di Valeria Coco *

Valeria Coco (seconda da sinistra seduta sul divano con la collega Elisa Giammarioli) con alcuni professori del corso di patologiaHo sempre avuto il desiderio di fare un’esperienza all’estero sin da quando studiavo al liceo, solo che non avevo mai trovato l’occasione giusta per partire e lanciarmi in questa avventura. Poi, grazie a Federica Wolf, docente di Patologia generale e coordinatrice dei programmi internazionali di formazione della facoltà di Medicina e chirurgia della sede di Roma, ho avuto la possibilità di vivere un periodo di studio di 6 mesi a Cardiff, la capitale del Galles, come studentessa Erasmus. Un semestre in cui sono riuscita a sostenere gli esami previsti dal mio corso di laurea e frequentare tutti i corsi concordati prima della partenza. La scelta della meta è stata “obbligata”: volevo perfezionare il mio inglese e non conoscendo altre lingue la scelta è caduta su Cardiff. Prima di partire sapevo poco del Galles ma ho scoperto una città deliziosa, fatta proprio a “misura di studente”, dove puoi girare tranquillamente a piedi e tutto è concentrato nel centro tra negozi, bar, cinema, locali e discoteche. Cardiff è davvero piena di vita e di ragazzi e ha una grande fama universitaria nel Regno Unito, perché è la sede di una grande università che attira molti studenti.

Sono partita verso la fine di agosto insieme a una mia compagna di corso, Elisa Giammarioli. Per prima cosa abbiamo cercato un alloggio, ma per fortuna non ci è voluto molto: ci siamo rivolte a una agenzia privata e nel giro di due giorni abbiamo trovato il nostro appartamento. Poi è iniziata l’esperienza all’interno dell’ospedale, anzi degli ospedali, perché in Galles gli studenti di medicina non fanno riferimento a un’unica struttura, ma sono abituati a girare tra i vari hospitals, più piccoli dei nostri ospedali, ma che consentono di avere rapporti con un numero maggiore di medici e pazienti.

In Inghilterra lo studio di medicina è assimilabile al modello americano: il corso di studi dura cinque anni e nei primi due gli studenti seguono lezioni prevalentemente teoriche mentre gli ultimi tre sono dedicati alla pratica clinica o Clinical Teaching come dicono loro. Il Clinical Teaching si può svolgere in tre modi fondamentali: lo studente può essere un observer e quindi guardare soltanto il medico che interagisce con il paziente, ma non intervenire: una modalità di apprendimento passiva. Oppure ci può essere il “gioco a tre” nel quale lo studente può interagire con il teacher facendo domande e ricevendo spiegazioni. Infine lo studente può essere lasciato libero di visitare e interrogare il paziente mentre il teacher fa da supervisor senza intervenire direttamente: solo dopo, in sede privata, farà le sue considerazioni allo studente.

Valeria Coco (a destra) con Elisa Giammarioli ecoordinatore amministrativo della Facoltà di Medicina di Cardiff Martin HughesNon nego di avere avuto qualche difficoltà a ingranare la marcia all’inizio, poi però mi sono subito ambientata e fortunatamente ho trovato persone sempre molto disponibili e comprensive, che mi hanno dato tanto sia in termini umani che formativi. Gli inglesi possono sembrare un po’ freddi all’inizio, ma basta chiedere aiuto e saranno le persone più premurose di questo mondo. Ho avuto anche la possibilità di seguire tanti reparti di mio interesse che non erano inclusi nel mio Learning Agreement, sicuramente molti di più di quelli che avrei potuto seguire se fossi rimasta a Roma e ho incontrato tanti medici preparati, desiderosi di insegnare e … pazienti!

E poi non è finita qui, perché Erasmus significa anche amicizia, divertimento, party, viaggi, multiculturalità e tanto altro. Se è vero che le esperienze che facciamo ci rendono quello che siamo, allora posso dire con certezza che l’Erasmus mi ha fatto crescere prima di tutto come persona e poi come studentessa di medicina; mi ha aperto gli occhi su quante cose belle ci sono da scoprire, e quanto è bello conoscere ragazzi provenienti da altri Paesi e riuscire subito a entrare in sintonia semplicemente perché “siamo Erasmus” e questo è già un buon motivo per essere amici. Consiglierei a chiunque di fare un’esperienza di questo tipo e io per prima, se potessi tornare indietro, ripartirei domani.

* 22 anni, studentessa al 4° anno di Medicina e Chirurgia, Università Cattolica, sede di Roma