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Conciliazione famiglia-lavoro, entri in campo il welfare aziendale

Come si possono conciliare lavoro e relazioni ai tempi del Covid-19? Dalla fase 1 alla fase 2 della pandemia un’équipe multidisciplinare di ricercatori del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia ha indagato i dati emersi da 446 persone che hanno partecipato allo studio. Dopo la prima fase di emergenza in fase 2, e nonostante la ripresa delle attività, la gestione organizzativa delle famiglie con figli minori e/o con caregiver è stata problematica e si è sommata alla minaccia per la propria salute e all’incertezza economica. Diverse aziende realizzano già iniziative di welfare per la conciliazione, ad esempio insegnanti che supportino i figli dei dipendenti online, call center per chi ha familiari non autosufficienti utili a usufruire di sgravi fiscali, a trovare infermieri e badanti» - ha dichiarato Claudia Manzi , coordinatrice del progetto di ricerca. Una soluzione praticabile ed efficace dal punto di vista istituzionale - ha precisato la docente - potrebbe essere quella del governo di sostenere le organizzazioni lavorative nell’erogazione di iniziative di welfare aziendale attraverso ad esempio l’introduzione di ulteriori sgravi fiscali». Un affondo interessante dello studio riguarda poi la modalità di lavoro che nel 51% dei casi è stata scelta di comune accordo con l’azienda, nel 33% dei casi è stata imposta e va incontro alle esigenze degli intervistati, mentre al 16% è stata imposta e non tiene conto dei bisogni della controparte. Il 79,2% degli intervistati sostiene di avere un risparmio di tempo e costi di viaggio, il 64,5% si sente sicuro rispetto alla possibilità di contagio, il 59,9% riesce a gestire meglio gli impegni della sua vita privata, il 47,5% organizza meglio il suo tempo di lavoro. È interessante scoprire che, contrariamente alle aspettative date da uno sguardo superficiale, i genitori con figli minorenni sono quelli che più soffrono la mancanza dei colleghi, l’aumento del lavoro tra le mura di casa e l’assenza di spazi liberi personali.

 

Figli di separati, tornano i Gruppi di parola

Uno strumento a sostegno dei bambini e dei ragazzi che vivono l’esperienza della separazione dei genitori che per l'Autorità dovrebbe divenire una misura strutturale dei piani per l'infanzia e la famiglia. Il nuovo progetto – che intende promuovere anche la diffusione della Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori dell’Autorità garante – è partito nelle settimane scorse e si articolerà in seminari formativi e di promozione. Un obiettivo chiave è quello di aggiornare e arricchire la mappatura dei centri che offrono questo servizio ai figli di separati. Inoltre il progetto, che si concluderà a dicembre, punta a consolidare la rete tra centri e conduttori di GdP, a consentire lo scambio di esperienze e a promuoverne la conoscenza, anche attraverso la diffusione di un video di presentazione dei gruppi di parola. Un seminario nella sede romana dell’Università Cattolica sarà invece dedicato in particolare allo sviluppo di capacità di promozione e organizzazione dei Gruppi di Parola. consultorio #famiglia #gruppidiparola #agia Facebook Twitter Send by mail Print COSA SONO I GRUPPI DI PAROLA I Gruppi di parola sono interventi brevi, destinati a bambini (6-11 anni) e adolescenti (12-15 anni) con genitori separati o divorziati. Il Gruppo di parola coinvolge anche i genitori: dalla fase di informazione e autorizzazione per i figli alla partecipazione all’incontro conclusivo del gruppo, fino al colloquio di approfondimento.

