Luciano Onder e Margaret Mazzantini al Gemelli«Gli scrittori – quando sono bravi, almeno – sanno lenire le ferite dell’anima, così come i medici quelle del corpo. Ed entrambi hanno il dovere e il privilegio di occuparsi della vita umana nel suo complesso». È un compito assai impegnativo, quello che con assoluta convinzione si assume Margaret Mazzantini, dialogando con Luciano Onder nel corso dell’ottavo e ultimo incontro del primo ciclo “Il cielo nelle stanze”.

In un percorso articolato attraverso le pieghe della sua biografia artistica, scopriamo che l’autrice, dopo un periodo giovanile dedicato alla recitazione teatrale, ha sentito emergere sempre più chiaramente «la vocazione, fino a quel momento inespressa, alla scrittura», che infine ha avuto il sopravvento. «Il mestiere di attore costringe certamente a esporsi, ma è più che altro una questione di fisicità, mentre la scrittura implica il mettere in mostra la nostra stessa interiorità. È un gesto formidabile e creativo, che serve per svelarci con onestà e autenticità». Si tratta di uno svelamento di sé, che però si traduce in lingua: «Uno scrittore è innanzitutto la propria lingua. Il modo di esprimersi differenzia la narrazione di un racconto, dalla soap opera ad Anna Karenina».

L’ispirazione nasce dal proprio vissuto, per questo occorre osservare e ascoltare ciò che accade intorno. «Ma all’origine c’è anche sempre, se non una vera infelicità, almeno una sorta di percezione di incompletezza, una menomazione che viviamo e che ci chiede di essere affrontata. L’arte consiste nella decisione di uscire da un perimetro sicuro, per esplorare il reale più in profondità». Sono pure necessarie alcune buone letture: fra i testi preferiti dalla Mazzantini quelli di Ortese, Morante, Faulkner, Kureishi.

Oltre all’arte e alla scrittura – anzi, ad arricchirle – si rivelano fondamentali le relazioni familiari. Onder ricorda l’importanza per l’autrice della figura paterna (Carlo, studioso di storia e anch’egli scrittore, scomparso alcuni anni fa), ma soprattutto dei quattro figli e del marito. I primi sono «essenziali perché rappresentano una responsabilità tangibile e bellissima che áncora al mondo, contro il rischio di trovarsi chiusi in inespugnabili torri d’avorio»; il secondo, l’attore e regista Sergio Castellitto, «è il primo lettore, con cui c’è una piena consonanza artistica e culturale, oltre che affettiva».

Nell’evoluzione delle sue opere, Margaret Mazzantini disegna una traiettoria personalissima: con il suo primo romanzo, Il catino di zinco, racconta la storia della propria nonna, facendo ricorso a una lingua lirica e desueta, ed evocando un mondo passato nei ricordi tumultuosi di una donna che fu ardita ed esuberante, ma ora anziana e fragile. Arriva poi il grande successo di Non ti muovere, dovuto alla «forza della storia d’amore che lega un uomo come tanti, un uomo contemporaneo, a una donna in cui moltissime lettrici, pur di diversissime estrazioni sociali, si sono riconosciute». Venuto al mondo, invece, ha costituito la sfida più ardua: «È stato un romanzo intimo e durissimo da scrivere, in cui temi delicati come quello del desiderio di maternità e della sterilità si intrecciano con una dimensione storica che riprende lo scenario dimenticato della guerra balcanica dello scorso decennio». Si giunge così al più recente Nessuno si salva da solo, che mette in scena la fine dell’amore di una coppia giovane, e la disperata solitudine in cui ciò avviene: «In fondo il titolo stesso è un monito al mondo globale. Le nostre storie si incrociano, dobbiamo trarre da ciò l’energia per andare avanti». Infine, i prossimi lavori: «Sto terminando una piccola favola e la stesura di una sceneggiatura per un prossimo film con Sergio, tratto da Venuto al mondo».

Con Margaret Mazzantini si è concluso, lo scorso 9 giugno, il primo ciclo del progetto “Il cielo nelle stanze”’: promosso dalla Direzione del Policlinico “A. Gemelli” e dalle librerie Arion, ha consentito a degenti, familiari e visitatori dell’ospedale di incontrare alcuni fra i più importanti protagonisti del mondo della letteratura e della cultura italiana, e grazie al collegamento in diretta video dai reparti ha permesso anche a tutti i malati immobilizzati di assistere alle conversazioni. Considerato il successo dell’iniziativa, dopo la pausa estiva già si attende una nuova serie di appuntamenti.