«A Napoli, la città dove sono cresciuto, il confine tra bene e male non è sempre evidente: Inferno e Paradiso vivono a stretto contatto e valicare il limite tra l'uno e l'altro è più facile che altrove». Lo ha detto Franco Di Mare, giornalista e conduttore televisivo Rai nel presentare il suo nuovo romanzo "Il Paradiso dei diavoli" edito da Rizzoli. Il conduttore di Uno Mattina, ex inviato di guerra della Rai, ha dato vita insieme a Luciano Onder a un dialogo emozionante e pieno di ricordi della sua infanzia lo scorso 18 febbraio, ospite a "Il cielo nelle stanze", il ciclo di incontri letterari ideati e promossi dal Policlinico universitario "Agostino Gemelli" e dalle librerie Arion.

«Mentre le altre città hanno l'inferno in periferia, un termine che deriva da due parole greche e vuol dire "fuori del centro storico" - ha considerato Di Mare - Napoli ce l'ha nel suo cuore. Questo fa una differenza enorme, perché tutti i problemi relativi alle periferie urbane si ritrovano nel centro della città. A Napoli, il figlio dell'avvocato e del professore universitario crescono fianco a fianco con il figlio del delinquente e del contrabbandiere. Noi da ragazzini giocavamo tutti insieme, senza conoscere o capire quale fosse il confine tra bene e male, crescevamo in una "zona limite"».

Poi il giornalista ha delineato la figura del protagonista del romanzo, un brillante e giovane docente universitario che si lascia reclutare tra le fila della camorra, tradendo così i suoi ideali, se stesso e le sue speranze anche se alla fine, per lui, c'è una sorta di riscatto. Di Mare ha analizzato anche alcuni problemi di Napoli che "dipendono a volte dai napoletani stessi che continuano a comprare sigarette di contrabbando, a passare con il semaforo rosso, ad andare senza casco in motorino, a non osservare le norme. Scampia - ha detto il giornalista - è un quartiere pieno di persone perbene ma purtroppo in mano a pochi delinquenti che tengono in ostaggio migliaia di persone oneste. Una rinascita ci potrà essere se si riuscirà a tenere aperte anche di sera le scuole e le palestre. Una luce accesa è un faro nella notte per ragazzi che altrimenti potrebbero andare a delinquere".

Il giornalista ha considerato che i cambiamenti sociali hanno tempi lunghi. Lui stesso ha lasciato Napoli da giovane perché impaziente che le cose cambiassero in pochi anni : "non ho saputo aspettare" ha detto con una punta di rammarico.

"Il mio romanzo - ha concluso Di Mare - parla dell'eterna lotta tra bene e male in una città, Napoli, che possiamo definire "di confine". Ma è anche la mia storia d'amore nei confronti del ragazzino che sono stato, in una città che amo ma che a volte mi fa tanta rabbia e che allora vorrei ‘strangolare'".