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Un’ecologia dei media per bandire l’odio online

Ho cominciato a scrivere questo libro perché ho avuto l’impressione che emergessero fortemente alcune grida di dolore sullo stato della comunicazione paragonabili alle denunce ambientali», ha risposto il professor Colombo. La comunicazione di cattiverie e di odio non incide solo su chi la riceve ma anche su chi la compie, e viene meno al suo essere risorsa preziosa che ci apre agli altri. Se considero che nelle ultime ore uno dei trend topic è quello di voler togliere la statua di Indro Montanelli da un giardino pubblico di Milano c’è da preoccuparsi». Ma perché l’odio online e le fake news sono così diffusi rispetto al passato? «La grande differenza tra i media tradizionali e le piattaforme è che i primi, se esercitavano il potere di comunicazione, lo facevano attraverso la censura, selezionando le informazioni. Questo vuole dire che ogni gesto di rilancio è potenziato, è come indossare un braccio cibernetico», ha osservato il professor Colombo. Un ecologismo, che ci piaccia o meno, passa dalla buona educazione e dalla cultura digitale che bisogna imporre, portare nelle scuole per dare a tutti la responsabilità nell’utilizzo di questi strumenti». E la responsabilità come buona pratica è stata ampiamente evocata dal professor Colombo, soprattutto in relazione al fatto che compito della comunicazione è legare e non dividere o attaccare.

 

Strategie per sconfiggere l’odio online

lo studio Strategie per sconfiggere l’odio online La cultura convergente e la partecipazione digitale diffondono e normalizzano contenuti ostili o violenti generando quelli che Stefano Pasta chiama Razzismi 2.0 , semplificazioni interpretative di un mondo complesso. Il processo di accettazione sociale, che spesso passa dalla critica al “politicamente corretto”, dall’ironia e dalla pretesa di “non essere preso sul serio”, si nutre della deresponsabilizzazione degli utenti e della banalizzazione delle pedagogie d’odio. Durante la ricerca - spiega lo studioso - ho chattato con ragazzi con un’adesione ideologica strutturata e con altri - molti di più - che ripetevano “mi stai prendendo troppo sul serio”, “ho fatto solo una battuta”. Ma la posta in gioco è seria: sono giovani che inneggiano allo stermino, invocano le molotov contro i profughi, commentano un gol usando “ebreo” come parolaccia e scherzano sulla Shoah, minacciano di stuprare una coetanea che non la pensa come loro. Spesso l’odio elegge a bersaglio più target allo stesso tempo: quando si prende di mira una donna perché africana, o in quanto accusata di essere a favore degli stranieri, scatta facilmente l’insulto sessista o contro i disabili». Si apre dunque un grande campo educativo, ancora più importante della denuncia: promuovere gli anticorpi della Rete e l’attivismo digitale di cittadini che devono essere formati come agenti morali capaci di soggettività critica, attraverso l’assunzione di responsabilità personale. hatespeech #web #rete #odio Facebook Twitter Send by mail Print CHI È L’AUTORE Stefano Pasta , dottore di ricerca in Pedagogia, è assegnista presso il Centro di Ricerca sull’Educazione ai media dell’Informazione e alla Tecnologia (Cremit ) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si occupa di educazione alla cittadinanza nell’ambiente digitale.

 

