Uno dei più famosi scatti di Steve McCurryOgni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta: fargli la guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo. Così si esprimeva Ryszard Kapuscinski parlando dell’incontro tra persone.

Delle tre possibilità, Steve McCurry ha scelto l’ultima: il dialogo. Senza dimenticare la curiosità.  Tutte caratteristiche che distinguono il fotoreporter che non smette di cercare l’essenza di ogni cosa dal fotografo che si accontenta di trovarne una qualsiasi. «Il mio desiderio – spiega McCurry, parlando agli studenti che hanno affollato l’Aula Magna di largo Gemelli per iniziativa dell’Aseri e dell'Almed – è stato sempre quello di esplorare, tra gli uomini, sia ciò che li accumuna, sia ciò che li differenzia». L’umanità, le speranze e le delusioni, la gioia di chi vive in contesti diversi, visitati da McCurry durante un viaggio lungo trent’anni. Dall’Afganistan all’India, dalla Birmania al Sud Africa, passando per l’Iraq e la Croazia, le culture si mescolano e si confondono nei ritratti di McCurry, nelle persone che lui ha visto e che abitano questi luoghi.

I loro sguardi sono il denominatore comune attraverso cui McCurry ferma la realtà. Quello profondo della ragazza afghana con il velo in testa, il viso scoperto, gli occhi grandi e verdi. Il bambino indiano o la ragazza di Los Angeles con gli occhiali abbassati, dallo sguardo che intriga.  Con la macchina fotografica, McCurry ha seguito le vicende ed i cambiamenti occorsi in tante parti del globo. In Afghanistan, per esempio. Il grande fotografo americano ha conosciuto il Paese dopo l’invasione sovietica, nel 1984. Ma le immagini di più grande forza e che meglio rendono, secondo McCurry, la complessità di quella cultura, sono quelle che ci restituiscono la storia del Paese negli ultimi dieci anni. Come le foto dei Buddha della valle di Bamiyan, sfigurate dalle granate dei talebani: immagini che hanno fatto il giro del mondo e che ha scattato proprio lui.

Paolo Dalla Sega, Steve McCurry e Vittorio Emanuele Parsi in aula magna«L’Afghanistan – spiega McCurry – è un Paese percorso da una commistione estrema tra estrema ricchezza ed estrema povertà».  Esattamente come l’India, un altro dei luoghi del mondo che McCurry ha percorso in lungo e in largo. Gli odierni disastri ambientali non sfuggono al suo obiettivo: un uomo in India cammina con l’acqua al collo dopo un monsone; un cigno nuota in un lago di petrolio. Nell’orizzonte immaginario di McCurry, lo sguardo si allarga alla diversità e alla trasgressione: in uno scatto a Los Angeles due uomini seduti a terra si baciano durante il gay pride. Meno comuni sono le immagini in cui il fotografo americano si fa suggestionare dall’acqua: c’è l’uomo che si immerge per un nuovo battesimo (è il rito del born again) in un lago negli Stati Uniti e, per contrasto, una folla mai vista che fa il bagno nel Gange,  guardando a Oriente. I temi che l’obiettivo di McCurry scopre sono sguardi universali. Per tutti, comuni a tutti, senza filtro.