Campo profughi al TiburtinoAssistenza sanitaria qualificata, dono di farmaci specifici e tanta umanità: si concretizza così l’intervento sociale e sanitario di un team di medici del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, sostenuti dalla Direzione Generale e dalla Direzione Sanitaria dell’ospedale, messo in atto a seguito dell’intensa diffusione della scabbia, infezione della pelle che si sviluppa in condizioni di scarsa igiene e che ha afflitto in questi giorni numerosi migranti e rifugiati giunti nella Capitale in condizioni di pericolo e forte disagio e attualmente in sosta nel campo attrezzato nei pressi della Stazione Tiburtina.

«È da tempo - racconta il dottor Rodolfo Capizzi, uno dei medici dermatologi volontari - che, insieme a studenti liceali e universitari dell’Opera Regina Apostolorum di Roma, consegniamo pane e viveri ai senza fissa dimora del quartiere di Ponte Mammolo. Appena è scoppiata l’ultima emergenza umanitaria abbiamo offerto, sensibilizzati da don Marco Fibbi, parroco della parrocchia di San Romano Martire al Tiburtino, il nostro sostegno e ci siamo subito accorti che, a causa delle pessime condizioni di igiene e sicurezza in cui vivono quotidianamente nei campi di passaggio, la scabbia si è rapidamente diffusa fra loro».

Quello che ha allarmato l’opinione pubblica è soprattutto la possibilità di contagio. «Si tratta di un’infezione banale - spiegano i dermatologi del Gemelli - anche se  molto fastidiosa e che può complicarsi se non trattata, ma si cura molto bene con l’applicazione di una semplice pomata e certamente non si trasmette con una stretta di mano. È però vero che le condizioni in cui versano i migranti favoriscono il contatto prolungato pelle-pelle e il non potersi detergere accuratamente e cambiarsi d’abito ogni giorno, favorisce la trasmissione del parassita Sarcoptes scabiei che provoca in queste persone, già molto provate dalle condizioni di navigazione e di sosta nel nostro Paese, un forte prurito quotidiano e costante».

Per realizzare questo intervento umanitario la Farmacia interna del Policlinico Gemelli, su input della Direzione Generale, ha reso disponibili circa 20 litri di farmaco (benzoato di benzene) sufficienti a curare fino a mille persone affette dall’infezione.

«Attualmente - proseguono i medici volontari del Gemelli - anche con l’intervento della Protezione Civile, la situazione, che non è certo un’epidemia all’interno delle comunità di migranti, è più sotto controllo. È certamente necessario mantenere costanti le condizioni di pulizia e igiene generale affinché la diffusione e il contagio non si ripetano. I farmaci che noi applichiamo uccidono uova e insetti, ma questi ultimi possono sopravvivere fino a una settimana sugli abiti, spesso gli stessi indossati dai migranti per molti giorni: per questo, a causa del contatto stretto e ripetuto,  i migranti si contagiano a vicenda e soffrono certamente molto a causa dell’intensità del fastidio dovuto all’infezione. Bene ha fatto nei giorni scorsi il Ministero della Salute a sottolineare che la scabbia è una patologia dermatologica banale e che basta una terapia a basso costo per curarla e guarirla, essendo sufficiente una sola dose di farmaco. Ma l’attenzione sulle condizioni di igiene e sicurezza socio-sanitaria nei campi sosta va mantenuta alta e costante».