Web-catena umana vs gli hate speach

Milano Web-catena umana vs gli hate speach È stata lanciata da ChainRelAction , un progetto-esperimento ideato e realizzato da un gruppo di studenti della sede di Milano, nell’ambito della campagna internazionale Peer to Peer Challenging Extremism . maggio 2017 Contrastare i fenomeni di radicalizzazione e i cosiddetti “discorsi d'odio” ( hate speech ) all’interno del web è l’obiettivo di ChainRelAction , un progetto-esperimento ideato e realizzato da un gruppo di studenti dell’Università Cattolica di Milano, parte della campagna internazionale Peer to Peer Challenging Extremism . La campagna coinvolge università di tutto il mondo e per l’Italia è stato scelto l’Ateneo di largo Gemelli e partecipano in particolare gli studenti del corso di laurea triennale Linguaggi dei Media e magistrale Comunicazione per l’Impresa, i Media e le Organizzazioni Complesse (CIMO) . Obiettivo del progetto è sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’aumento degli hate crime ovvero i crimini d’odio , atti violenti alimentati dall’intolleranza razziale, etnica, religiosa, culturale, politica o di genere. ChainRelAction si propone come atto di denuncia dei fenomeni di intolleranza attraverso l’avvio di una raccolta sistematica di dati e materiali raccolti nel sito http://www.chainrelaction.com/ e di contrasto attraverso il lancio di azioni online e offline. La finalità è creare una mappa della tolleranza , che tracci la diffusione di questo piccolo gesto, il distendersi della catena della tolleranza lungo tutto il territorio italiano e fuori di esso. Gli hashtag ufficiali sono #JoinTheChainge #ChainRelAction #Ameimporta #Together4tolerance; accedere alla foto #Together4tolerance e #JoinTheChainge #chainrelaction #hatespeech #tolleranza Facebook Twitter Send by mail Print.

 

Basta con le Parole O_Stili

Parla Giovanna Mascheroni di OssCom, in occasione dell’evento di Trieste del 17-18 febbraio sullo stile di stare in rete. Alcuni (pochi) commentatori ancora sostengono la cosiddetta teoria della pentola a pressione, tale per cui hate speech e fake news non sarebbero altro che una valvola di sfogo della violenza necessariamente presente nella società, e servirebbero quindi a prevenire l’attualizzazione della violenza in forme fisiche e più estreme». E invece? «Per i più la normalizzazione di hate speech e fake news nei social media non rappresenta solo un preoccupante veicolo di radicalizzazione delle opinioni, ma anche una violazione della libertà di informazione e di espressione. La stessa libertà di espressione a cui si appellano i diffusori di hate speech e fake news quando i loro account sui social media vengono bloccati e sospesi, come nel caso di alcuni esponenti dell’Alt Right statunitense i cui account Twitter sono stati bloccati». Nella ricerca FIRB WebPolEU : Comparing Social Media and Political Participation across EU da me condotta, gli intervistati di 14-25 anni dichiaravano di auto-censurare le proprie opinioni politiche e di astenersi dalla partecipazione a discussioni politiche online per evitare di essere bersaglio di hate speech». Gli algoritmi di identificazione di hate speech e fake news sono inaccurati nonché problematici, perché potenzialmente lesivi della libertà di espressione e di informazione. Un appuntamento seguito dall’organizzazione di singoli panel che avranno lo scopo di far dialogare e confrontare professionisti e personalità di diversi settori a cui le parole e il linguaggio stanno a cuore.

 

Liliana Segre: il dovere della memoria

La testimonianza Liliana Segre: il dovere della memoria La senatrice a vita ha parlato davanti a una platea di insegnanti che hanno partecipato alla Winter School dell’Università Cattolica ricordando loro l’importanza di raccontare alle nuove generazioni “quello che è stato” by Katia Biondi | 14 febbraio 2020 Una lezione sull’ hate speech . A tenerla a una platea di insegnanti è una testimone d’eccezione: Liliana Segre. Pensando al futuro viene da credere che siano bui i tempi che ci aspettano e tuttavia lei mi rammenta che c’è una speranza”. Una parola, quella della speranza, che ritorna più volte nell’intervento di Liliana Segre dedicato al tema “Dall’articolo 3 al hate speech: discorsi d’odio ai tempi della rete”. E questa è una cosa molta amara non tanto per noi sopravvissuti ma per quelli che sono morti invano, morti senza tomba, per la colpa di essere nati, morti per i quali l’articolo 3 della Costituzione ancora non c’era stato e non aveva dato importanza a ogni uomo». C’è un altro pericolo che preoccupa Liliana Segre ed è quello della rete, resa ancora più insidiosa da «questa sua possibilità enorme di raggiungere soggetti che non sono preparati a scegliere con la loro coscienza ma vengono addirittura annegati dalla quantità di notizie». Ma nello stesso tempo seguire le «parole straordinarie, intelligenti, acute, antiretoriche di Primo Levi: “Comprendere è impossibile, ma conoscere è necessario”», chiedendo agli insegnanti di trasmettere questo messaggio agli adolescenti perché «solo con i giovani, con il loro aiuto ci sarà la speranza di tramandare la memoria».