 

Coronavirus, giovani tra restrizioni e responsabilità

Analisi Coronavirus, giovani tra restrizioni e responsabilità Questo tempo difficile si rivela ricco di opportunità e offre l’occasione di reimpostare le relazioni tra genitori e figli nella ristrettezza delle mura domestiche. Parlano i pedagogisti Simeone e Triani by Agostino Picicco | 18 marzo 2020 Le cronache di questi giorni di emergenza Coronavirus ci parlano di adolescenti e giovani dal comportamento irresponsabile di fronte alle opportune restrizioni imposte dalle autorità. Si tratta di trasgressioni al divieto di stare in casa, di incontrarsi in gruppo, magari anche di scherzi fuori luogo, approfittando delle chat, che scatenano panico e preoccupazioni. È questo un paradosso: tenerci lontani dalle persone a cui vogliamo bene, con una serie di fatiche che implicano cambiamenti profondi e radicali da parte di adolescenti che desiderano abitare spazi nuovi ed informali da condividere con gli amici e con le prime relazioni amorose. L’augurio del professor Simeone è quello di vivere con intelligenza questo tempo inedito dell’educazione, che non è solo di attesa che tutto finisca bene, ma va pienamente vissuto per le opportunità che può offrire nel costruire una nuova ritualità nella gestione dei tempi familiari. Pierpaolo Triani , docente di Pedagogia generale nella facoltà di Scienze della formazione , campus di Piacenza dell’Ateneo, osserva che all’inizio i ragazzi ma anche gli adulti, hanno sottovalutato l’emergenza. Quando l’autorevolezza dei genitori si ferma di fronte alla libertà dei figli, una scuola che stimoli adeguatamente e impegni con compiti e riflessioni, aiuta ad evitare comportamenti a rischio e a prendere consapevolezza di situazioni gravi e di gesti sconsiderati che peraltro ricadrebbero su genitori e nonni.

 

Consultori cattolici, Livia Cadei alla guida

Bisogna uscire dall’emergenza per promuovere una cultura a favore della famiglia»: questa la sua prima dichiarazione dopo la nomina. Il consultorio può diventare un presidio educativo territoriale, che, attraverso la propria dimensione pedagogico-educativa, non soltanto aiuta le persone a risolvere i problemi della vita quotidiana, ma soprattutto le sostiene nel dare senso e significato alla propria esperienza. Per questo la sfida principale sarà quella della formazione, del lavoro d’équipe; si dovrà mettere al centro la famiglia, troppo sola e isolata, e solo grazie a un lavoro di rete e di relazioni potrà ancora oggi contribuire al benessere della società». Attraverso l’attività dei consultori si cercherà di non lasciare sole le famiglie nelle molteplici situazioni di difficoltà, bisognerà riconnettere le generazioni, sostenerle nelle transizioni naturali del ciclo di vita e nella possibilità di assumere il proprio ruolo all’interno dei processi e sociali. Una cultura della famiglia che oggi risulta sempre più diversificata e variegata e per questo difficile da integrare… «Una particolare attenzione verrà riservata alle famiglie degli immigrati che portano con sé culture diverse, ma non per questo devono sentirsi alternativi. Dovranno essere accolte e integrate con modalità diverse perché ognuna di loro porta con sé dei racconti, dei sogni che possono arricchire la nostra società. I numerosi consultori cattolici, nello spirito dei principi costituzionali di solidarietà e sussidiarietà, aiuteranno tutte le persone, coppie e famiglie, indipendentemente da appartenenze e convinzioni ideali e religiose».

 

Stranieri, studenti più bravi se la famiglia è coinvolta

ricerca Stranieri, studenti più bravi se la famiglia è coinvolta È quanto dimostra lo studio Families and Schools nell’ambito del progetto Erasmus + Project KA2 “ Parental Involvement of Foreign Families in School ”. Partecipano, insieme alla sede di Brescia dell’Università Cattolica, l’ Università di Lleida e l’Université de Luxembourg, l’IC di Adro e l’Ufficio scolastico territoriale di Brescia . L'obiettivo principale del progetto è quello di analizzare l'integrazione, la comunicazione e il coinvolgimento delle famiglie di origine straniera nelle scuole, in modo da poter individuare e realizzare proposte di trasformazione per neutralizzare lo svantaggio che spesso colpisce le famiglie con questo profilo (inclusione sociale delle famiglie). Considerando che un maggiore coinvolgimento delle famiglie influenza anche il rendimento scolastico, il progetto è strutturato anche per aiutare a prevenire l'abbandono prematuro della scuola, oltre a consentire la riduzione degli svantaggi socioculturali che colpiscono una percentuale significativa di alunni di origine straniera. Per raggiungere questo obiettivo si tenta di migliorare la formazione dei professionisti per aiutarli ad affrontare questa situazione e fornire loro le conoscenze e le strategie per favorire la comunicazione e il coinvolgimento delle famiglie nell’educazione dei loro figli. Si parte dall'idea che l'integrazione e il coinvolgimento di tutti gli attori nel sistema formativo generino benefici per le famiglie, gli alunni, il personale e l’Istituzione scolastica in generale. Proporre una riflessione su scala internazionale attorno al Parental Involvement nella scuola , attraverso il contributo di più discipline di studio: sociologia, psico-pedagogia e analisi economica delle Politiche pubbliche.

