Claudio Grassi e Giovambattista Pani (secondo e terzo da destra) con i collaboratori dell'équipe che hanno partecipato all ricercaMangiare troppo “appesantisce” il cervello facendolo invecchiare: ricercatori italiani della sede di Roma dell’Università Cattolica hanno identificato una molecola che aiuta il cervello a mantenersi giovane e che può essere attivata mangiando meno. Questa molecola, chiamata Creb1, viene attivata da una dieta a basso contenuto calorico (restrizione calorica) e funziona da direttore d’orchestra accendendo altri geni importanti per la longevità e per il buon funzionamento del cervello. La scoperta è frutto del lavoro scientifico condotto dall’équipe di Giovambattista Pani, ricercatore dell’istituto di Patologia generale, facoltà di Medicina e Chirurgia, diretto dal professor Achille Cittadini, in collaborazione con il gruppo di ricerca del professor Claudio Grassi dell’istituto di Fisiologia umana. Il lavoro ha visto impegnati per diversi anni un dottorando di ricerca, Salvatore Fusco, e altri giovani colleghi di entrambi gli Istituti: Sofia Chiatamone Ranieri, Cristian Ripoli, Maria Vittoria Podda, Lucia Leone). La ricerca viene pubblicata questa settimana sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences Usa (Pnas).

«La speranza – afferma il dottor Pani – è che si trovi il modo di attivare Creb1, per esempio attraverso nuovi farmaci, anche senza doverci sottoporre a una dieta ferrea. La restrizione calorica, non scevra da effetti collaterali, è stata per noi più che altro un espediente sperimentale per scoprire e accendere un circuito protettivo del cervello che coinvolge Creb1 e altri geni responsabili della longevità, le sirtuine (Sirt)».

La restrizione calorica, ovvero una sorta di dieta non particolarmente drastica in cui l’animale può mangiare solo fino al 70% del cibo che consumerebbe normalmente, è uno strumento ormai noto per allungare la vita, come si è visto in molti modelli sperimentali. Sottoposti a restrizione calorica i topi non vanno incontro a obesità e diabete, presentano migliori performance cognitive, sono meno aggressivi e non sviluppano, se non molto più tardivamente, alterazioni comparabili a quelle della malattia di Alzheimer e, comunque, in forma meno grave rispetto agli animali supernutriti.

Non a caso negli ultimi anni si è andata facendo largo l’ipotesi, sempre più avvalorata da numerosi risultati sperimentali, che l’obesità fa male al cervello, lo rallenta, lo fa invecchiare precocemente, rendendolo suscettibile alle malattie tipiche della terza età come la demenza senile e il Parkinson. Al contrario, la restrizione calorica mantiene giovane il cervello. Ciò nondimeno, i “pulsanti” molecolari che governano gli effetti positivi della dieta sul cervello non erano finora noti. Ci hanno pensato i ricercatori dell’Università Cattolica a fare un po’ di luce, scoprendo una molecola attivata dalla restrizione calorica. Gli esperti hanno dimostrato che a mediare gli effetti positivi della dieta nel cervello è la proteina Creb1, una molecola che supervisiona l’attivazione di altri geni tra cui quelli delle molecole della longevità, le sirtuine. Non a caso Creb1 regola importanti funzioni cerebrali come la memoria, l’apprendimento e il controllo dell’ansia e la sua attività diminuisce o viene compromessa fisiologicamente dall’età che avanza.

«I neuroni – spiega il professor Grassi – comunicano tra loro mediante giunzioni specializzate chiamate sinapsi la cui funzione è essenziale non solo per la trasmissione delle informazioni nelle reti neurali, ma anche per il loro immagazzinamento (formazione dei ricordi). La corretta funzione delle sinapsi è, quindi, determinante per l’apprendimento e la memoria e sue alterazioni sono alla base del declino cognitivo che si osserva nella malattia di Alzheimer e in altre forme di demenza. I nostri studi dimostrano che la restrizione calorica potenzia la capacità delle sinapsi di memorizzare le informazioni e che tale azione benefica è mediata da Creb1».

I ricercatori italiani hanno scoperto, infatti, che la funzione di Creb1 può essere di molto aumentata semplicemente riducendo l’introito calorico e che Creb1 è assolutamente indispensabile per l’effetto della restrizione calorica sul cervello. Infatti, in topi mancanti di Creb1 nelle aree cerebrali deputate alle funzioni cognitive, i benefici della restrizione calorica sul cervello (miglioramento della memoria, etc.) risultano totalmente aboliti. Pertanto, l’animale, nonostante la dieta, presenta gli stessi deficit dell’animale supernutrito. Queste osservazioni identificano, quindi, per la prima volta un importante mediatore degli effetti della dieta sul cervello. «Questa scoperta – conclude il dottor Pani – ha notevoli implicazioni per future terapie volte a mantenere il cervello giovane e prevenirne la degenerazione senile. Inoltre, i nostri studi gettano luce sulla correlazione, evidente ma mai completamente compresa, tra malattie metaboliche (diabete e obesità) e declino delle attività cognitive».