 

Con il Miur contro le Parole Ostili

Ateneo Con il Miur contro le Parole Ostili Ad Assisi siglato un protocollo tra ministero, associazione Parole O_Stili, Ateneo e Istituto Toniolo per promuovere una cultura della rete rispettosa. Parlano la ministra Valeria Fedeli e il prorettore della Cattolica Antonella Sciarrone Alibrandi 14 settembre 2017 Parole Ostili e Miur insieme per promuovere una cultura della rete “non ostile”. La firma del Protocollo di oggi è importante perché ci impegna, tutte e tutti quanti, all’educazione alla cittadinanza digitale, una priorità che il nostro sistema di istruzione oggi deve avere per le giovani e i giovani» dichiara Valeria Fedeli , ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. L’Università Cattolica è convinta dell’estrema importanza di contrastare la violenza verbale nel web e di promuovere, in ogni ambito, l’uso rispettoso del linguaggio» dichiara il prorettore Antonella Sciarrone Alibrandi . Da anni i nostri sociologi, psicologi, pedagogisti e comunicatori si occupano di queste tematiche e sviluppano ricerche anche con il supporto di nuove metodologie, allo scopo di elaborare buone pratiche e di sostenere il mondo della scuola in questa difficile sfida». Per quanto riguarda l'hate speech praticato direttamente, la maggioranza dei maschi e delle femmine (rispettivamente il 68,8% e l'61,4% delle femmine) dichiara di non aver mai postato o condiviso contenuto che può essere considerato hate speech. L’iniziativa ha avuto il suo primo momento di confronto a Trieste lo scorso febbraio, appuntamento durante il quale è stato redatto il “Manifesto della comunicazione non ostile”, una carta che raccoglie 10 princìpi di stile per ridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi che si propagano facilmente in Rete.

 

Hate speech antisemita al tempo del Covid

Svolto dall’Osservatorio Mediavox e dal Centro di ricerca sulle Relazioni interculturali dell’Università Cattolica, lo studio ha analizzato tra l’1 marzo e il 31 maggio 900 tweet scelti casualmente tra tutti quelli scaricati e classificati manualmente da esperti di antisemitismo. Il nemico che un tempo era rappresentato dalla famiglia dei Rothschild, dal “grande vecchio” e dall’occulto, oggi è incarnato da George Soros accusato di favorire gli immigrati e dalle grandi banche che “si servono” dell’Europa». Non riuscendo a gestire una situazione complessa che ha a che fare con la globalizzazione, la personalità debole, insicura, spaesata di fronte a un mondo che non controlla cerca un nemico, un bersaglio su cui riversare il proprio odio». Innanzitutto è considerevole l’ordine temporale dei post perchè abbiamo notato che il numero dei tweet è decrescente nei mesi presi in considerazione (487 tweet pubblicati nel mese di marzo, 303 in aprile e 110 a maggio). E lo stesso andamento ce l’hanno i tweet che sono stati classificati come contenuti di odio (66 nel mese di marzo, 56 nel mese di aprile e 25 nel mese di maggio). Per l’online, invece, ci si basa di solito sulle segnalazioni di attivisti che operano ad esempio sui blog, ma dobbiamo ancora sviluppare forme di ricerca vere e proprie. Per l’analisi dei termini scelti che vedeva l’associazione di “ebrei” e “virus” non ci si poteva basare sugli algoritmi perchè questi non sono in grado di trovare i contenuti d’odio.

 
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