 

Affido, scegliere nell’interesse del minore

il commento Affido, scegliere nell’interesse del minore Le polemiche aperte da casi di cronaca recenti chiedono di ascoltare la voce delle famiglie affidatarie, sempre attenti al bene del ragazzo. Chi si è fatto carico di un bambino/a o di un adolescente in difficoltà, che la famiglia fatica a curare e far crescere, sa che il compito è arduo. Non è una responsabilità che ci si assume a cuor leggero, né tanto meno per denaro. Accogliere temporaneamente bambini a rischio è un compito difficile, che pochi vogliono affrontare e quei pochi vengono ora demotivati se non addirittura indiscriminatamente accusati di essere mossi da «interessi economici» (o ideologici). Altrettanto sconcertante è l’attacco che molte comunità di accoglienza stanno subendo, al pari di Ong e cooperative del Terzo settore, accusate di lucrare sui bambini o di essere ambienti non idonei alla loro crescita. In realtà, com’è noto, le comunità di accoglienza, nella grande maggioranza dei casi, ricevono modesti contributi e ben pochi riconoscimenti, e per di più sono da mesi nel mirino di chi punta a indebolire la fiducia nella vocazione alla solidarietà degli organismi non profit. docente di Pedagogia del ciclo di vita, facoltà di Scienze della formazione , campus di Milano [continua a leggere su “Avvenire”] #affido #minori #diritti #famiglia Facebook Twitter Send by mail Print.

 

Si è spento don Norberto Galli

Lutto by Luigi Pati | 18 dicembre 2018 Si è spento don Norberto Galli Il pedagogista, ordinario dal 1976 al 1981 in Università Cattolica, è morto all’età di 92 anni. Il professor Luigi Pati , preside di Scienze della formazione, ne ricorda l’insegnamento centrato soprattutto sulla pedagogia della famiglia È morto il 16 dicembre Norberto Galli , sacerdote e pedagogista, per tanti anni professore all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Docente universitario fuori ruolo dall’anno accademico 1998-1999, in qualità di professore ordinario di Pedagogia generale dell’Università Cattolica ha ricoperto ininterrottamente dal 1976 al 2001 la cattedra a suo tempo lasciata libera dal professor Aldo Agazzi. di Luigi Pati Norberto Galli nel corso della sua lunga carriera accademica ha legato il suo nome a un settore specifico della ricerca pedagogica: quello della pedagogia e dell’educazione familiare. Per comprendere in maniera adeguata il pensiero pedagogico di Norberto Galli, è necessario rilevare il seguente fattore: in lui è viva la convinzione che qualsiasi discorso sull’educazione non può essere affrontato e sviluppato, se si prescinde da una chiara concezione dell’uomo, del mondo e della vita. Nel complesso, quella di Norberto Galli si può definire una “pedagogia del dialogo”: prima di tutto, con le altre scienze, con la psicologia e la sociologia in ispecie; in secondo luogo, con i settori di ricerca privi di una teologia razionale; in terzo luogo, con la Parola. In primo luogo, elaborare la riflessione pedagogica all’insegna di una precisa filosofia della famiglia, che offra suggerimenti per la fondazione di una pedagogia della famiglia adatta al tempo presente.

