«Il teatro ha il potere magico di abbattere i muri dei pregiudizi». E anche le sbarre. Beatrice, studentessa dello Stars, commenta con queste parole l’esperienza del laboratorio di teatro sociale che si è appena da poco conclusa con una rappresentazione nello spazio Dams di via San Martino della Battaglia a Brescia. «Il corso di quest’anno – spiega la professoressa Giulia Innocenti Malini che lo ha coordinato – ha avuto una declinazione particolare, perché si è svolto alla casa di reclusione di Verziano, alle porte della città, grazie alla sinergia tra le due istituzioni». Un gruppo di studenti, divisi per sesso, ha svolto l’attività di laboratorio con alcuni detenuti. «L’idea si fonda sulla convinzione – prosegue la docente - che il teatro sia importante dal punto di vista pedagogico ed evolutivo della persona, anche in condizioni difficili come quelle del momento della detenzione».

Lo scorso 13 maggio, alla presentazione degli esiti del laboratorio nello spazio Dams, le ragazze che hanno partecipato al corso, hanno letto alcune delle frasi emerse durante le ore di lavoro con le donne recluse a Verziano. Ricordi e sensazioni su un tema comune e quotidiano: il pane. Non viene specificata l’autrice del pensiero, perché non va fatta nessuna discriminazione: «Grazie al teatro siamo tutti uguali, siamo solo persone che condividono un’esperienza meravigliosa», ha chiosato una delle studentesse, dopo aver confessato che all’inizio era spaventata dall’idea di entrare in contatto con delle detenute. Un timore condiviso anche dai compagni, che si è affievolito strada facendo, con sorpresa di tutti. «Questo laboratorio ci ha permesso di conoscere mondi diversi, con cui non abbiamo a che fare nella quotidianità. Abbiamo trovato, paradossalmente, un ambiente caldo, accogliente, familiare», commentano alcune ragazze del corso. «Tanto da arrivare a chiamarci amiche, abbracciarci e aspettare con ansia il nostro arrivo».

Dall’altra parte, sentimenti e attese erano ben diversi. Grazie alla collaborazione del carcere, Alfredo e Giovanni, due dei detenuti che hanno partecipato al corso, hanno potuto partecipare alla presentazione allo spazio Dams. Colpiti dalla grande umanità e dalla volontà degli studenti di capire la sofferenza della loro vita. «Fare teatro è stato una valvola di sfogo, un momento per evadere - passateci la battuta -. Per lasciarsi andare e tirare fuori lati sconosciuti. Un modo di comunicare, per accorciare le distanze tra dentro e fuori, per dimenticarsi, almeno per qualche ora, di essere dietro le sbarre».