È crisi strutturale per il mercato degli strumenti musicali: un settore che conta in Italia 2.200 imprese e oltre 4.400 addetti, che ha imboccato una strada in discesa già nel 2018 (-3,86%), registrando nel 2019 un’ulteriore flessione del 2.25%.
È quanto emerge dall’indagine del Centro di Ricerca per lo Sviluppo Imprenditoriale(CERSI) dell’Università Cattolica: una survey realizzata per Dismamusica dal prof. Fabio Antoldi e dalle ricercatrici Ilaria Macconi e Arcangela Ricciardi, che racconta anche di un mercato pesantemente segnato dalla pandemia di Covid 19.
Un settore caratterizzato da una diminuzione complessiva dei ricavi lungo la filiera, da livelli di redditività lorda preoccupanti per molte delle sue imprese e da una progressiva disintermediazione, indotta dall’e-commerce, che sta accorciando i canali di vendita a favore dei grandi siti specializzati e generalisti di vendita on-line
«Quello che preoccupa di più è la fragilità che si esprime nel commercio al dettaglio. Abbiamo perso 357 negozi in poco più di 20 anni e le previsioni 2020 influenzate dall’effetto della pandemia sono disastrose, pari al -30%» spiega il prof. Antoldi «Gli effetti finali di questa crisi sono una progressiva scomparsa del dettaglio diffuso, il ridimensionamento del ruolo dei distributori e la continua erosione dei margini, che rende oggettivamente difficile oggi mantenere l’economicità di molte attività».
«Sono tutti segnali che indicano la necessità di una sostanziale politica di rilancio del settore, sia dal lato della domanda che dell’offerta, perché dietro lo strumento musicale c’è la musica, c’è la cultura, c’è la socializzazione, c’è l’educazione delle nuove generazioni al bello e per questo merita molta attenzione» conclude Antoldi.