di Alessandra Spadaro *

Alessandra Spadaro (al centro) con i compagni di avventura sulla Muraglia cinese«Perché studi la lingua cinese?» La domanda è ritornata più volte nel corso dei miei sei mesi in Cina. Il mio viaggio inizia con la pubblicazione da parte del servizio Relazioni Internazionali del bando di concorso promosso dall’Istituto Confucio. In palio c’è una borsa di studio e un semestre presso la Beijing Language and Culture University (Blcu). Ero in un momento un po’ difficile perché non riuscivo a trovare un argomento valido con cui concludere il mio ciclo di studi. Ma avevo anche il forte desiderio di andare in Cina e mettere alla prova il mio lessico cinese, migliorarlo, dando un senso alla mia scelta di studiare questa lingua. Il programma “Hanban Scholarship” ha risolto tutti i miei dubbi.

Sono partita a settembre con un po’ di apprensione, ma allo stesso tempo incuriosita: andavo ad affrontare una lingua, una cultura, un sistema completamente diverso da quello occidentale. Volevo entrare a far parte di questa maestosa Terra di Mezzo, scoprire i suoi meccanismi, provare a sentirmi una di loro. Le lezioni, dopo il consueto test di livello, sono iniziate, l’alloggio nel campus permetteva di essere vicino alle aule d’insegnamento e avere vicino una stazione della metropolitana ben collegata al centro città, comoda per facili spostamenti e visitare i luoghi antichi e nuovi di Pechino.

L’università ha organizzato una giornata in visita alla Grande Muraglia e una al Museo nazionale. Inoltre vi erano molti corsi pomeridiani che approfondivano temi culturali come la calligrafia, il gioco degli scacchi, l’oroscopo cinese o permettevano di imparare a suonare la tradizionale Guzheng, una cetra a 21 corde dal suono armonico. Ed è infatti durante uno di questi corsi che ho trovato ispirazione per la mia dissertazione finale. Le persone che popolano la città sono numerose e animano ogni angolo, in strada tutto si muove e i clacson delle migliaia di macchine suonano all’impazzata contro qualsiasi cosa ostacoli il loro cammino. Gli Hutong sparsi nei dintorni del centro città mostrano i veri lati del folklore cinese, raccontano qualcosa sulla Cina antica, mentre i grattacieli nel distretto di Guomao annunciano la grande ascesa del colosso economico dimostrando che il futuro gli appartiene.

L’ambiente universitario è internazionale, i corsi sono frequentati da persone che provengono da ogni parte del mondo, ma tutti gli studenti sono uniti da un obiettivo comune: imparare la lingua cinese. Per raggiungere questo obiettivo il programma offerto dalla Blcu può ritenersi uno dei migliori e i corsi sono molto intensivi e i risultati si possono vedere in poche settimane. Ho stretto nuove amicizie, ma chiunque ho incontrato ha lasciato un segno:  persone umili e generose disposte a darmi una mano quando ne avevo bisogno e a scambiare e accogliere qualche pezzettino delle rispettive culture. Nel mio bagaglio al rientro c’erano molti oggetti  e vestiti, tanta fiducia in me stessa e nelle mie capacità. Mentre mi dirigevo verso l’aeroporto per la partenza il taxista mi ha chiesto: «Ni weishenme xuexi hanyu?» - ma tu perché studi la lingua cinese? - e io per la prima volta ho risposto non con un generico ”non lo so”, o “a causa dell’economia e del futuro”. La mia risposta, pensando a tutto il periodo trascorso, è stata: «Perché amo questa lingua, la gente che la parla, gli ideogrammi che rispecchiano l’anima, l’intensità delle parole».

* 23 anni, di Catanzaro, studentessa del primo anno fuori corso di Scienze Linguistiche, Esperto per le Relazioni Internazionali, sede di Milano