Noi siamo quello che mangiamo. Uno slogan che mai come oggi risulta appropriato. La crisi economica sta infatti influenzando anche i consumi alimentari. Secondo l’Istat, rispetto all’anno scorso, le vendite del settore sono scese del 3,3% (cosa inconsueta per l’Italia). Dunque la gente risparmia sulla spesa, rischiando di alimentarsi in modo incompleto o addirittura malsano. Mentre invece l’alimentazione, come affermano da tempo medici, esperti e dietisti, dovrebbe essere lo strumento principale per la prevenzione, il controllo e la difesa della salute. Da queste premesse nasce Spendo bene, mangio meglio, una guida - promossa dall’Assessorato alla salute del Comune di Milano e realizzata dal Centro per lo studio della moda e della produzione culturale (Modacult) dell’Università Cattolica – che intende fornire una serie di informazioni di base che aiutino a nutrirsi bene, facendo una spesa equilibrata, a prezzi il più possibile contenuti.

La pubblicazione si articola in quattro capitoli: Per vivere meglio e più a lungo, Un’alimentazione equilibrata, Le strategie per risparmiare, Cosa mangiare e quanto spendere ed è stata elaborata da Paola Chessa Pietroboni di Modacult che ha redatto i testi insieme con Flavio Merlo e Antonella Gilardelli sempre di Modacult.
Sfogliando la guida, e leggendo i dati riportati, i comportamenti di acquisto appaiono molto diversificati per età, sesso, disponibilità economiche, tradizioni e non è possibile standardizzarli facilmente. Chiediamo dunque a Paola Chessa Pietroboni come e in che modo sono cambiati i consumi degli italiani.

Quando si parla di consumi agro-alimentari, bisogna tener presente anche le dinamiche demografiche e sociali in atto: forte invecchiamento della popolazione, cambiamenti nella composizione delle famiglie (superano ormai un quarto della popolazione quelle costituite da persone sole), aumento del numero delle donne che lavorano fuori casa, presenza consistente di immigrati di diversa provenienza, divaricazione della forbice dei redditi, che induce i meno abbienti a comprare prodotti di qualità inferiore. Tutto questo si riflette sulle abitudini alimentari favorendo per esempio il consumo di alimenti fuori casa, di cibi precotti e in monodose (più costosi), di cibi etnici (economici ma non sempre sicuri dal punto di vista igienico). Contemporaneamente aumenta la percentuale di chi soffre di patologie correlate con l’alimentazione, come l’aumento dell’obesità e la crescita delle allergie e delle intolleranze.

L’acquisto di prodotti etnici e biologici è da considerarsi solo una “moda,” una “tendenza” o si sta affermando tra i consumi abituali degli italiani? I prodotti etnici oggi giorno si diffondono non solo per la presenza degli immigrati ma anche perché costano in modo ragionevole, permettono di diversificare il menù quotidiano sulla tavola e inoltre incuriosiscono e ricordano, magari, viaggi e paesi lontani. I prodotti biologici invece, che giovano all’ambiente, ma non è provato che siano né più buoni né più sani, rappresentano un grande “business”, in particolare per il nostro Paese. L’Italia è infatti il primo produttore di cibi biologici in Europa e la Lombardia è al primo posto, rispetto tutte le altre regioni italiane, per numero di punti vendita specializzati.

A proposito di punti vendita, dove vanno abitualmente gli italiani a fare la spesa? Basandoci sul campione di 131 famiglie residenti in Milano, selezionate per varie tipologie di nucleo familiare, si può affermare che trasversamente a tutte le tipologia di famiglia la quota più consistente della spesa viene fatta al supermercato. Se si aggiungono gli ipermercati si supera sempre il 60% degli acquisti, arrivando fino all’86,6% per le persone sole con almeno un figlio minorenne. I single con più di 64 anni si fermano al 45,3% tra supermercato e ipermercato ma ricorrono, in percentuali molto più alte, ai discount. Ancora molto basse invece le percentuali relative agli acquisti fatti direttamente dal produttore.
Il negozio al dettaglio resiste, è molto frequentato soprattutto per l’acquisto di pane, gelati e dolci freschi, mentre al mercato viene comprata soprattutto frutta e verdura.