Uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista americana Diabetes Care, condotto in collaborazione tra il professor Carmine Cardillo dell’Istituto di Patologia Medica della sede di Roma e il professor Manfredi Tesauro del dipartimento di Medicina Interna dell’Università Tor Vergata, ha dimostrato che il Glp-1 (peptide glucagone simile-1), i cui effetti farmacologici sono attualmente sfruttati per il trattamento del diabete possiede anche un’azione protettiva a livello vascolare in individui obesi con sindrome metabolica. Questa condizione clinica è caratterizzata dalla contemporanea presenza di diversi fattori di rischio cardiovascolare (glicemia elevata, dislipidemia e ipertensione), associati alla presenza di obesità addominale e a una minor sensibilità all’azione dell’insulina. Gli individui affetti da sindrome metabolica presentano un notevole aumento del rischio cardiovascolare, in particolar modo infarto del miocardio e ictus.

«Il Glp-1 è un ormone prodotto dall’intestino durante i pasti - spiega il professor Cardillo -, che contribuisce al controllo della glicemia; la sua produzione è ridotta nei pazienti diabetici (di tipo 2, o diabete resistente all’insulina, in cui l’organismo non risponde più all’ormone insulinico)». Il Glp-1 ha una vita breve: viene rapidamente degradato da una “forbice molecolare”, un enzima (Ddp4) che lo taglia in due, con formazione di un frammento (Glp-1 9-36) non attivo. Tenendo conto di questo meccanismo di degradazione rapida del Glp-1, negli ultimi anni è stata creata una nuova classe di farmaci antidiabetici che include due categorie di prodotti: inibitori dell’enzima forbice e sostanze analoghe del Glp-1, che resistono a questo taglio enzimatico e rimangono in circolo più a lungo del Glp-1 naturale. «Tali farmaci - aggiunge il professor Tesauro - costituiscono un’arma importante nel trattamento di una patologia come il diabete, la cui diffusione ha assunto le dimensioni di una vera e propria epidemia».

In questo studio, supportato da Merck Sharp Dohme e Fondazione Roma, i ricercatori hanno studiato 25 pazienti con sindrome metabolica e un gruppo di controllo costituito da soggetti obesi, ma non affetti dalla sindrome metabolica. I risultati ottenuti hanno dimostrato che la somministrazione di Glp-1 migliora la risposta vascolare nei pazienti con sindrome metabolica, favorendo in tal modo un maggiore afflusso di sangue ai tessuti muscolari. Questi risultati suggeriscono che i farmaci inibitori dell’enzima Dpp4 sono in grado di svolgere una doppia azione farmacologica: quella già nota contro il diabete, e quella di nuova scoperta nella prevenzione vascolare nei pazienti con sindrome metabolica.

«Si tratta di un’informazione importante - aggiunge il professor Cardillo - proprio perché è noto che i pazienti affetti da obesità e diabete hanno un rischio cardiovascolare maggiore, con conseguente riduzione della loro aspettativa di vita. I risultati di questo studio offrono quindi nuove indicazioni in tema di prevenzione vascolare in soggetti a elevato rischio infarto e ictus - conclude -. I risultati ottenuti suggeriscono infatti che le terapie basate sugli effetti del Glp-1 possono svolgere un’azione di protezione cardiovascolare nei soggetti con sindrome metabolica e che tale benefici vanno oltre il semplice controllo glicemico».