 

L'integrazione si gioca anche a scuola

Brescia L'integrazione si gioca anche a scuola Una ricerca-azione della facoltà di Scienze della formazione ha indagato il livello di partecipazione scuola-famiglia in alcuni istituti della Provincia di Brescia con alunni stranieri. by Antonella Olivari | 31 ottobre 2017 La Lombardia è la regione con il numero più elevato di alunni con cittadinanza non italiana (191.526 allievi, il 24,3% della popolazione scolastica con cittadinanza non italiana), seguita dal Veneto (91.867, l’11,7%), dall’Emilia Romagna (90.286,l’11,5%). Partendo da questi dati i pedagogisti della facoltà di Scienze della Formazione sono convinti che si debba elaborare un modello educativo interculturale per la piena integrazione di tutte le diversità. Proprio nelle scuole si deve costruire una reale esperienza di apprendimento e di inclusione sociale e lo si può fare grazie alla collaborazione di tutti i soggetti educativi del territorio. Una ricerca-azione biennale, condotta da un gruppo di ricercatori della Cattolica coordinati dal preside della facoltà di Scienze della formazione Luigi Pati , che ha indagato il livello di partecipazione scuola-famiglia in 8 scuole di ordini e gradi differenti della Provincia di Brescia con alunni stranieri. Tutto questo perché il dialogo tra scuola e famiglia porta a una corresponsabilità tra le parti che diventa il risultato della capacità personale e di gruppo di inserirsi con creatività nell’ideazione di nuovi modelli di sviluppo e di azione. Le ragioni sono quelle di stabilire tra scuola e famiglia "un vero e proprio patto educativo per favorire una migliore formazione degli studenti, sia in termini di inclusione sociale, che di rinnovamento necessario in aue dove spesso la maggioranza ha provenienze diverse da quella locale" ha concluso Pati.

 

Famiglia, c’è ancora chi investe

marzo 2017 Sono sotto gli occhi di tutti i “sintomi” di una sempre crescente fragilità delle coppie e della difficoltà nell’esercizio della funzione genitoriale, con evidenti ripercussioni sulla crescita dei bambini e degli adolescenti. Bambini che a sei sette anni prendono ancora il biberon, preadolescenti che dormono spesso nel lettone dei genitori, adolescenti che si sballano in discoteca, che ricorrono ad alcool e droghe, o che si ritirano nei social network, coppie che si separano alle prime difficoltà, pensando di avere sbagliato partner. È necessario dunque mettere a punto e diffondere interventi di tipo preventivo rivolti agli adolescenti e ai giovani, così come alle coppie e ai genitori nelle diverse fasi del ciclo di vita e finalizzati non solo all’ accompagnamento ma anche all’arricchimento e alla promozione dei legami familiari. In tale ottica si occupa non solo degli aspetti di rischio connessi alla sessualità, ma anche dellla promozione di un’identità integrata e matura, che sia in grado di fare scelte responsabili nell’ambito della propria sessualità. Il Centro ogni anno propone una formazione “base” per i tutor Teen Star e una formazione “progredita” per tutor che lavorano già con questo metodo e vogliono approfondire maggiormente gli aspetti della conduzione di gruppo (la direzione scientifica è della professoressa Raffaella Iafrate). famiglia #ateneo #percorsi #gruppidiparola #studi #ricerche Facebook Twitter Send by mail Print I GRUPPI DI PAROLA Il Centro di Ateneo ha messo a punto una modalità di intervento preventiva rivolta ai figli di famiglie separate, i Gruppi di Parola (GdP) . Si tratta di una forma d'intervento breve della durata di quattro incontri, che ha lo scopo di accompagnare i bambini e le loro famiglie durante la riorganizzazione della vita quotidiana a seguito della separazione o del divorzio dei genitori.

 

