Né scuola né lavoro: è la situazione in cui si trovano quelli i giovani che vengono ormai classificati come Neet (Not in Education, Employment or Training). Un fenomeno in aumento, legato, nella sua fase iniziale al problema dell’abbandono scolastico, su cui ha lavorato, con un progetto di ricerca, la sociologa dell’ateneo Maddalena Colombo, autrice del volume “Dispersione scolastica e politiche per il successo formativo”. La ricerca è stata presentata nel corso di un convegno promosso alla Camera del Lavoro di Brescia dal Centro Buonarroti e dalla Cgil.

Il problema vero è una definizione sbagliata del successo formativo con tutte le conseguenze del caso. Il taglio dei fondi, la riorganizzazione approssimativa del sistema scolastico, le crescenti difficoltà che un numero sempre maggiore di ragazzi si vedono costretti ad affrontare, sia in ambito formativo che in ambito lavorativo. E il problema crescente dei Neet, un numero considerevole di giovani tra i 15 e i 29 anni, il 24% del totale che piazza così l’Italia tra i peggiori Paesi d’Europa.

Sono tantissimi i fattori che possono far cambiare idea a un giovane alunno, e che possono convincerlo a mollare tutto, a lasciarsi andare. Variabili personali, temporali o contestuali, cause dirette o nascoste, cause remote o familiari. Una selezione spesso classista, anche se mascherata, a cui si aggiunge la citata svalutazione dell’intero sistema formativo. Programmi di inserimento tali solo nel nome, e la totale mancanza di comunicazione tra la scuola e le imprese, la totale mancanza di risorse mirate.

Maddalena Colombo entra nel merito della questione e riconosce che quella che molti definiscono come una scelta consapevole, l’abbandono e la ricerca del lavoro che pare una maturazione al contrario, spesso torna a essere controproducente, un vero fallimento. Fallimento per i ragazzi e fallimento per la scuola.

«La tendenza alla fuga dalla scuola secondaria è un fenomeno traversale – spiega ancora Maddalena Colombo –. Il sogno del lavoro a ogni costo e il sogno consumistico sono segnali evidenti di una svalutazione culturale ancora in atto, in cui si antepone il capitale finanziario al capitale umano. La scuola va ripensata da capo, incentivando le politiche di rientro, le politiche di supporto ai ragazzi, per contrastare la finanziarizzazione dell’istruzione, della formazione. Dobbiamo ripensare a nuovi modelli formativi, per cercare di comprendere a cosa serve studiare, ma anche a cosa serve insegnare».

La scuola e l’istruzione devono tornare ad essere un valore aggiunto della nostra società, un’opportunità di crescita senza distinzioni, un’opportunità per tutti. «Una fase importantissima per la maturazione di ogni individuo. La scuola come spazio sociale, come luogo di formazione e di evoluzione. Con una grande finalità collettiva, l’inclusione».