di Laura Patti *

Laura Patti a Siviglia pensa: è una delle mie scelte migliori «Visto che devo andare a Siviglia per l’Erasmus perché non provare anche il Double Degree», mi sono detta a giugno. E a settembre… Elena ingrana la prima con grinta, diamo il via alla tratta Milano-Siviglia; tre fantastici giorni in una C1 carica di tanti bagagli che quasi non vediamo dallo specchietto, solo tre giorni ci separano dalla città spagnola che il 14 settembre ci accoglie con 39 gradi.

La Spagna è in parte come le leggende narrate da chi ritorna dall’Erasmus: è bottellon, cerveza e tapas… Siviglia poi, con le sue piccole e tortuose vie diventa un insieme di voci, di schiamazzi, di odori speziati o di churros che si friggono per strada. Le luci di storiche “cervecerie” illuminano a dovere quel reticolo di stradine che la sera si trasformano in un unico grande palcoscenico che ospita esibizioni di flamenco, un tipo di folclore spaventosamente sentimentale che quando ti si presenta per la prima volta stimola inevitabili risatine acide, ma una volta che ne comprendi la logica, ti attira spogliandoti di ogni volontà di resistergli. Siviglia è una città a metà strada tra Parigi e il Marrakech: bazar, teterie, bagni arabi, giardini fioriti, ritmo gitano, pasticcerie in stile Bohemien: febbre europea e araba si mescolano dando uno stile unico a tutto ciò su cui lo sguardo si posa in questa città che non dorme mai.

L’ università ha sede nella vecchia fabbrica reale di Tabacco, dove ogni angolo profuma di storia e di vite, con un po’ di fantasia puoi immaginarti l‘odore del tabacco a macerare, le cigarreras che escono dal turno cantando e se sei fortunato puoi incrociare gli occhi della bella Carmen pronta a fuggire con i contrabbandieri per stare con Josè, il suo amato. Il Double Degree ci ha lanciato in Spagna e ora vivo in un appartamento modesto che mi sembra il più bello del mondo, si affaccia su una delle cattedrali più grandi d’Europa, vivo insieme a Elena e Delphine le coinquiline migliori con cui condividere questa casa.

Lascio scorrere spedito il cursore che pulsa a tempo con il mio entusiasmo… perché ancora non vi ho parlato del piatto forte. Si perché lo sappiamo tutti, un’esperienza all’estero, un Erasmus, ti fa assaporare l’emancipazione e l’indipendenza, fai le lavatrici, separi i colorati, fai i conti precisi per la spesa e così via. Ma il Double Degree è altro. È anche tirocinio, mi correggo è 360 ore di tirocinio. Svolgo il mio “practicum” nel Centro acogida a refugiados politocos de Sevilla. “Adelante, adelante” è la frase che ascolto più volte nell'arco di una mattinata da persone come Cristhobal, direttore del centro, che non chiude mai la porta del suo ufficio; ogni ospite lo può rintracciare quando meglio crede, domandargli dal sapone alle pratiche per il passaporto. Il Centro è una struttura polifunzionale per i richiedenti asilo politico di tutto il mondo; per chi scappa dal proprio paese a causa di guerre, di violenze e/o di persecuzioni, per non tornarci più. Un centro dove l’accoglienza si traduce in corso di lingua, in avviamento professionale, in accompagnamento legale, assistenza medica e psicologica, dove si valorizza tutto e tutti. E io mi sento cosi, mi sento un valore, mi sento una risorsa. La mia presenza non è passiva, non è quel tipo di tirocinio osservativo che ti lascia dietro le quinte, qui diventi uno degli attori principali. Questo tirocinio è condurre insieme alla psicologa del centro una sessione di rilassamento muscolare per uomini e donne che hanno i pugni serrati, è pensare alle lezioni di spagnolo per i nuovi arrivati, è giocare con i bambini della residenza.

Il Double Degree è progettare su un tavolo di lavoro, laboratori e attività adatti a tutti, è conoscere ogni storia, analizzare ogni cosa con la massima attenzione. Ecco che progettare diventa per me, obbligatoriamente, progettarsi, è mettere in circolo energia pulita che sento mi sta formando, ora dopo ora, sia umanamente che professionalmente. Vi chiedo di credermi quando dico che quella che apprendo in questo centro non è retorica, ma è tecnica. Il potenziale di tutti i presenti nel centro, qualsiasi sia la loro nazionalità, la loro mansione, il loro passato, la loro “persecuzione”, viene alimentato e sviluppato, in modo tale da far risultare questo posto un sito funzionale e funzionante, un luogo sicuro da dove ripartire, un nuovo inizio per una parte di mondo di cui si sa sempre troppo poco.

A oggi, il Double Degree, è una delle mie scelte migliori.

* 23 anni, di Arese, studentessa del secondo anno della laurea magistrale in Psicologia clinica, sede di Milano