicologia: un professore perso tra migliaia di formule che fluttuano su una lavagna. Sono proprio le formule il grande problema dei matematici ma ognuna di esse ha una coerenza e un significato. Per spiegarsi meglio, il professor Marzocchi ha mostrato un sms scritto in russo abbreviato, un po’ come il nostro “grz x il bel comple”. «Anche se abbreviato, il russo rimane sempre russo così come l’italiano rimane italiano e una formula rimane comunque formula anche se viene decodificata dopo averla calata in un contesto. La formula è un’identità vera sempre ed è proprio questo il significato delle affermazioni matematiche». «La matematica – ha aggiunto - ha sempre cercato di imitare il mondo reale anche laddove sia difficile, creando così un parallelismo tra la natura e la sua costruzione». Questa disciplina fa parte di noi, della nostra vita e del nostro universo e serve proprio a spiegare tutto ciò che ci circonda. Per questo «della matematica c’è bisogno a tutti i livelli».

La fisica è stata la protagonista del discorso del professor Giuseppe Nardelli, che ha cercato di spiegare al pubblico cosa sia il sapere esatto nella sua materia. Il professore di Fisica teorica della facoltà bresciana, ha letto due definizioni appartenenti a due dizionari, il Melzi e il Sabatini Coletti, la prima scritta circa settant’anni fa, la seconda molto recente. Il significato di “sapere esatto” in questo arco di tempo è cambiato: «In cinquant’anni la fisica ha assistito a una rivoluzione che da classica l’ha trasformata in quantistica». Fatta questa premessa, il professore ha iniziato a citare nomi illustri quali Karl Ernst Ludwig Planck, padre fondatore della meccanica quantistica, successivamente sviluppata da Heisenberg e Schrodinger verso gli anni venti del Novecento. Non poteva poi mancare il grande Einstein, a cui però «non piaceva che la fisica quantistica fosse probabilistica» tanto da ribadire che «Dio non gioca a dadi». Sarà un collega, il fisico Bohr, a rispondere a tono: «Come puoi dire tu a Dio cosa deve fare?». Con questa visione probabilistica, ha concluso il professor Nardelli, «una teoria non dovrà, non potrà dirci come stanno le cose ma usare metodi esatti e fornire previsioni».

È stato infine Giandomenico Boffi, docente di Algebra nella facoltà di Economia della Libera università degli Studi per l’innovazione e le organizzazioni (Luspio) di Roma a chiudere questa parabola scientifica. Il matematico, che da qualche tempo è impegnato a cercare di legare l’algebra ad alcune facoltà economiche d’Italia, si è soffermato sul ruolo della matematica e sulla sua efficacia e ha evidenziato che «gli oggetti matematici hanno natura controversa» e che «i numeri naturali sono la fonte di domande apparentemente innocue a cui a volte servono secoli per rispondere». Interessante il riferimento a “Scienza e Metodo” del matematico Henri Poincaré che, all’inizio del ventesimo secolo, si domanda come sia possibile che tante persone non capiscano la matematica, essendo la disciplina una sovrapposizione di sillogismi ordinati. Intrigante la domanda conclusiva di Boffi: in futuro si potranno sostituire i matematici con elaboratori elettronici? «Attenti – ha commentato ironicamente il professore - perché qui è in gioco lo stipendio di molte persone. La maggioranza degli studiosi risponde negativamente all’interrogativo, però ci sono alcuni matematici illustri che sono più possibilisti». In realtà già nel 1908 Poincaré aveva risposto così a una domanda simile: «Sarebbe vano cercare di sostituire con un procedimento meccanico la libera iniziativa del matematico?» Insomma, la risposta è “no, non è possibile”, rassicurando tutti coloro che hanno fatto di questa disciplina la loro vita. Resta un fatto: «Capire meglio la matematica – ha concluso raccogliendo il testimone dei due colleghi - getta luce sul fatto che si capisce meglio l’essere umano».