Nanoparticelle presenti in alcuni ambienti industriali possono causare rischi per la salute degli operai che vi sono esposti. Alcuni ricercatori di Medicina del Lavoro della facoltà di Medicina e Chirurgia "A. Gemelli" della sede di Roma hanno studiato i livelli ambientali del particolato nell'industria metalmeccanica. Lo studio ha messo in evidenza che le attività di saldatura e brasatura sono fonti di emissione, nell'ambiente di lavoro, di particelle di dimensione nanometrica, pari cioè a un miliardesimo di metro. Questa esposizione rappresenta un potenziale rischio per la salute dei lavoratori, che svolgono tali attività e dovrebbe essere accuratamente monitorata. L'osservazione è emersa da uno studio condotto dal gruppo di ricerca guidato da Ivo Iavicoli, docente di Medicina del Lavoro alla facoltà di romana, con la supervisione del professor Antonio Bergamaschi. Il lavoro è stato pubblicato sul Journal of Occupational and Environmental Medicine, una delle riviste più importanti nell'ambito della Medicina del Lavoro e dell'Igiene Industriale.

È appurato da numerosi studi sperimentali su animali di laboratorio e su linee cellulari che le nanoparticelle sono in grado di causare un'ampia varietà di effetti tossici. In particolare per quanto riguarda gli effetti avversi a carico dell'apparato respiratorio le nanoparticelle sono in grado di indurre processi infiammatori, danni tissutali, stress ossidativo e fibrosi. La tossicità di queste sostanze dipende dalle loro peculiari caratteristiche chimico-fisiche, in particolare dal diametro, dalla morfologia, dall'area e dalla chimica di superficie e dall'eventuale stato di aggregazione/agglomerazione.

Inoltre, le nanoparticelle, possedendo dimensioni comprese tra 1 e 100 nm, hanno la possibilità di raggiungere più facilmente le basse vie respiratorie, in particolare gli alveoli, rispetto alle particelle con dimensioni micrometriche e possono quindi provocare in questa sede degli effetti avversi di maggiore gravità. Infine la reattività di queste particelle è principalmente correlata alla loro capacità di indurre a livello cellulare la produzione di radicali liberi dell'ossigeno. Per questo motivo le nanoparticelle presentano un profilo tossicologico che può discostarsi significativamente da quello di particelle di dimensioni maggiori ma con stessa composizione chimica.

«Nello studio che abbiamo condotto per verificare l'emissione di nanoparticelle durante l'attività di saldatura/molatura e di brasatura - spiega il professor Iavicoli - abbiamo riscontrato la presenza di significativi livelli aerodispersi di nanoparticelle in entrambe le attività lavorative. In particolare durante la brasatura circa il 50% delle particelle campionate era costituito da nanoparticelle incidentali, mentre durante l'attività di saldatura/molatura questa percentuale saliva a circa il 60%».

Qual è la novità dello studio della condotto dai ricercatori romani? «Questo lavoro è importante - spiega l'esperto - perché l'applicazione di idonee misure di prevenzione e protezione per garantire la tutela della salute dei lavoratori esposti a nanoparticelle non può prescindere dalla conoscenza dei livelli aerodispersi delle nanoparticelle nei luoghi di lavoro. Pertanto, prima di programmare degli adeguati interventi di prevenzione sarebbe necessario effettuare un opportuno monitoraggio ambientale sia per conoscere i livelli espositivi che per identificare le possibili fonti di emissione. Successivamente la riduzione dell'esposizione può essere ottenuta mediante l'attuazione di misure preventive di carattere organizzativo e strutturale, attraverso l'adozione di buone prassi di lavoro e l'utilizzo di adeguati dispositivi di protezione sia individuali che collettivi».