di Antonella Semerano *

Antonella Semerano con le donne di MataraHo sempre avuto il sogno di aiutare chi è in difficoltà! Ma nell'esperienza di volontariato in Sri Lanka la parola "aiuto" non è servita: perché l'aiuto presuppone una condizione di minorità e una di presunta superiorità. Desiderosa di "far bene il bene", come diceva il beato Luigi Monza, mi sono spinta più in là nei miei sogni e ho visto l'estremo orizzonte a est delle colonne d'Ercole: un oceano meraviglioso e volti accoglienti ci aspettavano. A bordo del primo Boeing dell'andata, scrivevo già sms ai miei familiari per comunicare la mia gioia per il sogno che si stava per realizzare: il volontariato estero grazie all'Università Cattolica. Ma volontaria verso chi? Andiamo a scoprirlo.

Atterrata a destinazione, come per magia mi sono sentita catapultata in un altro mondo, una realtà per me poco conosciuta e poco esplorata se non per la tragicità dello Tsunami del 2005. La prima pagina del libro "Sri Lanka 2010" era stata scritta e finalmente i miei occhi potevano vedere quella terra e non le foto di Google. Matara è stata la nostra casa, la nostra dimora e il rifugio dopo interminabili viaggi su strade dissestate per l'insaziabile voglia dei nostri accompagnatori di farci conoscere molto, il più possibile del Paese nei 21 giorni a disposizione.

Antonella Semerano (al centro) con Maria Teresa Riccardi e una giovane sri lankeseDue italiane, Teresa e io, alla ricerca di un piccolo tesoro: portare quel piccolo germe insito in noi a farlo maturare per condividerne la gioia. Sono iscritta alla facoltà di Scienze della formazione e studio in particolare Educazione degli adulti, eppure non mi sono mai sentita così poco adeguata in certe occasioni e non ho mai realizzato così profondamente quanto le qualità umane siano strettamente connesse alla teoria che studiamo sui nostri libri. Per me nella bellissima terra della lacrima dell'India teoria e pratica si sono indissolubilmente unite.

A mettersi in gioco è stata Antonella, persona prima che studentessa. La gioia più grande è stata la condivisione: la fiducia conquistata, le storie di vita ascoltate, il sentirsi a casa e non semplicemente un ospite troppo coccolato ed eccessivamente servito. Si perché nella condivisione c'è tutto: la materialità non conta, tutto è racchiuso nei piccoli gesti e, il popolo sri lankese, soprattutto la comunità di "The Shrine of Our Lady of Matara", non ci ha mai fatto mancare nulla.

Impegnate dove eravamo più di aiuto e meno di ingombro nelle giornate frenetiche di chi, come Father Charles, fa costantemente del bene per la sua parrocchia e dintorni proprio come un padre che si "procaccia" la possibilità di un futuro migliore, abbiamo visitato scuole di ogni ordine e grado all'occorrenza improvvisandoci clown. E poi ancora, case famiglia, conventi, città, luoghi di culto e i progetti iniziati dall'Università che in noi aveva creduto, sperimentando la bellezza dell'accoglienza nella quale un sorriso veniva sempre accompagnato da una tazza di tè e qualcosa in più della cultura da apprendere. Come dimenticare la numerosa comunità di Beach Road a Matara, tutti i piccoli manlì ("fratelli" più piccoli) nelle scuole, le donne dell'itipanda (candele), i collaboratori di Father compresi i ragazzi della parrocchia?  Ripensandoci, probabilmente ci sarebbero tanti altri appuntamenti che non mancherei ma sono contenta di non aver mancato le occasioni più significative per me e, credo, anche per chi si trovasse dall'altra parte a ricevere anche solo un sorriso, un saluto e un'attenzione da parte di una cittadina del mondo.

* 20 anni, pugliese di Ostuni (Br), terzo anno del corso di laurea in Scienze della formazione, curriculum in Scienze dei processi formativi