Famiglia-lavoro, basta retorica

Questo vuol dire che le famiglie si trovano soprattutto ad affrontare problemi legati alla cura degli anziani, specie se non autosufficienti» afferma il professor Riva, che coordina l’organizzazione della conferenza internazionale. All’interno delle aziende le politiche per la conciliazione sono poco diffuse, soprattutto in quelle più grandi, che hanno forza lavoro qualificata e che impiegano un’alta quota di lavoro femminile. Si dice che molta enfasi è posta sull’importanza della famiglia, ma i servizi dati alla famiglia perché eserciti questo suo ruolo di cura sono molto pochi. Se si guarda invece ad altri Paesi, come il Regno Unito, si vede che si è seguito negli anni un’altra tipologia di intervento, che è quella garantita dalle imprese». Quali sono i Paesi europei che gestiscono meglio la conciliazione? «Sul piano delle politiche pubbliche i Paesi del nord Europa sono oggetto di studio da 30 anni a questa parte. In che senso? «C’è stata la riforma per i giorni di congedo parentale concessi al padre: in gran parte dei Paesi europei c’è una quota di congedo parentale riservata per diritto al papà, talvolta è anche un obbligo che stia a casa. Incoraggia, inoltre, una riflessione critica sui temi dell’uguaglianza e della diversità con l’obiettivo di promuovere la diffusione di nuove politiche e pratiche, sia da parte dell’attore pubblico che delle organizzazioni e delle imprese del privato.

 

Gruppi di parola, risorsa per la famiglia

Roma Gruppi di parola, risorsa per la famiglia Per l’Autorità garante devono diventare misura strutturale dei piani per l’infanzia. Una mappa dei centri che realizzano GdP per i figli di genitori separati. dicembre 2018 I Gruppi di Parola (GdP) sono una risorsa per la cura dei legami familiari nella separazione dei genitori. Annunciata la pubblicazione sul sito dell’Agia ( www.garanteinfanzia.org ) e dell’Università Cattolica ( www.unicatt.it/consultoriofamiliare e https://progetti.unicatt.it/progetti-milan-psicologia-clinica-home ) di una prima mappa dei centri in Italia rilevati dall’Università Cattolica dove si realizzano i Gruppi di Parola destinata a essere aggiornata dinamicamente. La proposta che avanziamo è che i Gruppi di Parola entrino come misura strutturale nei piani nazionali per l’infanzia e per la famiglia” dice l’Autorità garante Filomena Albano (al centro nella foto in alto). “Uno degli effetti più rivoluzionari della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, della quale è iniziato l’anno che porterà alle celebrazioni del trentennale, è la promozione di relazioni familiari non più basate sul concetto di autorità, ma sul concetto di responsabilità nei confronti dei figli” prosegue la Garante. È la stessa direzione che percorre la Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori: dieci punti fermi che pongono al centro i figli e sono ispirati ai valori della Convenzione”.

 

Magatti, la famiglia sia un bene comune

La Cattolica al Meeting Magatti, la famiglia sia un bene comune Tra denatalità e generatività, l’intervento del sociologo dell’Università Cattolica al Meeting di Rimini. agosto 2019 «La famiglia è un luogo generativo se non è considerata un bene privato ma un bene pubblico. Il modello latino-mediterraneo-cattolico pone molto l’accento sul primo aspetto ma è carente nel creare la mediazione tra la dimensione privata e quella collettiva. Lo ha detto al Meeting di Rimini il professor Mauro Magatti (a sinistra nella foto in alto) , docente di Sociologia alla facoltà di Scienze politiche e sociali . Magatti ha partecipato il 22 agosto all’incontro “ Tra denatalità e generatività. La sfida del lavoro ”, dialogando con Alessandro Rosina (a destranella foto in alto) , docente di Demografia in Università Cattolica, e Massimo Ferlini , presidente Formaper. meeting #famiglia #bene comune #generativita' Facebook Twitter Send by mail Print.

 

Scuole dell’infanzia e famiglie provate dal lockdown

Commentano così i ricercatori che hanno raccolto l’esperienza delle strutture educative per la prima infanzia durante la fase di lockdown nell’ambito dell’indagine condotta dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica. Svolta nel mese di aprile attraverso un ampio questionario online, la ricerca ha approfondito diverse aree tematiche e in particolare i professori Maria Letizia Bosoni , Donatella Bramanti , Flavio Merlo e Manuela Tomisich hanno analizzato le risposte delle strutture educative per la prima infanzia durante la fase di lockdown. Tuttavia l’educazione non si ferma: educatori e insegnanti si sono attrezzati per attivare qualche forma di didattica a distanza, raggiungendo i genitori attraverso mail (55,3%), whatsapp/chat (47,9%) e sito internet della scuola (41,5%). La situazione attuale è tuttavia vissuta con grande apprensione, sia rispetto al proprio lavoro (quasi la metà dei rispondenti è fortemente preoccupato per il proprio posto di lavoro, 39,3%) sia rispetto alla stabilità della struttura stessa (35,9%). Ne emerge una rappresentazione dei genitori soli più che mai nel compito educativo, potendo contare in questo momento soltanto sul supporto, prezioso, ma “distante”, delle strutture educative. Se la fase di lockdown ha di fatto messo in stand-by il mondo della scuola, la crescita e l’educazione dei bambini non si ferma, perdendo però importanti e fondamentali momenti di interazione. Il processo di socializzazione, infatti, non avviene nel vuoto ma dentro contesti specifici e insostituibili, in famiglia e a scuola, contesti densi di relazioni significative.

