di Ilaria Romito *

Fiesta, botellon, tapas, paella...questo è quello che, più o meno, un cittadino italiano conosce della Spagna prima di metterci piede. Per me e penso anche per molti altri studenti che hanno deciso di partecipare al progetto Erasmus, vivere la Spagna significa ben altro. Terminati gli esami del mio secondo anno di corso mi sono trasferita in una piccola città di provincia situata in Castilla y Leon, Valladolid, città dal clima relativamente freddo, dove tutti i Valladolinesi si vantano di parlare il miglior spagnolo di tutto il paese. La Spagna infatti è divisa in varie regioni e, in ognuna di queste si parla una lingua ufficializzata, il valenziano, il catalano etc.. ma quello che chiunque chiama spagnolo corrisponde proprio al dialetto castigliano.

Lo stile di vita e la routine quotidiana sono simili a quelli italiani, resta sempre e comunque uno stato industrializzato e occidentale, il cui fine è quello di produrre. La differenza sta nel fatto che lavorano con più calma, senza frenesia, non facendo mai a meno della siesta pomeridiana che dura dalle tre alle quattro ore, nelle quali tutte le città sembrano fermarsi, nessun rumore o movimento per le strade, indice di un riposo a mio parere un po' troppo prolungato. L'idea degli spagnoli che avevo prima di partire, al mio arrivo non è cambiata molto; sono veramente un popolo pieno di vitalità, di voglia di vivere e di far festa, anche se Valladolid è considerata una delle cittadine più a modo e più tranquille.

Scegliere l'Erasmus come progetto formativo può essere dettato da varie motivazioni infatti ho conosciuto tanta gente e chiunque raccontando la sua storia la colorava di sfumature differenti. Io ho deciso di partire perché credo di essere un po' uno spirito libero, mi piace di tanto in tanto respirare un' aria diversa dalla normale quotidianità. La Spagna é stata una decisione quasi obbligata non avendo conoscenze approfondite di un'altra lingua. Molta gente parlava bene della facoltà di Medicina di Valladolid e così eccomi qui. Il sistema universitario è abbastanza simile a quello italiano, così che non è stato tanto difficile capire i meccanismi di ingranaggio dei corsi e della pratica ospedaliera, anche se il loro approccio alla medicina é molto più pratico del nostro. Il difficile è stato doversi confrontare con una realtà che ti è estranea e nella quale sei catapultata da un giorno all'altro. Riuscire a fare bene, didatticamente parlando, almeno per me è stato difficile, è necessario il doppio delle forze rispetto a uno studente madre lingua.

La vera opportunità in questo tipo di esperienza è la possibilità di confrontarsi con una realtà multiculturale, dove lingue, tradizioni, costumi, si mescolano lasciando indelebile una traccia di ciò che sei e di come la conoscenza di culture diverse possa trasformarti. L'Erasmus è tutto questo, è condividere l'appartamento in cui vivi con persone che non parlano la tua lingua, è non aver paura di aprirsi all'ascolto di un modo di vivere diverso dal tuo, è affrontare tutto da soli, è la possibilità di vivere senza necessariamente rifarsi al personaggio che nella realtà quotidiana ci costruiamo, è scoprirsi e scoprire gli altri, in una parola é crescita. E' così che io sto vivendo l'opportunità di questa esperienza e voglio dare un consiglio agli studenti che frequentano la Facoltà di Medicina dell'Università Cattolica di Roma. Gli studi che abbiamo intrapreso ci proiettano verso una realtà piena di responsabilità e scelte difficili da prendere ma, essere un medico, non significa solo impegnarsi didatticamente ma anche e sopratutto aprirsi al confronto e all'ascolto dell'altro. Quindi che dire...toma la maleta y vas a vivir una de la mas importante experiencia de tu vida.

* 21 anni, studentessa al 3° anno del corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Università Cattolica di Roma