I giovani sono sempre migliori di come li si presenta e per questo meritano di ricevere fiducia e incoraggiamento. È questo il fulcro del webinar svoltosi il 19 ottobre per illustrare la ricerca sui valori giovanili nel Rapporto Giovani 2020 a cura dell’Istituto Toniolo e pubblicata da Il Mulino. Un osservatorio privilegiato per conoscere da vicino la «condizione giovanile» nel nostro Paese, come ha detto in apertura il moderatore dell’incontro il giornalista Roberto Fontolan.
È stata Paola Bignardi, coordinatrice Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo, a ripercorrere le ricerche prodotte dal 2012 a oggi, con l’intento di effettuare in Italia un monitoraggio permanente e costante dell’universo giovanile. «Dato che siamo in Università, l’aspetto scientifico è importante, sono necessarie conoscenze qualificate per entrare nel mondo dei giovani e sono necessarie per coloro che si occupano di giovani, cioè per coloro che hanno responsabilità a livello politico, sociale, amministrativo ed ecclesiale», ha detto Paola Bignardi. «È nello spirito dell’Osservatorio il desiderio di ascoltare il mondo giovanile con strumenti scientifici, è un modo per dare una forma di protagonismo ai giovani. Talvolta predominano i pregiudizi, ma ascoltare è dare dignità ai progetti di vita, e conoscerli in forma diretta».
In effetti sui giovani si sprecano luoghi comuni ed etichette spregiative, ritenendoli senza valori. «I giovani non sanno di niente, non vogliono niente, ma il loro mondo è pieno di progetti, dato che credono nel valore dell’impegno, della giustizia sociale, e credono in sé stessi e nel futuro, soprattutto in questo tempo di pandemia, che comunque disorienta una generazione meno allenata ad avere a che fare con il limite», ha proseguito Paola Bignardi.
Per questo è importante dare loro «fiducia» che rappresenta «un valore fondamentale», una «energia importante anche per le loro esperienze di lavoro creative», a meno che il «contesto e la solitudine non ne abbiano spento e smorzato la spinta verso il futuro». Infatti i giovani più che attratti dal futuro, ne sono impauriti. «Anche in questo tempo di pandemia hanno dimostrato grande senso di socialità, nel lockdown facevano la spesa per gli anziani o intrattenevano on line i ragazzini. Si sono dimostrati sensibili ad aiutare gli altri, anche se in forme non strutturate perché non amano le organizzazioni complesse. La stessa sensibilità religiosa, che si esprime nell’inquietudine e in forme diverse da quelle degli adulti, non vuol dire che non esista».
Riprendendo le considerazioni di Paola Bignardi sulla lettura stereotipata della situazione giovanile e sui pregiudizi poco rispettosi di questa generazione, Elena Marta, docente di Psicologia sociale e di comunità, ha snocciolato alcuni dati che hanno messo in evidenza l’attenzione ai valori dell’impegno civico, della famiglia, dell’amicizia, della salute. In particolare si è soffermata su come i giovani si relazionano con la politica, nei cui confronti non sono per nulla indifferenti. «Essi distinguono tra politica ideale fatta di sincerità, fiducia, responsabilità, e politica reale, inaffidabile e lontana dai bisogni delle persone. Si trovano poi davanti una disinformazione generata da un sistema informativo contraddittorio o superficiale che non passa da cuori e menti e non li aiuta a costruire chiavi di lettura per tradurre la realtà».
Sull’impegno concreto dei giovani ha portato la sua testimonianza don Matteo Cella, direttore dell’oratorio di Nembro, luogo tra i più colpiti dalla pandemia: «Questa emergenza ha tirato fuori il meglio dai giovani, li ha resi più forti, quando sono stati chiamati a dare una mano non si sono tirati indietro. La prontezza nel bisogno è un tratto caratteristico di questa generazione. E nel nostro caso si sono offerti prontamente: durante l’estate, quando il centro estivo è stato prolungato (sempre nel rispetto delle precauzioni), i ragazzi si sono fatti carico degli altri. È nel dna dell’oratorio. Ai giovani servono punti di riferimento, occorre dare fiducia, gli adulti devono essere in grado di assecondare i ragazzi, di ascoltarli e accompagnarli nelle sfide della vita, con senso di rispetto, stima e fiducia».
Sulla comunità capace di cogliere le esigenze dei più giovani si è pronunciato anche Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire, che ha rimarcato la sua contrarietà a chiudere la scuola in questa seconda ondata del Covid. «Se c’è qualcosa da sacrificare per il bene comune, non deve essere la scuola». Riferendosi all’esperienza del giornale ha detto che «giungono lettere di giovani, e sempre lettere bellissime, che custodiscono tante parole del nostro tempo, vangelo, poesie, romanzi di formazione e frasi che si leggono sui muri delle nostre periferie. Occorre ridare carne alle relazioni. Il nostro è un giornale di carne, rappresenta lo sforzo di questo tempo: ridare carne ai sogni». E, giocando con le parole, ha concluso augurando «buon Avvenire» non solo ai giovani, ma a tutti coloro che si trovano a vivere questo tempo di incertezza ma anche di novità e di scoperte inedite.