«Vi hanno definiti i nuovi Gino&Michele. E allora mi chiedo, dove hanno sbagliato?». Comincia nel segno dell'ironia e non poteva essere altrimenti, l'incontro dedicato a uno dei blog italiani più cliccati e premiati: Spinoza.it, primo appuntamento del ciclo di incontri Tracce Creative, promosso dal Centro di ricerca sui media e la comunicazione OssCom in collaborazione con TBWA\Italia. 

Autore della battuta, la prima di una lunga serie, Gianluca Neri, che con il suo MacchiaNera è uno dei blogger più celebri, e longevi, della blogosfera italiana. E' lui insieme a Luca Sofri, direttore de Il Post.it e autore anch'egli di un blog di lunga data, Wittgenstein, a serrare le fila del dibattito che ovviamente ha avuto due irresistibili protagonisti: Stefano Andreoli e Alessandro Bonino, creatori, amministratori, selezionatori e divulgatori del blog serissimo.

Un'avventura nata nel 2008: «All'indomani della vittoria di Berlusconi alle elezioni politiche - racconta Bonino - avvertendo un bisogno di satira attivo e non solo passivo abbiamo deciso di creare il Laboratorio permanente di satira. Un luogo dove ognuno può postare le proprie battute a patto di seguire qualche regola necessaria a salvaguardare la qualità dei post.
Ogni battuta - spiega Bonino - per poter essere presa in considerazione deve far riferimento a un fatto, a una notizia con tanto di link alla fonte. Un'altra nostra premura è quella di non scadere in tormentoni; per evitarli abbiamo creato una sezione apposita, costantemente aggiornata, dove scriviamo frasi, temi e personaggi abusati che non vogliamo sfruttare per le nostre battute».

Puntuale arriva poi anche la domanda più banale ma alla quale tuttavia nessuno finora ha saputo trovare una risposta universalmente accettata: se c'è, qual è il confine della satira? «Un limite non c'è - spiega Bonino - si può fare satira su tutto. Ogni battuta va bene, basta che faccia ridere. Buon gusto e decoro sono caratteristiche che non ci interessano. Anche perchè la sgradevolezza è un'arma ficcante, colpisce l'attenzione e dunque non è necessariamente un male. Poi è chiaro, valutiamo caso per caso, battuta per battuta».

Un sito come Spinoza, giocoforza, rischia spesso di rimanere intrappolato nelle maglie della censura. Tuttavia, per quanto possa sembrare un po' strano, vista la "cattiveria" delle battute i precedenti sono meno di quel che si potrebbe pensare. «L'unica battuta che ci è stata censurata da Facebook - racconta Stefano Andreoli - riguardava la fame nel mondo in Africa. Era una battuta cattiva, spiazzante, ed è suonata razzista agli amministratori del social network. Penso però che una battuta del genere permette di "aggredire" il problema e di affrontare un tema drammatico di cui si parla sempre troppo poco».

Vero e proprio fenomeno crossmediale Spinoza ha riscosso grande successo sul web ma anche su carta: i due libri di raccolte pubblicati stanno riscuotendo grande successo senza dimenticare le collaborazioni con testate come "Il Fatto Quotidiano" e il nuovo "Male" di Vauro e Vincino. E la tv? «Un tentativo è stato fatto - spiega Andreoli - ma non è andata troppo bene. L'esperimento è andato in onda su La7 nel corso della trasmissione Tetris condotta da Luca Telese. Il meccanismo era semplice: fare una selezione delle battute arrivate durante il programma sui contenuti dello stesso e leggere le migliori prima della sigla finale. Purtroppo la scelta delle battute doveva passare sotto la scure degli autori che, regolarmente, tagliavano quelle che noi reputavamo migliori e scegliendo quelle meno immediate. Un'esperienza decisamente deludente ma purtroppo la tv ha delle regole e dei ritmi che mal si adattano al nostro modo di fare satira».

L'esperimento, lontano dai rigidi ritmi del piccolo schermo, è stato riproposto "live" anche durante l'incontro in Cattolica. Basta poco: due prime pagine di quotidiano, un thread dove postare, una connessione internet e un mix di politicamente scorretto, ironia e originalità. Il pubblico in sala (ma non solo) non si è fatto attendere, le battute sono apparse a grappoli e le risate ne hanno certificato l'efficacia. La dimostrazione che una sana cattiveria satirica alberga in ognuno di noi. Ecco perché, in fondo, non possiamo non dirci "spinoziani".