Nel suo intervento di apertura della conferenza annuale della Banca centrale europea del 18 novembre 2010, Jean-Claude Trichet, allora presidente della Bce, affermava: «Quando è arrivata la crisi, i gravi limiti dei modelli economici e finanziari esistenti si sono manifestati immediatamente. I modelli macroeconomici non sono stati in grado di prevedere la crisi e sono sembrati incapaci di spiegare cosa stava accadendo all’economia in modo convincente. In qualità di policy maker, durante la crisi ho trovato i modelli esistenti di scarsa utilità. Anzi, direi di più: nel pieno della crisi ci siamo sentiti abbandonati dagli strumenti convenzionali. Se vogliamo uscire completamente dalla crisi attuale e se vogliamo prevenire la prossima dobbiamo sviluppare approcci alternativi per comprendere l’economia. La lezione principale che ho tratto dalla nostra esperienza è il pericolo di fare affidamento su un unico strumento, metodologia o paradigma. I policy maker devono poter ricevere input da varie prospettive teoretiche e da un’ampia gamma di approcci empirici». L’affermazione di Trichet è rilevante ma non sorprendente. Da tempo, nell’ambito della professione degli economisti, è in atto una riflessione critica sui presupposti metodologici per la modellizzazione economica alla luce dei problemi evidenziati dalla crisi finanziaria globale del 2007-09.

Delli GattiDue progetti di ricerca, finanziati dalla Commissione Europea e coordinati dall’Università Cattolica nella persona di Domenico Delli Gatti, si sono ispirati alla metodologia pluralistica caldeggiata da Trichet nella modellizzazione economica per spiegare i fenomeni innescati dalla crisi e il disegno delle politiche economiche atte a contrastarli. Entrambi i progetti hanno durata triennale. Il primo progetto Monetary, fiscal and structural policies with heterogeneous agents (Polhia) si è concluso da poco, essendo stato inaugurato nel novembre 2008. Ha coinvolto ricercatori di sei università (oltre alla Cattolica di Milano, Amsterdam, Ancona, Cattolica di Lovanio, Roma La Sapienza, Parigi SciencesPo) e ha prodotto decine di papers, articoli sulle principali riviste di economia, interventi sui media, presentazioni a convegni. L’evento clou del progetto è stata la conferenza internazionale Rethinking economic policies in a landscape of heterogeneous agents, tenutasi in Cattolica il 13-15 ottobre 2011, in cui ricercatori facenti capo al consorzio Polhia si sono confrontati con ricercatori non appartenenti al consorzio ma interessati alle stesse tematiche in tre giorni di convegno ricco di discussioni aperte e talvolta accese.

Il nuovo progetto, dall’acronimo volutamente evocativo (Crisis), si caratterizza come Complexity based research initiative for systemic instabilities. La dimensione di Crisis è doppia rispetto a quella di Polhia, sia dal punto di vista del budget (3 milioni e mezzo di euro) che delle università coinvolte. Si tratta infatti di un consorzio comprendente dieci atenei o centri di ricerca (Cattolica di Milano, Amsterdam, Ancona, Commissariato per l’Energia Atomica francese, City University di Londra, Istituto per la ricerca sul cambiamento climatico di Potsdam, London School of Economics, Palermo, Scuola Normale Superiore di Pisa, Vienna) e un’impresa per lo sviluppo di software (Aitia, basata a Budapest). Il progetto, infatti, è altamente interdisciplinare: comprende economisti - prevalentemente della Cattolica, Amsterdam, Ancona, London School of Economics - e fisici interessati all’economia (econo-fisici) e computer scientists. Che c’entra l’economia con la fisica e con la scienza computazionale? Per rispondere a questa domanda bisogna tornare all’affermazione di Trichet. Tra gli approcci alla modellistica economica alternativi a quelli comunemente in uso e di potenziale interesse per i policy maker, infatti, ce n’è uno che va sotto il nome di Economia computazionale - basata su agenti eterogenei (Agent-based computational economics o Ace) -, sviluppato negli ultimi vent’anni nell’ambito della cosiddetta Scienza della complessità. Quest’ultima, a sua volta, è il prodotto di uno sforzo interdisciplinare che coinvolge fisici, biologi, economisti e computer scientists interessati alla modellizzazione dell’interazione tra individui nei più diversi contesti e quindi anche in quello economico-sociale.

L’intuizione ci suggerisce, ad esempio, di trattare in modo analogico la diffusione della sfiducia (e talvolta del panico) sui mercati finanziari in economia e la diffusione epidemica di un’infezione in biologia. In entrambi i casi il contagio si manifesta come il passaggio di un’entità (la sfiducia nel primo caso, un virus nel secondo) da un “nodo” all’altro di una rete di agenti (individui che prendono decisioni economicamente rilevanti nel primo caso, corpi umani che possono essere ricettacolo dell’infezione nel secondo caso) tra loro connessi da “legami” (di tipo economico o fisico). Il centro mondiale della scienza della complessità è l’Istituto di Santa Fe, nel New Mexico (Usa), a due passi dai laboratori di fisica di Los Alamos. Uno dei principali ricercatori di Crisis è Doyne Farmer, un noto fisico originariamente basato a Los Alamos che è attualmente professore al Santa Fe Institute dopo aver dedicato la maggior parte della sua carriera all’analisi dei mercati finanziari secondo un approccio Ace. Delli Gatti e alcuni colleghi in Cattolica, in collaborazione con Mauro Gallegati dell’Università di Ancona e col suo gruppo, ha contribuito a questa modellistica partendo da un punto diverso, quello strettamente economico. Dall’incontro tra queste expertise è nata l’idea di costituire un network interdisciplinare da cui è scaturito il progetto Crisis.

Per capire la portata innovativa di Crisis e la sfida intellettuale che esso rappresenta, occorre ricordare che i modelli utilizzati correntemente sia in accademia che nelle banche centrali sono basati su presupposti piuttosto stringenti ed irrealistici. Si assume, per semplificare, che famiglie, imprese e banche operino in condizioni di razionalità piena, che i comportamenti siano uniformi, che i mercati siano continuamente in equilibrio (ossia la domande eguagli l’offerta) e che la struttura tipicamente reticolare delle relazioni economiche sia poco importante. Son queste le basi, ad esempio, dei modelli dinamici stocastici di equilibrio generale di matrice neo-keynesiana (Nk-Dsge) correntemente utilizzati in macroeconomia.

Questi modelli funzionano soddisfacentemente (almeno fino a un certo punto) in condizioni e tempi “normali” ma sono drammaticamente inadeguati in periodi, come quello che stiamo vivendo, di crisi. In questo periodo gli individui adottano regole di comportamento eterogenee, spesso influenzate da fattori che limitano o distorcono la razionalità individuale, i mercati rimangono a lungo in disequilibrio e i comportamenti si diffondono in modo reticolare attraverso meccanismi di contagio. L’ambizione di Crisis consiste nel costruire un modello ad agenti (agent based models) dell’economia europea che abbia proprio queste caratteristiche: eterogeneità delle regole comportamentali, razionalità limitata, disequilibrio persistente, connessioni di rete. Da questo modello i ricercatori di Crisis sperano di ricavare indicazioni di politica economica utili per affrontare il periodo critico che stiamo vivendo e accelerare il percorso necessario per lasciarcelo definitivamente alle spalle.

* Ricercatore a tempo determinato, facoltà di Economia