Milano nel Settecento doveva essere un gran palcoscenico. Gabriele Vacis e Lucilla Giagnoni, in un’aula Magna illuminata non a caso solo da “lumi”, hanno provato a far rivivere le impressioni di un secolo che nasce sulla solidità dell’ancien regime ma, col passare degli anni, si sgretola lasciando spazio alle riforme. Una rappresentazione che fa emergere idee, ambienti, personaggi, e mette in evidenza la continuità e la discontinuità di questa epoca rispetto all’età barocca. Il Settecento è il tempo del trionfo del dramma in musica e del teatro professionistico tanto quanto del teatro aristocratico: e la città di Milano si erge a come luogo di energica vita intellettuale, di fermento e di apertura verso il mondo illuminista.

 

 

Gabriele Vacis, grazie alla forma del teatro-narrazione, si trasforma in un narratore-viaggiatore nello spazio e nel tempo e ci “fa vedere” i principali centri culturali della città: la Scala, il Duomo, il circolo dei Verri. Analizza il diritto, le istituzioni e le idee che hanno superato i confini della città e che hanno dato a Milano il primato culturale. Cos’era lo spettacolo nel Settecento? Era espressione delle arti, del teatro, della musica ma anche di altro. Anche l’esecuzione capitale era spettacolo: uno dei più popolari del secolo. Nella città dominata da Ferdinando d’Asburgo Lorena e da una giustizia dalle forme ancora medievali, in 430 furono giustiziati e impiccati: davanti a loro, tutto il popolo era riunito in piazza.

Verso la fine del Secolo, però, qualcosa comincia a cambiare. Si diffonde, superando ogni censura, “un libretto da 30 soldi” firmato da Cesare Beccaria. Dei delitti e delle pene rivoluziona il concetto stesso di pena: «Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio». Lo Stato non avrà più il diritto di uccidere. In quegli stessi anni, a Milano, giunge un altro personaggio, un nobile piemontese: Vittorio Alfieri. Arriva in città nel 1783 per far leggere le sue tragedie al Parini.

I due intellettuali sono quindi testimoni privilegiati del cambiamento che sta avvenendo a Milano. Pur trattando argomenti completamente diversi e pur avendo caratteri opposti, modificano l’idea stessa dello spettacolo del Settecento. Ma, senza dubbio, la più importante impresa teatrale del secolo è la fondazione del Teatro alla Scala. Nel 1778, sul sito di Santa Maria della Scala viene inaugurato il Teatro che sarebbe divenuto il tempio mondiale della lirica.

Per la Milano del Settecento il palco della Scala fu quello che per Parigi era il salotto: il punto di ritrovo tra mondanità e cultura, tra intellettuali e politici. Qui, tra un’opera e l’altra, il Parini dava in anteprima qualche assaggio dei suoi versi; qui i fratelli Verri e lo stesso Beccaria, scrivevano gli articoli per il Caffè, qui si discutevano le riforme, scoppiavano litigi e si spettegolava. Ecco perché Milano è ancora così fortemente attaccata al suo teatro: perché è parte della sua storia.