Come è possibile che un festival ultrasessantenne riesca ancora oggi ad avere un pubblico e parlare a tutti? L’unica risposta possibile si trova nel ritornello martellate della sigla del programma che recita a chiare lettere “Perché Sanremo è Sanremo”. Di questo parere è il direttore della comunicazione di Rai 2 e coordinatore della comunicazione e stampa del festival da 25 anni Tonino Manzi, che ha chiuso con questo slogan del maestro Pippo Caruso, l’incontro sul tema che si è tenuto il 25 novembre all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per iniziativa del master in Eventi culturali (Mec) insieme alla rivista Revolart.it.

In due ore di racconto di circa due ore, Manzi ha parlato del suo ruolo e ha spiegato come siano richiesti grande responsabilità e rigore, nonché una notevole capacità di reazione all’imprevisto per gestire giornalisti e stare nei tempi dello show: sono 50 anni di storia della tv italiana, inevitabilmente legata alla storia con la S maiuscola. Perché Sanremo non è solo una macchina mediatica dai numeri altisonanti, dai dietro le quinte labirintici, dai ritmi frenetici di una sala stampa sempre affollata, o un evento musicale fine a se stesso, è soprattutto la cartina al tornasole di un’epoca.

Ogni edizione ha portato sul palco i rappresentanti di spicco degli anni in cui è andata in onda. Così si sono esibiti cantanti politicamente scomodi come Cheb Khaled e Noa e personaggi del calibro di Gorbaciov e Rania di Giordania hanno rubato la scena ai musicisti. Allo stesso modo Roberto Benigni non ha mancato di celebrare i 150 anni dall’Unità con un discorso sui simboli della nazione e Luciana Litizzetto ha pronunciato un’arringa contro il femminicidio.

I testi delle canzoni in gara non sono stati da meno: “Vola colomba bianca vola”, pezzo interpretato da Nilla Pizzi nel 1952 chiaramente dedicato a Trieste che al tempo era sotto l’occupazione alleata e minacciata dalle mire espansionistiche di Tito.

Le domande del pubblico hanno concluso l’interessante excursus sulla storia, si è parlato di sicurezza, ricordando l’irruzione sul palco di Mario Appignani, Cavallo Pazzo, durante la prima serata del ‘92. Manzi ha sottolineato come il tema sia un punto caldo che si deve tenere ben presente, pur non essendo possibile barricare il festival, atto che creerebbe solo paura negli spettatori senza per altro produrre un effetto più efficace.

Ha infine ragionato sull’importanza del web che oggi è un interlocutore imprescindibile durante le conferenze stampa, tanto che è stata creata una sala apposita al Palafiori per accogliere i giornalisti di radio e web. Eppure il direttore appare ancora legato alla tradizione e ha ricordato con particolare slancio simboli come la Palma e il Leone e un elemento romantico di Sanremo: la perenne presenza di fiori, emblema del festival e della cittadina ligure che lo ospita, dalla prima edizione tenutasi nel salone delle feste del Casinò con sole tre cantanti per venti brani, fino al trasferimento all’Ariston e al successo dei nostri giorni.

Se dopo questa presentazione vi state ancora chiedendo quale sia il motivo della popolarità del programma pensate che sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa, sentire una specie di orchestra suonare suonare suonare suonare….