di Francesca Mercurio *

Da sinistra, Francesca Mercurio con padre Charles Hewawasam, parroco di Matara, Claudia Schirru e Nicola Catania, compagni di esperienza in Sri LankaAveva ragione mia mamma, parafrasando Oscar Wilde prima della mia partenza: «Le cose vere della vita non si studiano né si imparano ma si incontrano». È esattamente così che è andata. Ho scelto di partecipare al Charity Work Program in maniera un po’ superficiale, volevo passare in modo diverso l’estate e fare qualcosa di bello lontano da tutti, ma come spesso succede, le cose più belle non si scelgono, accadono e basta e il viaggio in Sri Lanka è stata l’occasione per capire meglio me stessa, cosa so fare e cosa voglio fare.

Siamo partiti in tre da Roma, pronti ad affrontare tre settimane nel continente asiatico e siamo stati accolti nella comunità di Matara, piccolo centro nell’estremità più a sud dell’isola. Da subito, ciò che colpisce è l’odore forte di quella terra, dove la strada appartiene a tutti, animali compresi, dove il caldo è mitigato dall’oceano a due passi dalle abitazioni e dove, dopo quasi sette anni, ancora forti sono i segni distruttivi dello tsunami che ha colpito la zona tra la fine del 2004 e i primi giorni del 2005. Accompagnati in ogni passo dalla presenza paterna e lungimirante di Father Charles Hewawasam, parroco di Matara, e di tutta la sua comunità, in punta di piedi ci siamo pian piano ambientati cercando sempre di entrare in contatto con più gente possibile. Era come se, consapevoli del poco tempo a disposizioni, avessimo voglia di non sprecare alcun incontro, scambiando due chiacchiere in un cingalese elementare, offrendo un sorriso sincero e mettendoci spesso in gioco anche a costo di sembrare un po’ buffi.

All’inizio, forse, non mi era ben chiaro cosa esattamente avremmo dovuto fare ma arrivati li, era abbastanza evidente: dovevamo vivere la comunità! E così ci siamo impegnati in attività diversissime: abbiamo partecipato alla realizzazione dei preparativi per la festa della parrocchia, abbiamo incontrato gente, visitato scuole, giocato con i bambini ma soprattutto abbiamo vissuto la quotidianità del posto.

Dopo lo tsunami, grazie all’impegno dell’Università Cattolica e all’amore di Father per la sua gente, è iniziato un intenso lavoro di ricostruzione materiale e umana che si concretizza oggi nelle attività della “school for life”, una particolare scuola di vita, appunto, dove viene data la possibilità alle donne e agli uomini di apprendere un mestiere: coltivazione dei funghi, economia domestica, produzione e vendita di candele. Ed è in quest’ultima attività soprattutto che io e la mia compagna di viaggio Claudia ci siamo più dilettate stringendo amicizie con le ragazze del posto: abbiamo imparato a fare ogni tipo di candela ma, cosa ben più importante, è li che abbiamo “incontrato le cose vere della vita”.

Bambini a "School for life" di Matara (Foto di Claudia Schirru)Non dimenticherò la generosità di quelle ragazze i cui nomi sono oggi ben impressi nella mia mente, l’ingenuità dei loro sguardi e la curiosità nei nostri confronti; non scorderò la loro accoglienza, la tenerezza dei loro gesti e la forza di vivere da loro dimostrata. Studio pedagogia da cinque anni e tante volte ho sentito parlare della forza dell’educazione nel cambiamento del mondo ma mai come in questa esperienza, ho potuto imparare come ogni intervento formativo non possa prescindere da un profondo amore per le persone e da un doveroso rispetto per la comunità e la cultura di appartenenza. Amore e rispetto che nutro profondamente oggi per la comunità cingalese incontrata in quelle settimane.

Dunque, se una cosa vera ho potuto incontrare è proprio questa: la verità dei gesti e delle azioni è prima di tutto verità delle intenzioni. Ed è questo insegnamento, insieme a molti altri, che mi sono portata dallo Sri Lanka e che condivido ogni volta con chi mi chiede di raccontare il mio viaggio. Potrei continuare a scrivere ma credo che tutto si racchiuda in un grazie: grazie a tutte le persone che ho incontrato li specialmente a Father, dimostrazione vivente di una fede che si fa impegno costante; a Brother Leo, diacono della comunità, con il quale ho condiviso la passione per i “little friends”, i più piccoli che aprono le porte del Paradiso. E grazie a chi, compagna di viaggio, è diventata amica cara e fidata perché le cose belle lo sono ancora di più se condivise con qualcuno.

* 24 anni, di Cassano Murge (Ba), ultimo anno di Scienze della formazione - collegio Paolo VI
Con lei, Claudia Schirru, 22 anni di Oristano, secondo anno della laurea specialistica in Scienze politiche