 

La famiglia al tempo del Covid-19

LA RICERCA La famiglia al tempo del Covid-19 Se il 75% dei genitori è preoccupato, i ragazzi si dimostrano più responsabili, più disponibili alla relazione e più coinvolti e soddisfatti nell’impegno scolastico. Lo spiega uno studio degli psicologi Unicatt coordinato da Emanuela Confalonieri 02 aprile 2020 Un team di psicologi ha realizzato uno studio, coordinato da Emanuela Confalonieri , che dal 23 al 31 marzo ha raccolto i pareri e le percezioni del rischio di 301 genitori più e meno preoccupati che il virus entri in famiglia. Il tempo passato insieme aumenta e i ragazzi si aprono inoltre a una nuova relazione con gli adulti, sempre più coinvolti con la loro vita scolastica. Resta per loro l'ansia e la paura di madri, padri e bambini, ma i ragazzini si dimostrano più maturi. Almeno questa è la fotografia di uno studio sui giorni della convivenza forzata del Dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica, coordinato dalla professoressa Emanuela Confalonieri. La ricerca è stata realizzata dal 23 marzo al 31 marzo e cerca di esaminare la percezione del rischio da parte delle famiglie e il modo in cui i genitori stanno affrontando questa situazione nella relazione e nella comunicazione con i loro figli. I partecipanti sono 301 genitori, tutti residenti in Lombardia (età media 43,6 anni), per lo più madri (89%).

 

Cyberbullismo, che fare?

by Bianca Martinelli | Complici i recenti fatti di cronaca, è tra i temi di maggiore attualità, al punto che, anche tra gli esperti, si inizia a parlare di vera e propria emergenza. Un convegno che, come ha spiegato la prof.ssa Simona Caravita , ha preso avvio anche sullo spunto di quelle che sono le ultime direttive in materia emanate dalle Nazioni Unite. Le direttive europee parlano di un’azione sistemica di monitoraggio che coinvolga tutto il sistema scolastico e le sue parti interessate, dagli insegnanti, alla famiglie e gli studenti. Questo è necessario poiché la natura del fenomeno non è solo individuale, bensì sfrutta logiche “di gruppo” in cui pubblico e spettatori sono fondamentali” conclude Caravita. Necessario dunque un intervento integrato verso un’educazione morale, oltre che all’uso corretto delle tecnologie poiché, se queste ultime non sono la causa originaria, certamente componenti quali visibilità, condivisione e viralità dei contenuti postati in rete, fungono da cassa di risonanza sugli effetti nelle vittime. Secondo Federica Di Cosimo , referente il Bullismo e il Cyberbullismo per Ufficio Territoriale di Brescia “Gli strumenti legislativi oggi a nostra disposizione sono molti ma serve la sinergia tra istituti scolastici e famiglie degli studenti. Gli obiettivi sono di tre tipi: prevenzione, contrasto, ma anche recupero dei casi in cui gli episodi di questo tipo si siano già verificati.

