In persone con diabete di tipo 2 è stato scoperto un profilo genetico, costituito dalla combinazione di polimorfismi di cinque geni infiammatori, in grado di predire in maniera altamente significativa il rischio di sviluppare un ictus ischemico, in un arco di tempo superiore ai sei anni. È il risultato di uno studio italo-scozzese coordinato da Roberto Pola, ricercatore dell’Istituto di Medicina interna e geriatria dell’Università Cattolica-Policlinico “A. Gemelli” di Roma. Lo studio condotto in collaborazione con un gruppo di ricercatori scozzesi dell’University of Dundee, guidati dal professor Colin Palmer, “Chair of Pharmacogenomics”, è stato pubblicato online su Diabetes, la più importante rivista internazionale per il diabete e rivista ufficiale dell’American Diabetes Association.

Insieme al dottor Pola gli altri autori della facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma sono Eleonora Gaetani, dell’Istituto di Patologia speciale medica e semeiotica medica, e Miriam Quarta, specializzanda in Medicina Interna.

La ricerca è stata eseguita su più individui affetti da diabete mellito tipo 2, partecipanti allo studio prospettico Go-Darts, che viene condotto da quasi 20 anni nella regione Tayside della Scozia e arruola tutti i pazienti diabetici della regione. Dal 1992, questi soggetti sono stati seguiti dal punto di vista clinico, con particolare attenzione allo svilupparsi di complicanze cardiovascolari del diabete, come ad esempio l’ictus.

«Abbiamo studiato oltre 2.100 soggetti partecipanti al Go-Darts (che, in un periodo di tempo superiore ai 6 anni, hanno presentato un ictus ischemico con una percentuale di circa il 7%) - spiega il Dr. Pola - , per i quali era disponibile il DNA per l’esecuzione di test genetici. Abbiamo individuato un profilo genetico, costituito dalla combinazione di polimorfismi di 5 geni infiammatori (Interleuchina-6, ICAM-1, MCP-1, E-selectina e MMP-3), che è in grado di predire in maniera altamente significativa il rischio di sviluppare un ictus ischemico, in un arco di tempo superiore ai 6 anni». In effetti, coloro che posseggono almeno quattro di queste mutazioni presentano un’incidenza di ictus ischemico che è dieci volte superiore a quella che si riscontra nei soggetti che non hanno nessuna di questa mutazioni. Il rischio di ictus aumenta in maniera progressiva con il numero di mutazioni (da 0 a 5) presentate nel singolo soggetto. «È importante sottolineare – continua il ricercatore della Cattolica di Roma - che nessuno di questi cinque polimorfismi è in grado di predire il rischio di ictus quando analizzato da solo. È soltanto la particolare combinazione di questi cinque polimorfismi genici, che conferisce l’aumentato rischio di ictus nei pazienti diabetici».

La ricerca apre la strada alla possibile realizzazione di un test diagnostico per i soggetti diabetici, che hanno un rischio raddoppiato rispetto alla popolazione generale di essere colpiti da malattie cardiovascolari (infarti o ictus). «Il nostro obiettivo – dice Pola – è l’esecuzione di un test genetico, facilmente eseguibile e relativamente economico in grado di individuare quali soggetti diabetici hanno maggiore rischio di avere un ictus ischemico nel futuro. Una volta individuati, questi soggetti potrebbero essere sottoposti a più aggressive terapie di prevenzione degli eventi cardiovascolari, oltre che a uno screening diagnostico più intenso, quale, per esempio, l’esecuzione di eco-doppler delle arterie carotidi a intervalli di tempo più ravvicinati. Inoltre, dato che questo profilo genetico è costituito da variazioni di geni infiammatori, è anche possibile ipotizzare che questi individui possano trarre beneficio da un terapia anti-infiammatoria cronica».

Lo studio nelle intenzioni dei ricercatori si aprirà a nuovi scenari di applicazione diagnostica. «Insieme ai più importanti ricercatori sull’ictus a livello mondiale appartenenti a centri universitari in Inghilterra, Scozia, Germania, Spagna, Portogallo e Usa, oltre che in Italia testeremo se questo profilo genetico è in grado di predire il rischio di ictus non solo nei diabetici, ma anche nella popolazione generale», afferma il dottor Pola, coordinatore e responsabile di questo gruppo di ricerca internazionale. Il ricercatore ha ottenuto il permesso di analizzare i dati genetici di tre importanti studi internazionali (il Go-Darts in Scozia, il Wtccc2 in Inghilterra e Germania e l’Health Abc negli Usa). Inoltre, verranno studiati ulteriori casistiche di provenienza italiana, spagnola e portoghese. In totale, lo studio comprenderà circa 18.000 individui. «Il prossimo step – conclude Pola – è di testare questo modello genetico di rischio di ictus in varie popolazioni in differenti Paesi, e anche di individuare ulteriori modelli genetici in grado di predire non solo il rischio di ictus ischemico, ma anche quello di altre malattie cardiovascolari, quali l’infarto del miocardio, l’ischemia degli arti inferiori, e la nefropatia vascolare e diabetica».