Economia, management, società e salute: questi i temi al centro del webinar "Gli Instant Report Altems e le 3 fasi del Covid: riflettere sul passato per guardare al futuro", trasmesso da tutti i profili Social dell’Università Cattolica il 15 settembre, nell’ambito della seconda edizione dell’Open Week Master e & Post laurea, con attenzione al periodo particolare di emergenza sanitaria che stiamo vivendo e al Covid-19 Instant Report, il prodotto scientifico settimanale che, dal 31 marzo, Altems diffonde per raccontare le fasi della pandemia e analizzarle, confrontando modelli regionali, particolarmente di Lombardia, Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna.

Al talk, introdotto da Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola in Economia e Management dei Sistemi sanitari dell’Ateneo (Altems), e moderato da Daniele Bellasio, direttore della Comunicazione dell’Università Cattolica, hanno partecipato Luca Richeldi, docente di Malattie dell’Apparato Respiratorio all'Università Cattolica, e Domenico Mantoan, direttore generale Regione Veneto Area Sanità e Sociale.

«L’occasione di oggi è non solo far conoscere il nostro Instant Report sul Covid-19, ma dialogare insieme ai nostri esperti su ciò che abbiamo vissuto e sulle prospettive gestionali e organizzative che queste fasi di pandemia ci hanno mostrato» ha detto il professor Cicchetti nel saluto introduttivo. «La nostra Alta Scuola ha l’obiettivo dell’alta formazione post laurea, in collaborazione con le altre Alte Scuole dell’Ateneo, con le associazioni di pazienti e cittadini e, naturalmente, con gli organismi istituzionali: il Report si aggiunge al nostro panorama formativo, sia per i nostri discenti sia per la società».

Com’è nata l’idea dell’Instant Report? ha chiesto il moderatore al direttore dell’Altems: «È nata nelle fasi iniziali dell’emergenza. Si avvertiva il bisogno di raccontare e analizzare le risposte organizzative e gestionali della pandemia. In Europa iniziavano a essere pubblicate analisi sulle condizioni dei diversi Paesi; ciò che mancava era una ricerca simile in Italia, dove le Regioni rispondono, a livello sanitario, con modelli fra loro diversi. L’obiettivo era duplice: fornire un’informazione scientifica, sulla base di dati validati, che potesse essere anche uno strumento di public reporting, utile alla società, ai decisori politici e ai cittadini».

A tutti gli ospiti una domanda fra passato e futuro: Che cosa abbiamo imparato da questa crisi economico-sanitaria?

«Personalmente ho imparato che l’atteggiamento di sicurezza e certezze che la classe medica e tutti noi abbiamo sempre tenuto rispetto alle situazioni sanitarie si è rivelato molto fragile. Si è verificata una situazione davvero imprevedibile e per certi versi ancora non chiara che ha scoperto una debolezza intrinseca della nostra società e del nostro sistema sanitario» ha risposto il professor Richeldi. «Non ci si può preparare del tutto, ma ci sono caratteristiche essenziali da curare e potenziare, anzitutto un aspetto solidaristico: con questo ha risposto efficacemente il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Secondariamente le risorse, finanziarie e organizzative. La terza è la dimostrazione della grande preparazione del nostro personale medico e sanitario. Infine, esistono alcuni ostacoli, per esempio un’organizzazione regionale, almeno su alcuni temi, che ha mostrato la debolezza del sistema attuale. Tutto questo ci ha messo di fronte a problematiche nuove e ci farà pensare ad una riorganizzazione del nostro sistema sanitario».

«Quello che abbiamo imparato è che il modello organizzativo del sistema sanitario italiano ha retto e gestito l’impatto di questa emergenza» ha risposto il dottor Mantoan. «Confermo che il nostro personale si è rivelato preparato e dedicato: nel momento della crisi acuta, davvero alcune di queste persone si sono dimostrate degli “eroi”, mettendo a rischio la propria vita. Le Regioni che hanno mantenuto un impianto organizzativo solido dal punto di vista anche territoriale, in collegamento con le aziende sanitarie locali e con gli ospedali, sono quelle che ci hanno permesso di affrontare meglio la crisi, quelle che non hanno investito su questo modello sono entrate in difficoltà. Non bisogna disinvestire in Sanità, ambito essenziale che ha bisogno di finanziamenti, sia in formazione, sia in risorse umane e materiali. Infine, fondamentale è l’interdisciplinarietà: abbiamo vinto la sfida perché tutte le figure professionali coinvolte hanno collaborato, mettendo a frutto disciplina e conoscenza».

Guardando al futuro quale scenario ci aspetta e, per i giovani che si affacciano al mondo della formazione continua, quali possono essere le competenze e le professioni che saranno più necessarie e utili?

«Ci siamo trovati in emergenza con una carenza acuta di professionisti in alcune specialità, per esempio anestesisti e rianimatori, ma anche microbiologi e internisti» ha risposto il professor Richeldi. «È complesso prevedere ora quale sarà la prossima disciplina necessaria. Ciò che sappiamo è che il sistema sanitario non può essere depotenziato, la Salute è un diritto costituzionale, è un diritto dell’individuo e un interesse della comunità: gli investimenti non possono essere tagliati, ma dovranno essere oculati e mirati a riempire vuoti lasciati in passato, esistenti soprattutto poiché fino a pochi mesi fa eravamo ignari di ciò che sarebbe accaduto, con grande attenzione anche alla nuova tecnologia».

«La programmazione delle figure professionali necessarie alla Sanità deve essere fatta ascoltando chi si occupa di gestione» questo il parere del dottor Mantoan. «Certamente, abbiamo ancora bisogno di tutti gli specialisti, in particolare riguardo alle malattie infettive e alle terapie intensive. Parlando di infermieri e operatori sanitari, è arrivato il momento di differenziare la formazione, basata anche su programmi dedicati a percorsi organizzativi, diversa da quella clinico-assistenziale. Anche su questi temi il mondo dell’Università può adeguare la propria offerta formativa. Una figura che si è rivelata molto importante è, per esempio, quella dell’ingegnere gestionale per la gestione dei flussi e dei processi, quella dell’epidemiologo per l’analisi degli scenari e per supportare le giuste decisioni, e, dal punto di vista della prevenzione, quella degli assistenti sanitari nei dipartimenti di prevenzione. Quanto all’organizzazione, certamente bisogna investire sulla Medicina di prossimità, sviluppando la telemedicina, per seguire più persone possibile, particolarmente i malati cronici, investendo in figure professionali multidisciplinari».

«Stiamo rivalutando in maniera significativa tutto il mondo della Sanità pubblica – ha concluso il professor Cicchetti – quindi tutte quelle professioni che hanno bisogno di una formazione medica, ma anche proiettata nel mondo al di fuori. Molte delle persone che si iscrivono alla nostra Alta Scuola scelgono programmi di management sanitario che allineano e collegano tutte le competenze e le specialità delle quali abbiamo parlato. Per prendere giuste decisioni occorre avere buoni decisori: attraverso i nostri Instant Report abbiamo imparato che, in alcuni momenti, alcune decisioni cruciali hanno davvero in questi mesi fatto la differenza. C’è quindi bisogno di un grande investimento in competenze variegate: assistenziali, cliniche, mediche e specialistiche, ma anche manageriali, perché ci sia qualità nella capacità di organizzazione e gestione dell’intero sistema».