 

Separazioni, dalla parte dei bambini

Roma Separazioni, dalla parte dei bambini Al via nella sede di Roma i “ Gruppi di Parola ”, promossi dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto Toniolo per aiutare e sostenere i figli di genitori che si separano. novembre 2017 Ha preso il via lo scorso 9 novembre a Roma il primo ciclo di incontri previsti nell’ambito del progetto “Gruppi di Parola”, promosso dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto Toniolo. Il Gruppo di Parola coinvolge anche i genitori: dalla fase di informazione e autorizzazione per i figli alla partecipazione all’incontro conclusivo del gruppo, fino al colloquio di approfondimento realizzato a distanza di un mese. I Gruppi di Parola saranno realizzati dal Consultorio Familiare dell’Università Cattolica di Roma, dal Centro di Ateneo di Studi e Ricerche sulla Famiglia con il Servizio per la coppia e la famiglia di Milano e dal Consultorio Familiare dell’Istituto Toniolo Napoli. Il progetto ha anche l’obiettivo di rilevare le esperienze realizzate sul territorio italiano e di promuovere un network nazionale di professionisti formati alla conduzione dei Gruppi di Parola, attraverso laboratori per il confronto e la revisione della pratica. Il progetto, di cui saranno presentati i risultati nell’ambito di un convegno finale, prevede anche la realizzazione di una campagna di sensibilizzazione, attraverso l’utilizzo dei materiali che saranno prodotti dai bambini e dai ragazzi nel corso della partecipazione ai gruppi di parola. “Questo progetto è di grande interesse per le équipe dell’Università Cattolica e dell’Istituto Toniolo che dal 2005 hanno introdotto e diffuso i GdP in Italia, sottolinea la dottoressa Paola Cavatorta , responsabile del progetto e direttore del Consultorio Familiare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

 

Autismo, più aiuto alle famiglie

il caso Autismo, più aiuto alle famiglie A margine del caso del bambino “rifiutato” dai suoi genitori, una riflessione sul sostegno che va garantito ai nuclei famigliari di ragazzi con forme di patologia cronica. Parla la psicologa Chiara Ionio 01 agosto 2019 di Chiara Ionio * Essere genitori oggi è sicuramente una grande sfida, una sfida ancora più grande che un tempo, dal momento che i genitori si trovano spesso soli ad affrontare le difficoltà quotidiane della crescita del proprio bambino. Eppure le notizie che ci arrivano dal mondo mi sembra che ci stiano portando a fare una riflessione sulla solitudine dei genitori, soprattutto di quei genitori che hanno dei bambini che richiedono un livello di accudimento più elevato, perché portatori di una qualche forma di patologia cronica. È di pochi giorni fa la notizia relativa al bimbo di 11 anni che è stato “rifiutato” dalla sua famiglia e inserito in un centro che si occupa della cura di bambini autistici. La patologia di un bambino va quindi a impattare sull’intero sistema familiare: per poter parlare, infatti, di “benessere” della famiglia sarebbe importante prendere in considerazione molteplici dimensioni che hanno a che fare con aspetti concreti, materiali e con aspetti sociali, culturali, psicologici e relazionali. È a questi diversi e molteplici fattori che le politiche sociali dovrebbero fare riferimento occupandosi quindi di una dimensione economica, di cura, di tutela, di promozione e di sostegno nelle diverse funzioni, tra cui quelle genitoriali. Le famiglie che si occupano della cura e della crescita di bambini con patologie croniche, quindi, dovrebbero essere quotidianamente sostenute e aiutate a uscire dalla loro solitudine, solitudine che sovente l’accudimento di questi bambini amplifica ulteriormente.

 

Stress e coesione per le famiglie al tempo del Covid

RICERCA Stress e coesione per le famiglie al tempo del Covid Secondo una ricerca degli psicologi del Centro di ateneo Studi e ricerche sulla famiglia della Cattolica il 71% degli intervistati rileva una maggiore coesione tra i componenti dei nuclei familiari. Anche la coppia sembra essere una risorsa importante by Emanuela Gazzotti | 27 aprile 2020 Una famiglia più forte e coesa nel 61% dei casi e al tempo stesso sospesa tra le dimensioni del “dentro” e del “fuori”. È il quadro che emerge dalla ricerca La Famiglia al tempo del COVID19 , condotta da un gruppo di ricercatori psico-sociali del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, insieme alla società Human Highway che ha curato la messa in rete e la raccolta dei dati. La ricerca ha coinvolto 3000 soggetti in Italia di età compresa tra i 18 e gli 85 anni, equidistribuiti per sesso e regione di residenza e rappresentativi di quella ampia fascia di popolazione che ha accesso a internet almeno una volta alla settimana (circa 40 milioni di persone). I livelli di stress più elevati riguardano le famiglie con figli piccoli o adolescenti in casa (61%), le famiglie monocomponenti (58%) e le coppie senza figli (51%) - ha dichiarato Camillo Regalia , psicologo e direttore del Centro di Ateneo». Questo vale particolarmente per le famiglie che hanno figli lontano da casa (71%) che compensano la separazione con un incremento di intimità a distanza, mentre è ridotta per chi vive da solo (51%), che avverte probabilmente in maniera più evidente la solitudine. Circa due terzi delle famiglie non si sono sentite supportate nell'affrontare questa fase critica: il sovraccarico di responsabilizzazione per il gran numero di attività ricadute all’interno della famiglia si è tramutato spesso in una delega a trovare soluzioni alla gestione della complessità.

 

Serve una politica economica per i prossimi dieci anni

Il dibattito Serve una politica economica per i prossimi dieci anni A fronte di una situazione di stagnazione il nuovo governo non può limitarsi a interventi di breve periodo ma deve impostare investimenti per il futuro. settembre 2019 L’articolo del professor Maurizio Motolese, docente di Politica economica alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica, fa parte dello speciale dedicato alle sfide che attendono il nuovo governo di Maurizio Motolese Lo scenario macroeconomico dell’Italia all’indomani della crisi di governo non è roseo. I dati Istat pubblicati a maggio prevedono una crescita dello 0,3% del Pil per il 2019, in calo rispetto al 2018, e le proiezioni per il 2020 e il 2021 di Banca d’Italia, Fmi e Ocse non si discostano di molto. A conferma di tale situazione giungono i dati Istat sulla povertà che rimane invariata da diversi anni con 1,8 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta. Se il Paese desse un segnale chiaro di investimento sul futuro anche i mercati riacquisterebbero maggiore fiducia e le aspettative si formerebbero in un contesto di minore incertezza e di conseguenza si stabilizzerebbero i piani di investimento privati. Queste, a mio parere, sono tre priorità di politica economica per i prossimi 10 anni: 1) Una politica strutturale a favore della famiglia che torni a far crescere il tasso di natalità (senza alcun intervento, secondo l’OCSE, nel 2050 in Italia ci saranno più pensionati che lavoratori). Un importante segnale per una maggiore uguaglianza verrebbe da una strutturale politica di lotta all’evasione fiscale, spesso aggravata da aspettative di condoni o di pace fiscale.

 

Figli dei detenuti, vittime senza colpa

Brescia Figli dei detenuti, vittime senza colpa L’indagine di Beatrice Ferrari, presentata nell'aula magna della sede di Brescia dell'Università Cattolica, analizza e racconta le condizioni legate alla genitorialità nelle carceri bresciane. by Bianca Martinelli | 14 aprile 2016 Dieci anni di volontariato nelle carceri bresciane e 100 interviste rivolte ad altrettanti genitori – madri e padri – attualmente detenuti in tali luoghi. È il lavoro di ricerca, corposo e complesso, effettuato dalla giovane avvocatessa Beatrice Ferrari che, mercoledì 13 aprile, nell’aula Magna dell’Università Cattolica ha presentato il progetto I figli dei detenuti: le vittime incolpevoli del disagio carcerario. Che ci fai tu qui?” Chiave di volta per l’avvio della ricerca è stata una frase di una semplicità tagliente e disarmante, pronunciata da un bimbo di soli 4 anni, figlio di uno degli ospiti del carcere. Ne rimasi molto colpita – racconta la giovane avvocatessa – quella frase così semplice e al tempo stesso forte, smosse in me qualcosa». Un esempio? «Spesso l’ambiente in cui si svolgono i colloqui genitori-figli, non è ottimale: i bambini si spaventano di fronte alle guardie penitenziarie, alle perquisizioni, al divieto di troppa affettività. Per sopperire a ciò sono stati avviati momenti d’incontro diversi, come il progetto Nati per leggere , in cui i detenuti leggo fiabe ai loro bambini» conclude.

 
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